Ascolto

Dizionario

1) L'atto di ascoltare

dare ascolto a qualcuno, dare retta


Dalla radice Auris "Orecchio", latino parlato, Ascoltare è verbo transitivo.

La parola ascolto nasce in italiano come derivato del verbo ascoltare, che proviene a sua volta dal latino "auscultare", cioè sentire con l'orecchio.

Il significato tradizionale del termine ascolto è appunto quello che indica in genere l'azione e il risultato dell'ascoltare ed è fortemente legato al concetto di attenzione.

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Saper ascoltare in modo attivo

Come dimostrare capacità di porre attenzione alla comunicazione del proprio interlocutore

L'ascolto attivo si basa sull'empatia e sull'accettazione.

Esso si fonda sulla creazione di un rapporto positivo, caratterizzato da ''un clima in cui una persona possa sentirsi empaticamente compresa'' e, comunque, non giudicata.

Quando si pratica l'ascolto attivo, invece di porsi con atteggiamenti che tradizionalmente vengono considerati da ''buon osservatore'', ossia, come persone impassibili, ''neutrali'', sicure di sé, incuranti delle proprie emozioni e tese a nascondere e ignorare le proprie reazioni a quanto si ascolta, è più opportuno rendersi disponibili anche a comprendere realmente ciò che l'altro sta dicendo, mettendo anche in luce possibili difficoltà di comprensione.

In questo modo è possibile stabilire rapporti di riconoscimento, rispetto e apprendimento reciproco.

Per diventare ''attivo'', l'ascolto deve essere aperto e disponibile non solo verso l'altro e quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non sapere e la difficoltà di non capire.

I principali elementi che caratterizzano una buona attività di ascolto, sono:

- sospendere i giudizi di valore e l'urgenza classificatoria, cercando di non definire a priori il proprio interlocutore o quanto egli dice in ''categorie'' di senso note e codificate osservare ed ascoltare, raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente, ricordando che il silenzio aiuta a capire e che il vero ascolto è sempre nuovo, non è mai definito in anticipo in quanto rinuncia ad un sapere già acquisito mettersi nei panni dell'altro

- dimostrare empatia, cercando di assumere il punto di vista del proprio interlocutore e condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta verificare la comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, riservandosi, dunque, la possibilità di fare domande aperte per agevolare l'esposizione altrui e migliorare la propria comprensione curare la logistica, facendo attenzione al contesto fisico-spaziale dell'ambiente in cui si svolge la comunicazione per agevolare l'interlocutore e farlo sentire il più possibile a proprio agio.

Ciò che è importante sottolineare, è che da questa modalità di ascolto è escluso non solo il giudizio, ma anche il consiglio e la tensione del ''dover darsi da fare'' per risolvere eventuali problemi espressi dal proprio interlocutore, oltre ad evitare tutte le ''barriere della comunicazione'', quali: dare ordini mettere in guardia moralizzare persuadere con la logica elogiare ridicolizzare interpretare consolare cambiare argomento le quali, in modo più o meno esplicito, costituiscono messaggi di rifiuto.

Studi sulle dinamiche dell'ascolto attivo

Nel mondo occidentale il riconoscimento dell'importanza dell'ascolto attivo è una conquista molto recente.

Un grosso impulso agli studi sulle dinamiche dell'ascolto attivo è stato dato, agli inizi degli anni '80, dagli studi sulle aziende post-industriali ( Peters,1982; Kunda, 2000 ) e dagli studi sui rapporti fra professionisti e clienti ( Wolvin e Coakly, 1988; Bert e Quadrino, 1999 ).

Le basi teoriche per questo approccio erano state elaborate in precedenza da studiosi che hanno sostenuto la priorità dell'ascolto in un paradigma dialogico ( Martin Heidegger, Michail Bachtin, Martin Buber ) e dai teorici dei sistemi complessi ( Bateson, von Foerster, Emery e Trist, Ashby ).

Un modello molto efficace per comprendere la differenza fra ascolto passivo e ascolto attivo è offerto dalla buona comunicazione interculturale in situazioni concrete e contingenti ( Sclavi, 2000a e 2000b ) in quanto rende più facilmente evidenziabile che ''uno stesso comportamento'' può avere significati antitetici e al tempo stesso assolutamente legittimi a seconda del contesto culturale in cui è inserito.

Per esempio il ''non guardare negli occhi una persona anziana e autorevole'' in un contesto culturale può essere segno di rispetto, mentre in un altro, segno di mancanza di rispetto.

I malintesi, l'irritazione, l'imbarazzo, la diffidenza in questi casi non sono risolvibili in termini di comportamenti ''giusti o sbagliati'', ma cercando di capire l'esperienza dell'altro, il che implica accogliere come importanti, aspetti che siamo abituati a considerare trascurabili o addirittura che prima non abbiamo mai preso in considerazione.

Le ''Sette Regole dell'Arte di Ascoltare''

Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni.

Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.

Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista.

Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.

Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.

Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio.

Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.

Il loro codice è relazionale e analogico.

Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.

I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.

Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale.

Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.

Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica.

Ma quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da sè.

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La Bibbia è attraversata dall'invito pressante di Dio ad ascoltare la sua voce, la sua Parola; "Shema' Jisr'ael" ( ascolta Israele ) recita l'appello del Deuteronomio ( Dt 6,4-7 ) divenuto la professione di fede di Israele.

Si ascolta non solo e non tanto con l'orecchio quanto con l'intimo di se stessi, con il cuore: "ascoltate oggi la sua voce, non indurite il cuore" ( Sal 94,8 ).

Ascoltare la Parola di Dio è riconoscerla come vera e portatrice di salvezza; per questo nel Nuovo Testamento ascoltare Gesù è riconoscerlo come il Figlio di Dio, la sua Parola di verità, colui che è venuto a salvare l'uomo dalla morte e a comunicargli la vita divina, riconoscerlo e quindi seguirlo: il vero ascolto si traduce in obbedienza: "Le mie pecore ascoltano la mia voce" ( Gv 10,27 ), "Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce" ( Gv 18,37 ).

Ascoltare veramente la Parola è metterla in pratica: chi fa questo diventa simile ad una casa costruita sulla roccia ( Lc 6,47-49 ).

Per l'uomo ascoltare Dio è difficile, anzi impossibile senza l'aiuto stesso di Dio, che egli deve continuamente implorare.

L'orecchio dell'uomo è aperto dal gemito di Dio ( Mc 7,32-35; Rm 8,26 ).

Dio, da parte sua, ascolta sempre il Figlio ( Gv 11,42 ) e, in lui, chiunque gli apre il suo cuore.

v. Obbedienza; Sequela

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La rivelazione biblica è essenzialmente parola di Dio all'uomo.

Ecco perché, mentre nei misteri greci e nella gnosi orientale la relazione dell'uomo con Dio si fonda soprattutto sulla visione, secondo la Bibbia « la fede nasce dall'ascolto » ( Rm 10,17 ).

1. L'uomo deve ascoltare Dio.

a) Ascoltate, grida il profeta con l'autorità di Dio ( Am 3,1; Ger 7,2 ).

Ascoltate, ripete il sapiente in nome dell'esperienza e della conoscenza della legge ( Pr 1,8 ).

Ascolta, Israele, ripete ogni giorno il pio israelita per compenetrarsi della volontà del suo Dio ( Dt 6,4; Mc 12,29 ).

Ascoltate, riprende a sua volta Gesù stesso, parola di Dio ( Mc 4,3.9 par. ).

Ora, secondo il senso ebraico della parola verità, ascoltare, accogliere la parola di Dio, non significa soltanto prestarle attento orecchio, significa aprirle il proprio cuore ( At 16,14 ), metterla in pratica ( Mt 7,24s ), obbedire.

Questa è l'obbedienza della fede richiesta dalla predicazione ascoltata ( Rm 1,5; Rm 10,14ss ).

b) Ma l'uomo non vuole ascoltare ( Dt 18,16.19 ), ed è questo il suo dramma.

È sordo agli appelli di Dio; il suo orecchio ed il suo cuore sono incirconcisi ( Ger 6,10; Ger 9,25; At 7,51 ).

Ecco il peccato dei Giudei denunziato da Gesù: « Voi non potete ascoltare la mia parola …

Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; se voi non ascoltate, è perché non siete da Dio » ( Gv 8,43.47 )

- Di fatto Dio solo può aprire l'orecchio del suo discepolo ( Is 50,5; cfr. 1 Sam 9,15; Gb 36,10 ), « forarglielo » perché obbedisca ( Sal 40,7s ).

Quindi, nei tempi messianici, i sordi sentiranno, ed i miracoli di Gesù significano che infine il popolo sordo comprenderà la parola di Dio e gli obbedirà ( Is 29,18; Is 35,5; Is 42,18ss; Is 43,8; Mt 11,5 ).

È quel che proclama ai discepoli la voce dal cielo: « Questo è il mio Figlio diletto, ascoltatelo » ( Mt 17,5 par. ).

Maria, abituata a conservare fedelmente le parole di Dio nel proprio cuore ( Lc 2,19.51 ), è stata proclamata beata dal figlio Gesù, quando ha rivelato il senso profondo della sua maternità: « Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono » ( Lc 11,28 ).

2. Dio ascolta l'uomo.

- Nella sua preghiera l'uomo domanda a Dio di ascoltarlo, cioè di esaudirlo.

Dio non ascoltà né gli ingiusti, né i peccatori ( Is 1,15; Mi 3,4; Gv 9,31 ); ma ascolta il povero, la vedova e l'orfano, gli umili, i prigionieri ( Es 22,22-26; Sal 10,17; Sal 102,21; Gc 5,4 ).

Ascolta i giusti, coloro che sono pii e fanno la sua volontà ( Sal 34,16.18; Gv 9,31; 1 Pt 3,12 ), coloro che domandano secondo la sua volontà ( 1 Gv 5,14s ).

E lo fa perché ascolta « sempre » il suo Figlio Gesù ( Gv 11,41s ), attraverso il quale passa per sempre la preghiera del cristiano.

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I. Il termine a. si riferisce alle persone che hanno la capacità di ascoltare la parola di verità che viene da colui che è la verità, Dio.

Il Creatore del mondo « ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza » ( Gen 1,26 ) perché fosse interlocutore tra sé e l'universo e potesse entrare in un rapporto di amicizia con Dio stesso mediante la conoscenza reciproca.

Ci si conosce ascoltando le parole dell'altro; Dio si è inserito in questa legge antropologica e attende sempre che lo si ascolti.

La Parola di Dio riportata nella Sacra Scrittura manifesta che Dio ha parlato per mezzo dei profeti, poi rivela che, nel tempo, la Parola stessa si è fatta carne ed ha parlato in modo umano: è Gesù, Verbo umanato.

Chi era Gesù prima di nascere da Maria Vergine?

Il pensiero del Padre, il Verbo eterno, l'autocomprensione di Dio stesso, l'immagine personale del Padre inviata tra noi uomini, per l'amore infinito che Dio ha per tutti e per ciascuno di noi.

E il Verbo incarnato ha vissuto tra di noi in questa terra, ha parlato ed ha accettato di essere ucciso per manifestare il suo amore per ciascuno di noi.

Per questo motivo il Padre invita ogni uomo ad ascoltarlo ( cf Mt 17,5 ).

La Parola di Gesù, conservata nel NT, è prefigurata nell'AT, ed è sperimentata dalla coscienza umana del credente che si mette in libero e amoroso contatto con Gesù e con il suo Spirito.

La parola di Dio abbraccia tutta la rivelazione ed è il centro di tutto lo scibile cosmico dal momento che la parola sussistente è il centro e l'origine di tutte le parole che si leggono o si pronunciano.

Solo nell'a. intelligente, amoroso penetrante si entra nel mistero di Dio, avvolti lentamente nella sua luce transluminosa che trasforma e introduce, con la morte corporale, nella pienezza della luce divina.

II. L'a. nell'esperienza mistica.

Dio parla all'uomo e lo invita a un rapporto di comunione e di vita per rispondere alle esigenze più profonde della psiche umana.

Per questo è fondamentale l'a., ed è per questo che Dio ha parlato « mediante eventi e parole intimamente connessi » ( DV 1,2 ), affinché possiamo riconoscere la voce stessa di Dio e arrivare a credere sinceramente, poiché « la fede nasce dall'a. », afferma s. Paolo ( cf Rm 10,17 ).

E l'a., dunque, che genera la fede, non soltanto della parola scritta, quanto, e più ancora, della parola interiore pronunciata nell'intimo della nostra coscienza dal Maestro della fede cristiana, lo Spirito Santo.

« Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io ( Gesù ) vi ho detto » ( Gv 14,26 ).

III. Le disposizioni per un a. autentico e sincero richiedono un impegno esistenziale che coinvolge tutte le potenzialità umane poiché è Dio stesso che opera nell'uomo e con l'uomo.

Gesù paragona la sua parola a un seme che produce più o meno abbondantemente a seconda delle disposizioni del terreno ( cf Mc 4,26 ), e l'autore della Lettera agli Ebrei la paragona ad una « spada a doppio taglio » che « penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore » ( Eb 4,12 ).

La spada che trafisse Paolo fu la parola di Gesù: « Perché mi perseguiti? » ( At 22,7 ).

L'a. della parola di Dio, a differenza di quello di tutte le parole umane, include ed esige un cambiamento, poiché tende alla cristificazione, per trasformare in Cristo ( cf Gal 4,19 ).

L'esemplare di ogni cristiano in a. della Parola di Dio è la Vergine Maria che disse: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » ( Lc 1,38 ).

Le condizioni per un autentico a. riguardano la serietà del nostro impegno lasciandoci possedere dal desiderio dell'infinito ( cf Gregorio di Nissa ), per penetrare al di dentro delle Scritture, tenendo presente che è lo Spirito che vivifica, mentre la lettera è un velo che viene tolto quando incontriamo lui, lo Spirito ( cf 2 Cor 3,6.18 ).

Arrivando a cogliere il significato della parola ci si apre al dialogo orante, poiché è Dio che ci parla, ed è questa preghiera dialogante che ci trasforma e ci santifica.

La lettura, lo studio e la riflessione sulla Parola di Dio acuiscono il nostro a. dilatando sempre più la visione della rivelazione divina incentrata sulla persona di Gesù Cristo, trasformandoci in veri contemplativi atti ad annunciare il messaggio cristiano con la vita e con la parola, come gli apostoli.

La contemplazione cristiana consiste essenzialmente nell'ascoltare la Parola di vita per lasciarsi possedere da essa.

Ciò vivifica e spinge alla testimonianza di questa vita nuova raggiunta in Dio con l'esempio, la parola e, se occorre, col sangue, come i nostri fratelli martirizzati per la loro fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo.

Inoltre, l'a. di passiva e fedele obbedienza alla Parola di Dio conduce all'incontro mistico d'amore con le divine Persone, ossia a quell'ineffabile dialogo d'amore ove a Dio che parla si risponde con quell'a. che è silenzio arcano e profondamente obbedienziale.

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L'amore cominica dall'ascolto

Oggi che ci troviamo nell'era delle grandi comunicazioni di massa, viviamo ormai sommersi dalle parole.

Basti pensare che in molte case la TV accesa fa da costante sottofondo che inonda di parole la vita domestica.

Oppure pensiamo anche alle nostre vite frenetiche spesso piene di comunicazioni frettolose al telefono, coi colleghi di lavoro, in famiglia e anche in comunità nella quale spesso siamo costretti a scambiarci tante informazioni nel poco tempo che abbiamo per poter stare assieme.

E così accade che i brevi momenti che abbiamo a disposizione per poter stare un po' in comunione vengono subito riempiti di comunicazioni rapide e magari anche di parole pronunciate velocemente senz'avere il tempo di rifletterle.

La fretta nel parlarci rende le nostre relazioni sempre più frenetiche e, soprattutto ci sottrae la possibilità di stare ad ascoltarci, perché quando ci si parla frettolosamente non ci si ascolta davvero, in quanto ciascuno di noi finisce col concentrarsi non sulle cose che ascolta ma sulle cose che deve dire.

Eppure Giacomo scrive nella sua epistola: "Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che ogni uomo sia pronto ad ascoltare e lento a parlare" ( Gc 1,19 ).

Questa esortazione si ritrova spesso nella sapienza d'Israele.

Per esempio, nel libro dell'Ecclesiaste è scritto: "Non essere precipitoso nel parlare…" ( Qo 5,1 ).

E nel libro dei Proverbi è scritto addirittura: "Hai mai visto un uomo precipitoso nel parlare?

C'è più da sperare da uno stolto che da lui" ( Pr 29,20 ).

Per Israele la sapienza comincia non dal saper parlare ma dal saper ascoltare.

E la primissima parola a cui bisogna prestare ascolto è certamente la Parola del Signore.

Non a caso l'imperativo sul quale si fonda la fede del popolo ebraico è l'appello che viene da Dio: "Ascolta Israele!".

Questo è l'appello che il Signore con insistenza ha rivolto al suo popolo attraverso Mosè e i profeti: "Ascoltate la mia voce …" ( Is 28,23; Is 32,9; Ger 7,23; Ger 11,4-7 ), "ascoltate la parola del Signore …" ( 2 Re 7,1; 2 Cr 18,18; Is 1,10; Is 28,14; Is 66,5; Ger 2,4; Ger 7,2; Ger 9,20; Ger 17,20; Ger 21,11; Ger 29,20; Ger 31,10; Ger 42,15; Ger 44,24-26; Ez 13,2; Ez 34,7-9; Ez 36,1-4; Ez 37,4; Os 4,1 ).

La fede nel Dio vivente che si è rivelato nella storia comincia dall'ascolto della sua Parola, quella Parola che per noi cristiani si è poi fatta carne nella persona di Gesù Cristo, nel quale Dio è venuto a parlarci personalmente.

E infatti l'Apostolo Paolo dirà poi: "Così la fede viene da ciò che si ascolta e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo" ( Rm 10,17 ).

La nostra fede nasce dall'ascolto della Parola di Dio ed essa si basa anche sulla Bella Notizia che Dio non soltanto vuol farsi ascoltare ma Egli ci ascolta anche!

Questa è per esempio la fiducia espressa in tanti Salmi: "O Signore ascolta la mia voce …" ( Sal 27,7; Sal 64,1; Sal 119,149 ), "ascolta la mia preghiera …" ( Sal 39,12; Sal 54,2; Sal 84,8; Sal 102,1; Sal 143,1 ), "ascolta il mio grido!" ( Sal 61,1; Sal 102,1; Sal 103,2 ).

Il credente può rivolgersi in questi termini al Signore nella fiduciosa consapevolezza che Egli ascolta i suoi figli e non li abbandona.

Dio in Gesù Cristo è venuto appunto a mostrarci che Egli ascolta le nostre grida d'aiuto, perché Gesù non è mai rimasto indifferente di fronte ai bisogni materiali e spirituali della gente che incontrava, ma ha sempre saputo ascoltare la gente e, soprattutto, ha saputo ascoltare quelle persone alle quali nessuno prestava ascolto.

In questo modo Gesù ci ha rivelato che l'amore verso il prossimo comincia con l'imparare ad ascoltarlo.

Bonhoeffer, nel suo libro intitolato Vita comune, scrive appunto: "Il primo servizio che si deve agli altri nella comunione, consiste nel prestar loro ascolto.

L'amore per Dio comincia con l'ascolto della sua Parola, e analogamente l'amore per il fratello comincia con l'imparare ad ascoltarlo" ( Vita comune, Queriniana, Brescia 1991, p. 75 ).

Ora Gesù è per noi colui che ama Dio fino in fondo perché è l'unico che sa veramente prestare ascolto alla voce del Padre, un ascolto che non si ferma al semplice udire con le orecchie ma che si traduce immediatamente in una ubbidienza totale e incondizionata alla volontà del Padre.

E Gesù è, allo stesso tempo, colui che ha amato il prossimo fino in fondo perché è l'unico che ha saputo prestare ascolto a ogni genere di persona:

sia ai suoi discepoli che ai suoi avversari;

sia al suo popolo che agli stranieri,

sia agli uomini che alle donne,

sia ai ricchi che ai poveri;

sia a chi si credeva giusto che a chi si riconosceva peccatore.

La nostra capacità di ascoltare spesso è selettiva, perché per esempio preferiamo ascoltare chi sappiamo già che la pensa come noi, Gesù invece ha ascoltato tutti perché è venuto per amare tutti.

E per poter amare l'altro bisogna innanzitutto imparare ad ascoltarlo.

Ora noi non sappiamo ascoltarci come dovremmo perché non è semplice saper ascoltarsi a vicenda ma possiamo però imparare a farlo dall'esempio di Cristo.

Innanzitutto c'è da dire che il presupposto per poter imparare ad ascoltare è che - come scrive Giacomo - impariamo ad essere lenti nel parlare e cioè che impariamo a lasciare al nostro prossimo lo spazio di cui ha bisogno per potersi esprimere.

Quando, per esempio, in una conversazione ci si ruba la parola a vicenda significa che non si ha la pazienza di stare ad ascoltarsi, perché non ci si sa ascoltare, ma ognuno è orientato soltanto a dire la sua senza voler ascoltare le ragioni dell'altro.

Pertanto, solo se impariamo a essere lenti nel parlare e dunque a lasciare all'altro lo spazio per potersi esprimere, possiamo poi essere pronti per imparare ad ascoltare.

La propensione all'ascolto non è connaturata in noi, ma ad ascoltare s'impara gradatamente.

Ci sono infatti vari livelli di ascolto: il primo livello è quello conoscitivo che si basa semplicemente sul ricevere le informazioni che vengono dall'altro.

Il secondo livello è quello emotivo, in base al quale noi non ci limitiamo soltanto ad ascoltare le parole di chi ci è di fronte ma riusciamo anche a sentire le emozioni, gli stati d'animo e i sentimenti che l'altro ci trasmette mentre sta comunicando con noi.

E infine l'ultimo livello è quello esistenziale, in base al quale dovremmo riuscire a sentire dentro di noi la condizione esistenziale nella quale il nostro interlocutore si trova.

Di solito il nostro ascolto si ferma al primo livello, quello conoscitivo, in base al quale ci scambiamo informazioni.

Nella migliore delle ipotesi, raggiungiamo il secondo livello, quello emotivo, coi nostri cari o cogli amici più intimi.

Per raggiungere questo secondo livello - in base al quale possiamo sentire come si sente l'altro - dobbiamo però dedicarci soltanto all'ascolto e a nient'altro: non possiamo cioè riuscire a sentire dentro di noi qual è lo stato d'animo di chi ci sta parlando se, per esempio, mentre lo ascoltiamo facciamo altro, ma dobbiamo fermarci un attimo e stare ad ascoltarlo guardandolo possibilmente negli occhi.

Per poter ascoltare l'altro a livello emotivo bisogna infatti prestare attenzione non solo alle sue parole ma anche al suo tono di voce, ai suoi sguardi e alle espressioni del suo volto.

Non bisogna dunque fermarsi alle parole ma bisogna imparare a scorgere il non-detto che spesso si nasconde dietro le parole.

Gesù, per esempio, riesce a scorgere la fragilità dell'apostolo Pietro che si nasconde dietro la sua apparente determinazione e, quando l'apostolo gli dice: "Io ti seguirò ovunque tu andrai", egli gli risponde invece: "tu mi rinnegherai tre volte …".

Gesù riesce a scorgere l'invidia dei farisei dietro le loro domande apparentemente innocue.

E Gesù riesce a scorgere l'avarizia del giovane ricco dietro il suo apparente desiderio di essere perfetto, perché egli ascolta non soltanto con le orecchie ma anche col cuore, non soltanto con l'intelletto ma anche con le viscere.

Come dicevo, la nostra capacità d'ascolto di solito si ferma al primo livello, quello conoscitivo, o nel migliore dei casi oscilla fra il primo e il secondo livello, quello emotivo, attraverso il quale cominciamo ad ascoltare l'altro non soltanto con le orecchie ma anche col cuore.

Pochi però giungono al terzo livello, quello esistenziale, in base al quale dovremmo riuscire a vivere in noi stessi quello che l'altro sta vivendo.

Gesù per noi è colui che ha saputo ascoltare il prossimo ad un livello così profondo e lo ha fatto immedesimandosi nella condizione esistenziale di ogni persona ( mettendosi nei panni dell'altro! ) e facendo proprie le sofferenze e le angosce della gente che incontrava, piangendo con chi piangeva e accogliendo in sé le pene del vivere umano.

Gesù si è fatto carico dei nostri pesi e ha preso su di sé i nostri peccati e i nostri dolori fino alle estreme conseguenze che lo hanno portato alla croce.

L'ascolto, nel raggiungere il suo livello più profondo, si traduce così in una totale condivisione.

Dio in Cristo ha voluto ascoltarci così a fondo da condividere con noi la nostra stessa condizione umana.

Dio in Cristo è venuto ad ascoltare i nostri bisogni più profondi, le nostre domande esistenziali irrisolte, le nostre inquietudini, i nostri timori e tutte le nostre fragilità.

Noi spesso non abbiamo il tempo di stare ad ascoltarci, ma Dio in Cristo ci ha mostrato che Lui è sempre disposto ad ascoltarci e ci ascolta non superficialmente ma nel profondo del nostro essere.

Dio in Cristo ci ha manifestato il suo infinito amore venendo ad ascoltare i nostri gemiti più profondi: quelli spesso inespressi e nascosti nel profondo del cuore e quelli strazianti che emergono in grida d'aiuto che spesso il mondo non vuole ascoltare.

La capacità di ascoltare è intrinseca alla capacità d'amare: ci può essere un ascolto senz'amore ma non c'è amore senz'ascolto.

L'amore di Dio verso l'umanità si rivela nel fatto che Dio ascolta le grida del suo popolo e interviene in suo favore.

Ma anche il nostro amore per Dio comincia con l'ascoltare la sua Parola e, similmente, il nostro amore verso il prossimo non può che cominciare con l'imparare ad ascoltarlo.

Noi siamo chiamati ad ascoltarci a vicenda come Dio in Cristo ha ascoltato noi, ossia con un tipo di ascolto che non si fermi al livello conoscitivo, basato sullo scambiarsi qualche informazione, ma che possa giungere ad un livello esistenziale sempre più profondo, nel modo in cui Cristo ci ha insegnato.

Vogliamo allora affidarci al Signore affinché lo Spirito di Cristo venga ad insegnarci l'arte spirituale dell'ascolto, affinché possiamo imparare ad ascoltarci a vicenda sempre più a fondo e il nostro reciproco ascoltarci si traduca in condivisione e in una comunione d'intesa benedetta dal Signore.


Magistero

Angelus Benedetto XVI 25-4-2010
Nella predicazione degli Apostoli e dei loro successori: in essa risuona la voce di Cristo, che chiama alla comunione con Dio e alla pienezza della vita, come leggiamo oggi nel Vangelo di san Giovanni: "Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono.
Angelus Benedetto XVI 18-7-2010
La parola di Cristo è chiarissima: nessun disprezzo per la vita attiva, né tanto meno per la generosa ospitalità; ma un richiamo netto al fatto che l'unica cosa veramente necessaria è un'altra: ascoltare la Parola del Signore; e il Signore in quel momento è lì, presente nella Persona di Gesù!
Angelus Francesco 16-3-2014
Il nostro Padre che ha detto a questi apostoli, e dice anche a noi: "Ascoltate Gesù, perché è il mio Figlio prediletto".
Noi, discepoli di Gesù, siamo chiamati ad essere persone che ascoltano la sua voce e prendono sul serio le sue parole.
Meditazione Francesco 25-6-2015
Perché, ha detto il Pontefice, « questi parlano, fanno », ma manca loro « un altro atteggiamento, che è proprio la base, che è proprio il fondamento del parlare, del fare »: manca « l'ascoltare ».

Catechismo della Chiesa Catolica

Ascoltare Gesù che ci insegna a pregare 2598
Ascoltare la Parola di Dio 709
-- 900
-- 1651
-- 2578
-- 2584
-- 2656
-- 2716
-- 2724
-- 2835
Dio ascolta il grido dell'uomo 2657
Dio Padre ascolta sempre Gesù 2604