Questioni sull'Ettateuco

Indice

Questioni su Giosuè

1. ( Gs 1,5 ) Mosè morì come servo di Dio e a Dio gradito

Il Signore dice a Giosuè [ figlio ] di Nun: E come sono stato con Mosè, così sarò con te.

Non solo da questo testo ma anche da molti altri passi del Deuteronomio si prova che Mosè morì come servo di Dio e a Dio gradito, sebbene riguardo a lui si compisse il castigo di non entrare nella Terra promessa. ( Dt 32,48-52; Dt 34,4-5 )

Da questo si può comprendere che il Signore può adirarsi anche con i suoi servi buoni per qualche loro peccato e castigarli con una pena temporanea, ma tuttavia annoverarli tra gli strumenti adatti per usi nobili e utili al Signore nella sua casa, ( 2 Tm 2,21 ) ai quali darà le promesse fatte ai santi.

2. ( Gs 1,11; Gs 2,3-7 ) Passaggio del Giordano

Si pone il quesito di sapere come mai dopo che il Signore aveva parlato a Giosuè di Nun esortandolo, confortandolo e promettendogli che sarebbe stato con lui, il medesimo Giosuè ordinò al popolo per mezzo dei capitani di fare provviste di viveri, poiché di lì a tre giorni avrebbero dovuto attraversare il Giordano, mentre si trova nella Scrittura che gli Israeliti passarono il Giordano dopo molti più giorni.

Difatti dopo aver dato quest'ordine al popolo mandò esploratori a Gerico poiché, dopo che avessero attraversato il Giordano, quella era la città più vicina che s'incontrava.

Gli esploratori poi andarono ad alloggiare in casa della meretrice Raab, dalla quale furono nascosti.

Il re li fece ricercare ma non furono trovati, poiché quella donna li lasciò andare via attraverso una finestra consigliandoli di restare nascosti tre giorni sulle montagne; ( Gs 2,1-6.15-16 ) così è chiaro che passarono quattro giorni.

Di conseguenza Giosuè si mise in marcia con tutto il popolo di buon mattino dal luogo dove era, dopo che gli esploratori ebbero riferito tutto quanto era loro successo.

Giunto al Giordano si accampò e restò lì; allora il popolo ricevette un nuovo avviso di prepararsi a passare il Giordano di lì a tre giorni, al seguito dell'arca del Signore. ( Gs 3,1-3 )

Da ciò dunque si comprende che fu una disposizione umana quella che Giosuè fece impartire al popolo affinché facessero provviste di viveri, come se di lì a tre giorni avessero dovuto attraversare il suddetto fiume.

Giosuè poté infatti, come uomo, sperare che quell'evento sarebbe potuto accadere se gli esploratori fossero tornati presto.

Tardando però essi, quantunque la Scrittura non lo dica, si capisce che tutti gli altri avvenimenti si verificarono per disposizione di Dio, affinché Giosuè cominciasse ad essere glorificato presso il popolo e a rendersi palese che Dio era con lui come era stato con Mosè.

Poiché quando sta per attraversare il fiume gli vengono rivolte le seguenti parole, come sta scritto nella Bibbia: E il Signore disse a Giosuè: " Quest'oggi comincerò a esaltarti al cospetto di tutti i figli d'Israele, perché sappiano che io sarò con te come sono stato con Mosè ".

Ma non deve neppure sembrare incredibile che anche persone con le quali Dio parlava abbiano voluto compiere qualcosa di propria iniziativa umana per la quale confidavano che Dio sarebbe stato loro guida, ma i loro progetti furono mutati dalla provvidenza di Colui dal quale erano guidati.

Effettivamente perfino Mosè per ispirazione del tutto umana aveva creduto fosse suo dovere ascoltare le cause del popolo ma in un modo da non poter essere di giovamento né a sé né al popolo, sobbarcandosi un fardello insopportabile; ma quella sua disposizione fu cambiata per opera di Dio e anche per suggerimento ed esortazione del suocero, approvati da Dio stesso. ( Es 18,13-26 )

3. ( Gs 3, 3-4.15 ) L'ordine che l'arca andasse avanti a una dovuta distanza

I capitani dicono al popolo: Quando vedrete l'arca dell'alleanza del Signore Dio nostro e i nostri sacerdoti e i leviti che la portano, partite dai vostri posti e seguitela.

Tra voi ed essa ci sia però una gran distanza: starete a circa duemila cubiti; non avvicinatevi ad essa in modo che possiate conoscere la via per la quale dovete andare, perché non siete mai passati per questa strada né ieri né ieri l'altro.

L'ordine che l'arca andasse avanti a una dovuta distanza era stato dato perché potesse essere vista dal popolo.

Poiché, se una massa così grande di gente avesse marciato da vicino dietro di essa, non l'avrebbe vista marciare in testa né avrebbe potuto sapere la via per cui seguirla.

Per questo fatto si deve pensare che la colonna di nube, che era solita dare il segnale per levare il campo e mostrare la strada, ( Es 13,21 ) si era ormai ritirata e non si mostrava più al popolo.

Ciò fece sì che anche la partenza dovette essere annunziata tre giorni prima per disposizione umana.

Adesso quindi il popolo segue l'arca del Signore sotto la guida di Giosuè, essendogli stata tolta la nube, come se gli fosse stato tolto il velo.

Il Giordano però era in piena fin sopra le sue sponde come ai giorni della mietitura del frumento.

Questo fenomeno pare incredibile per le nostre regioni, mentre lì, come affermano gli scienziati, all'inizio della primavera si fa la mietitura del grano e allora il fiume è molto più pieno che nell'inverno.

4. ( Gs 4,7 ) Le pietre che significano qualcosa di eterno

E queste pietre saranno per i figli d'Israele un ricordo per l'eternità.

Come può essere per l'eternità dal momento che il cielo e la terra passeranno? ( Mt 24,35 )

Forse perché queste pietre significano qualcosa di eterno non potendo essere eterne esse?

Ciononostante l'espressione greca έως τοϋ αίώνος potrebbe tradursi in latino usque in saeculum [ per sempre ], ma non ne segue necessariamente che debba essere inteso nel senso di " eterno ".

5. ( Gs 4,15-16 ) Arca del Testamento o della Testimonianza

E il Signore parlò a Giosuè in questi termini: " Ordina ai sacerdoti che portano l'arca del Testamento della Testimonianza ".

L'arca suole essere chiamata arca del Testamento o della Testimonianza, ( Es 39,35; Es 40,3 ) ora è chiamata arca del Testamento della Testimonianza in modo che non solo l'arca, ma anche lo stesso Testamento viene chiamato Testamento della Testimonianza.

Ecco perché l'Apostolo afferma: Adesso però la giustizia di Dio si è manifestata senza la legge, avendo la testimonianza della Legge e dei Profeti. ( Rm 3,21 )

Poiché quello che si chiama Antico Testamento era stato dato come testimonianza di qualche altra realtà ventura.

6. ( Gs 5,2-7 ) Giosuè circoncide di nuovo gli Ebrei

Il Signore disse a Giosuè: Fatti dei coltelli di selce, affilati, oppure, come ha il testo greco: di selce affilata, siediti e circoncidi di nuovo i figli d'Israele.

Riguardo a questo precetto si cerca di sapere perché il testo dice di nuovo, poiché non c'era nessuno che doveva essere circonciso due volte, ma dice di nuovo perché si trattava di un popolo di cui alcuni erano stati circoncisi ed altri no; in tal modo non veniva circonciso di nuovo una persona ma il popolo: ciò è dimostrato anche dal seguito del passo.

La Scrittura infatti dice: E Giosuè si fece coltelli di selce affilati e circoncise i figli d'Israele sul colle detto dei prepuzi.

In questo modo Giosuè circoncise i figli d'Israele: tutti coloro che nel passato erano stati nel viaggio e che non erano stati circoncisi e che, tra coloro ch'erano usciti dall'Egitto, non erano stati circoncisi, tutti quei tali Giosuè li fece circoncidere.

Israele infatti era vissuto quarantadue anni nel deserto di Mabdarit e perciò un gran numero di quegli uomini impegnati nelle battaglie che erano usciti dall'Egitto non era stato circonciso e aveva disubbidito ai comandi di Dio e per essi il Signore aveva stabilito che non avrebbero visto il paese che egli aveva giurato di dare ai loro padri, terra ove scorreva latte e miele e al loro posto sostituì i loro figli, che Giosuè circoncise dal momento che non erano stati circoncisi durante il viaggio.

È dunque evidente che non tutti erano incirconcisi ma solo alcuni.

Infatti alcuni figli di coloro ch'erano usciti dall'Egitto non erano stati circoncisi in quel popolo, quelli che Giosuè poté circoncidere; si trattava cioè dei figli di coloro che li avevano generati nel deserto ma avevano trascurato di circonciderli, poiché non avevano ubbidito alla legge di Dio.

Non c'è pertanto alcuna ragione perché credano di potersi fondare su questo testo coloro i quali pensano che si debbano ribattezzare coloro i quali posseggono il sacramento del battesimo cristiano, poiché nessun individuo fu circonciso due volte, ma si parla del popolo che in alcuni suoi membri era circonciso e in altri incirconciso.

E se fosse potuto avvenire che in qualche modo avesse comandato di circoncidere due volte un uomo, potrebbero forse affermare che fu dato quell'ordine poiché quelli erano stati circoncisi dagli Egiziani o da alcuni eretici separati dalla comunità israelitica?

Siccome, al contrario, appare assai chiaramente per quale motivo Dio diede quell'ordine, gli uomini non possono trovare qui alcuna giustificazione al proprio errore.

7. ( Gs 5,13-15 ) Se Giosuè si prostrò innanzi a un angelo e lo chiamò Signore

Quando Giosuè vide un personaggio ritto innanzi a lui con la spada sguainata, che rispondendo gli disse: " Io sono il capo della milizia dell'esercito del Signore ", e [ Giosuè ], gettatosi con la faccia a terra, gli chiese: " Che cosa ordini al tuo servo? ".

Possiamo chiederci se Giosuè si prostrò innanzi a un angelo e lo chiamò Signore o piuttosto, comprendendo da chi era stato inviato lo chiamò Signore e gli si prostrò.

Giosuè infatti si trovava, come dice l'agiografo, a Gerico, ma non proprio dentro la città, le cui mura non erano ancora cadute - come sarebbe accaduto poco dopo - in modo che gli Israeliti potessero entrarvi, ma si trovava nella campagna contigua alla città, poiché così reca la traduzione fatta dall'ebraico.

8. ( Gs 7, 1ss ) Il furto di Achar

Trattiamo del fatto di cui fu autore Achar della tribù di Giuda: costui aveva rubato qualcosa dal bottino della città di Gerico votato al Signore, contrariamente a quanto aveva ordinato il Signore, e per causa del suo peccato tremila soldati, ch'erano stati inviati a Gai, voltarono le spalle ai nemici e ne furono uccisi trentasei; e poiché il popolo era rimasto gravemente atterrito, Giosuè con gli anziani si gettò bocconi davanti al Signore e gli fu risposto che quella sventura era accaduta poiché il popolo aveva peccato.

Dio inoltre minacciò anche dicendo che li avrebbe abbandonati se non avessero tolto di mezzo ad essi l'anatema.

Il testo sacro aggiunge che fu scoperto chi aveva commesso quel peccato e fu messo a morte non solo lui ma anche tutti i suoi.

A questo riguardo si è soliti domandare in qual modo è lecito secondo la legge punire altri per i peccati di un altro, soprattutto perché nella legge il Signore ha detto che i padri non debbono essere puniti per i peccati dei figli, né i figli per i peccati dei padri. ( Dt 24,16 )

Oppure si tratta che quel precetto dev'essere osservato dagli uomini quando giudicano, cioè che non puniscano l'uno invece di un altro, mentre i giudizi di Dio non sono dello stesso genere, poiché con il suo profondo e invisibile senno conosce fino a qual segno deve estendere anche il castigo temporaneo e il salutare terrore degli uomini?

Per quanto riguarda il governo dell'universo non accade nulla di crudele ai mortali quando muoiono, essendo destinati un giorno o l'altro a morire.

E tuttavia la paura di un tale castigo risulta una sanzione della legge che non solo ciascuno si prenda cura di se stesso nella propria comunità, ma gli uni si prendano cura degli altri, preoccupati gli uni degli altri, quali membri d'un solo corpo e d'un solo uomo. ( 1 Cor 12,12.25 )

Non si deve pensare neppure che uno possa essere condannato per un altro anche alle pene che vengono inflitte dopo la morte; ma questo castigo viene inflitto solo per alcuni beni che avrebbero dovuto avere un termine anche se in modo diverso.

Allo stesso tempo si rende qui manifesta la stretta solidarietà che unisce tutti i membri d'un medesimo popolo, in modo che questi non si considerino ciascuno isolatamente ma anche come le parti di un tutto.

Così, per il peccato di uno solo e per la morte di pochi, tutto quanto il popolo fu ammonito a ricercare - per così dire - in tutto il corpo il male ch'era stato commesso.

Nello stesso tempo quel peccato servì a far comprendere quanto grave sventura sarebbe stata, se a peccare fosse stata tutta quanta la comunità, dal momento che il castigo meritato da un solo colpevole non avrebbe potuto mettere tutti gli altri al riparo dallo stesso castigo.

Ma - si dirà - se Achar fosse stato scoperto da qualcuno e condotto al tribunale di Giosuè per essere giudicato come colpevole di quel peccato, non si può supporre che Giosuè, nella sua qualità di giudice, avrebbe potuto punire invece di lui o con lui alcun altro individuo che non fosse stato suo complice.

A lui infatti non era permesso oltrepassare il comando della legge che era stato dato a uomini, perché in base al suo giudizio, imposto o permesso a un uomo contro un altro uomo, non pensasse d'infliggere un castigo a uno per il peccato di un altro.

Si fonda invece su una giustizia di gran lunga più misteriosa e arcana il giudizio che fa Dio, il quale può salvare o mandare in perdizione ( Gc 4,12 ) anche dopo la morte, cosa che non può fare un uomo.

Perciò le afflizioni visibili o la morte degli uomini, per il fatto che non solo possono recare danno ma anche giovamento a coloro ai quali sono fatte subire, il Signore, grazie al mistero della sua provvidenza, sa per chi può prepararle con giustizia anche quando pare vendicare in altri i peccati altrui.

Al contrario i castighi invisibili, che non possono se non recar danno e non possono giovare, nessuno è condannato da Dio giudice a subirli per i peccati altrui, allo stesso modo che nessuno deve essere condannato da un uomo giudice a scontare tali castighi visibili se non per colpa propria.

Dio infatti ha riservato all'uomo giudice questa competenza sulle azioni il cui castigo spetta al tribunale umano, perché ci pensa egli stesso nel suo giudizio là dove il potere umano non arriva.

9.1. ( Gs 7, 15.25 ) Perché Giosuè, anziché far morire Achar tra le fiamme, lo fece lapidare dal popolo

Il Signore aveva comandato che, se fosse stato provato che uno avesse rubato qualcosa che era stato dichiarato herem, venisse bruciato vivo.

Ora si pone il quesito - a ragione - perché Achar quando fu scoperto e fu provato che aveva commesso il furto, Giosuè, anziché farlo morire tra le fiamme, lo fece lapidare dal popolo.

Oppure era necessario che Achar morisse come Giosuè, il quale più attentamente eseguiva la volontà del Signore, poté capire le parole dell'ordine dato dal Signore? Nessun altro avrebbe potuto capirle facilmente.

Dobbiamo perciò domandarci piuttosto perché il Signore chiama fuoco la lapidazione, anziché credere che Giosuè agisse diversamente da come aveva ordinato il Signore.

Poiché nessuno poté essere più sapiente per capire gli ordini del Signore né più ubbidiente per eseguirli.

Per questo la Scrittura nel Deuteronomio attesta che mediante la parola fuoco poté essere simboleggiato un castigo, nel passo ove agli Israeliti si dice: E vi condussi fuori dalla fornace di ferro, dall'Egitto, ( Dt 4,20 ) ove evidentemente volle fare intendere una dura tribolazione.

9.2. Mi si presentano però alla mente due ragioni - non che siano atte a risolvere il quesito ambedue, ma l'una o l'altra - perché Achar non fu bruciato mediante il fuoco visibile con tutti i suoi.

Se il Signore aveva giudicato che il peccato di Achar era di tal natura che, una volta espiato con quell'estremo supplizio, non lo avrebbe punito in eterno, quel castigo fu chiamato con il termine appropriato di fuoco a causa della stessa espiazione e purificazione.

Nessuno potrebbe essere indotto a pensare a una tale interpretazione, se Achar fosse stato bruciato da un fuoco inteso in senso proprio; ma si atterrebbe al fatto chiaramente espresso e non andrebbe a cercare qualche altra ulteriore ragione.

Ora, al contrario, considerando le parole di Dio e l'azione di Giosuè, dal quale quelle parole non potevano essere trasgredite, con tutta ragione si dice che anche la lapidazione era un fuoco, si riconosce convenientemente che quell'uomo fu purificato con quel castigo, perché non perisse in seguito a causa di quel peccato.

Questa medesima cosa indicano anche gli utensili che nel Levitico si comanda di purificare col fuoco. ( Lv 13,52 )

Se invece il peccato di Achar era di tal natura per cui egli andasse a finire nella geenna anche dopo la vita presente, Giosuè con lo stabilire di lapidarlo volle fare intendere che le parole dette dal Signore: Sarà bruciato col fuoco si devono intendere nel senso che non doveva essere fatto da loro ciò che doveva essere fatto dal Signore.

Se infatti il Signore avesse detto: " brucerete lui e tutte le sue cose " non si potrebbe ammettere affatto tale interpretazione; ma a giudicare dal testo sembra che Dio fece una predizione di ciò che sarebbe accaduto al peccatore, anziché ordinare ciò che avrebbe dovuto essere compiuto dagli uomini; Giosuè, che da quel grande profeta che era, aveva compreso le parole di Dio e compì in modo profetico quella stessa azione, non poté agire meglio che facendolo uccidere con il lapidarlo, anziché farlo perire nel fuoco, perché non sembrasse che con quelle fiamme gli ordini del Signore fossero adempiuti, mentre aveva inteso che fossero dati per un'altra azione.

9.3. Non ci deve neppure impressionare il fatto che Dio in precedenza aveva detto che si doveva bruciare al fuoco non solo il colpevole ma anche tutto ciò che gli apparteneva.

Poiché Dio disse così: Sarà bruciato col fuoco tutto ciò che è suo.

Tutto ciò che è suo si può intendere per tutte le sue opere, che disse doversi bruciare con lui, non come dice l'Apostolo a proposito di certe opere consumate dal fuoco, ma egli sarà salvo, ( 1 Cor 3,15 ) se si deve intendere che il peccato di costui è di tal natura da essere punito anche con il fuoco eterno.

Il popolo dunque nel punirlo abbatté a colpi di pietre nello stesso tempo i suoi figli e le sue figlie con il suo bestiame e con tutto ciò che aveva.

Tuttavia Giosuè non fece compiere quel castigo ispirato da un giudizio umano, ma spinto da spirito profetico o perché intese le parole con tutte le sue cose in modo da non considerare eccettuati dalla lapidazione nemmeno i figli, infliggendo loro anche quel castigo invece del fuoco, oppure perché intendeva indicare le opere di Achar che Dio avrebbe bruciato con lui dopo la sua morte, non solo per le altre cose appartenenti a lui ma anche per i suoi figli.

9.4. Ma non si deve pensare affatto che i suoi figli anche dopo la morte furono condannati al castigo d'essere bruciati al fuoco dell'inferno per il peccato del padre, di cui loro erano innocenti.

Poiché la morte che sovrasta tutti, benché provenga dal primo peccato, ( Rm 5,12 ) tuttavia, poiché siamo nati nella condizione che naturalmente dobbiamo morire senza scampo, ad alcuni è utile quando viene affrettata.

Di conseguenza si legge di un tale che fu rapito perché il male non alterasse i suoi sentimenti. ( Sap 4,11 )

Pertanto per qual giudizio o misericordia di Dio la morte fu inflitta sia ai figli di costui sia ai trentasei soldati, ( Gs 7,5 ) pur essendo tutti estranei al suo peccato, lo sa solo Colui nel quale non c'è ingiustizia. ( Rm 9,14 )

Tuttavia è chiaro che anche il popolo dovette riflettere sbigottito sul peccato commesso, e tutti gli altri ebbero una paura tanto più grande di imitare l'azione di Achar quanto più grande orrore ha la debolezza umana e di venire esposti allo sdegno assai grande e giusto del popolo, e di estinguersi a causa del proprio peccato insieme con la morte dei figli che credeva di lasciare per la propagazione della propria stirpe.

10. ( Gs 8,2 ) Dio comanda a Giosué di disporre un'imboscata

Per quanto riguarda il fatto che Dio comandò a Giosuè, dicendogli di disporre un'imboscata [ contro la città ] nella parte posteriore, vale a dire, dei guerrieri posti in agguato per far cadere in trappola i nemici, siamo indotti a considerare che non agiscono ingiustamente coloro che fanno una guerra giusta.

Per questo l'uomo giusto che si trova nella costrizione di far guerra, - non tutti si trovano nella stessa necessità -, non deve pensare a nulla di più importante che a fare una guerra giusta.

Intrapresa una guerra giusta, non importa riguardo alla giustizia se si vince in una battaglia campale oppure mediante un'imboscata.

Si è poi soliti denominare giuste le guerre che vendicano dei torti, qualora una nazione o una città, che dev'essere investita dalla guerra, abbia trascurato di punire l'ingiustizia fatta dai suoi cittadini o di rendere ciò che è stato portato via ingiustamente.

È quindi senza dubbio giusto anche questo genere di guerra comandata da Dio, nel quale non è ingiustizia, ( Rm 9,14 ) e sa che cosa deve darsi a ciascuno.

In rapporto a questa guerra il capo dell'esercito e il popolo stesso se ne devono considerare non tanto i promotori, quanto piuttosto gli esecutori [ dei disegni di Dio ].

11. ( Gs 8,4-8 ) C'è differenza fra inganno e menzogna

Giosuè, nell'inviare trentamila combattenti alla guerra contro [ la città di ] Aj, disse loro: Voi vi metterete in agguato dietro la città e non starete lontani da essa e vi terrete tutti pronti.

Io invece e tutto il popolo che sta con me ci avvicineremo alla città.

E avverrà che quando saranno usciti per affrontarci coloro che vivono in Aj, come fecero anche la prima volta, e ci daremo alla fuga davanti a loro.

E quando saranno usciti inseguendoci li trascineremo via lontani dalla città e diranno: " Costoro fuggono davanti a noi come anche prima ".

Voi invece sbucherete dall'imboscata ed entrerete nella città.

Voi farete secondo questo ordine. Ecco ve lo comando.

Si deve porre il quesito se ogni intenzione di ingannare si deve considerare come menzogna e, se è così, se può essere giusta la menzogna con la quale viene ingannato chi merita di essere ingannato, ma se neanche questa si riconosce una menzogna giusta, non resta che riferire alla verità, conforme a un particolare simbolismo, il fatto qui riferito dell'imboscata.

12. ( Gs 9, 3-4.13 ) Trucco escogitato dai Gabaoniti

[ La Scrittura narra ] che i Gabaoniti si recarono da Giosuè con pani stantii e sacchi già usati: era un trucco perché si pensasse che giungevano da un paese lontano e così fossero risparmiati - il Signore infatti aveva ordinato agli Israeliti di non risparmiare nessuno degli abitanti dei paesi in cui sarebbero entrati -; riguardo al testo relativo alcuni manoscritti non solo greci, ma anche latini, hanno: e prendendo sacchi vecchi sulle proprie spalle; al contrario altri, che sembrano più veridici, non hanno: sulle spalle, ma: sopra i loro asini.

L'errore fu facilitato dalla rassomiglianza dei due termini nella lingua greca e perciò anche gli esemplari latini hanno lezioni differenti; effettivamente non suonano molto diversamente tra di loro i due termini ώμων e ώνων, di cui il primo significa spalle e il secondo asini.

In effetti è più probabile che si tratti degli asini per il fatto che i Gabaoniti dissero di essere stati inviati dal loro popolo che stava lontano: di qui è chiaro che erano ambasciatori e perciò poterono portare le cose indispensabili piuttosto sopra asini che sulle loro spalle, anche perché non potevano essere molti e la Scrittura ricorda che non portavano solo dei sacchi ma anche degli otri.

13. ( Gs 9,19 ) Come mai gli Ebrei credettero loro dovere di osservare il giuramento fatto ai Gabaoniti

Ci possiamo domandare come mai gli Ebrei credettero loro dovere di osservare il giuramento fatto ai Gabaoniti, ai quali lo avevano fatto credendo che venissero da un paese lontano, come essi avevano mentito.

I Gabaoniti sapevano infatti di essere destinati allo sterminio se gli Ebrei fossero venuti a sapere che essi abitavano nel paese che era stato loro promesso e di cui sarebbero entrati in stabile possesso qualora ne avessero uccisi gli abitanti.

Gli Israeliti dunque giurarono di salvare loro la vita poiché i Gabaoniti avevano mentito di essersi recati presso di loro da un paese lontano.

Ma dopo che gli Israeliti vennero a sapere che quelli abitavano dove, secondo l'ordine di Dio, si dovevano sterminare tutti coloro che vi avessero trovato, non vollero tuttavia infrangere il giuramento e, sebbene avessero appreso che quelli avevano mentito, preferirono salvare loro la vita a causa del giuramento, pur potendo naturalmente dire che avevano fatto loro un giuramento nella persuasione che provenissero da un paese lontano, ma essendo poi venuti a sapere il contrario, avrebbero dovuto osservare il comando del Signore sterminandoli come tutti gli altri.

Iddio tuttavia approvò questo modo di agire e non si adirò contro gli Israeliti che li avevano risparmiati, sebbene non lo avessero consultato ( Gs 9,14 ) per sapere che specie d'individui fossero e perciò essi riuscirono ad ingannarli.

Di conseguenza, anche nell'ipotesi che i Gabaoniti avessero avuto l'intenzione d'ingannare per aver salva la vita, si può credere con tutta ragione che ebbero un vero timore di Dio in mezzo al suo popolo.

Per questo motivo neppure il Signore si adirò con gli Israeliti che avevano fatto il giuramento e li avevano risparmiati, tanto che in seguito vendicò gli stessi Gabaoniti, come se facessero parte del suo popolo, castigando la casa di Saul, come espone il Libro dei Re. ( 2 Sam 21,1-8 )

E poiché il giuramento fu mantenuto sebbene riguardo a persone che avevano mentito, di modo che la decisione si piegò alla clemenza, non dispiacque a Dio.

Poiché se al contrario gli Israeliti avessero giurato di uccidere alcuni di loro creduti essere Gabaoniti abitanti nella terra promessa ma in seguito avessero appreso essere stranieri riguardo a quella terra e venuti presso di loro da lontano, non si deve pensare affatto che li avrebbero sterminati per osservare il giuramento.

Per la stessa clemenza di risparmiargli la vita il santo Davide, anche dopo aver giurato di uccidere Nabal pur sapendo di certo chi era colui che aveva deciso di uccidere, preferì risparmiarlo e non mantenere il giuramento in un caso più grave, pensando che era cosa più gradita a Dio ( 1 Sam 25,22-33 ) se non avesse fatto ciò che fuori di sé per la collera aveva giurato di fare per nuocere piuttosto che se lo avesse compiuto.

14. ( Gs 10,7-8 ) Il Signore, sebbene non consultato, salva la vita

Quando gli abitanti di Gabaon, essendo assediati dai re degli Amorrei, inviarono messi a Giosuè perché accorresse in loro aiuto, la Scrittura continua e dice: E Giosuè salì da Galgala, lui con tutti i suoi uomini atti alla guerra, tutti prodi guerrieri.

E il Signore disse a Giosuè: " Non avere paura di loro, poiché te li ho dati nelle tue mani, nessuno potrà resistere a voi ".

In quel caso non era stato consultato il Signore se si dovesse andare contro di loro, ma agli Israeliti, che di propria iniziativa avevano voluto giustamente soccorrere i loro, preannunciò che avrebbero riportato la vittoria.

Allo stesso modo dunque il Signore avrebbe potuto, sebbene non consultato a proposito dei Gabaoniti, ( Gs 9,14 ) fare intendere loro chi erano coloro che mentivano di essere persone di paesi lontani, se non avesse approvato quel giuramento che li avrebbe costretti a salvare la vita a un popolo sottomesso.

Essi infatti avevano creduto in Dio, poiché avevano sentito dire ( Gs 9,9 ) che aveva promesso al suo popolo che avrebbe distrutto quei popoli e sarebbe entrato in possesso della loro terra, e Dio ricompensò in qualche modo la loro fede non consegnandoli nelle mani [ degli Israeliti ].

15. ( Gs 10,5-6 ) I cinque re dei Gebusei o Amorrei

Sorge il quesito di sapere perché Adonibeze, re della città di Gerusalemme, e gli altri quattro con cui assediò i Gabaoniti, dapprima, quando si riunirono per assediarli, secondo la versione dei Settanta, sono chiamati re dei Gebusei; in seguito invece dagli stessi gabaoniti sono chiamati re degli Amorrei, quando inviarono messi a Giosuè perché li liberasse dal loro assedio.

Ma, per quanto abbiamo potuto vedere, nella versione dall'ebraico, in entrambi i casi sono chiamati re degli Amorrei, poiché risulta che il re della città di Gerusalemme era un Gebuseo, poiché la stessa città aveva il nome di Gebus, ( Gs 18,28 ) essendo considerata come la capitale di quel popolo, e la Scrittura menziona assai spesso i sette popoli che Dio aveva promesso di sterminare davanti al suo popolo e uno di essi è chiamato degli Amorrei, tranne che si tratti di una denominazione generale di tutti o meglio della maggior parte di loro, di modo che sotto quel nome fossero compresi più popoli, non uno solo, di quei sette, sebbene uno solo di quei sette popoli si chiamasse in senso proprio Amorreo; così c'è una parte dell'Africa propriamente detta Libia, sebbene questo nome si possa applicare a tutta quanta l'Africa, come pure c'è una parte propriamente detta Asia, sebbene alcuni abbiano riferito che l'Asia è addirittura la metà o altri un terzo di tutto il mondo.

Come infatti si sa, anche i cananei sono menzionati come un popolo tra quei sette e tuttavia tutto quel paese originariamente si chiama Canaan.

16. ( Gs 11,14-15 ) Dio non è crudele quando castiga i peccati

Giosuè non lasciò in essa nessun vivente. Come il Signore aveva ordinato al suo servo Mosè, e come Mosè aveva ordinato a Giosuè, [ questi ] lo eseguì senza trascurare nulla di quanto il Signore aveva ordinato a Mosè.

In nessun modo si deve pensare che fosse una crudeltà il fatto che Giosuè non lasciava nessun vivente nelle città consegnatesi a lui, poiché così aveva comandato Dio.

Coloro però che in base a questo ordine pensano che Dio stesso era crudele e perciò non vogliono credere che il vero Dio fu l'autore dell'Antico Testamento, giudicano falsamente tanto le opere di Dio quanto i peccati degli uomini, ignorando che cosa ognuno merita di patire e stimando un gran male il fatto che si abbattono edifici destinati a cadere e muoiono esseri soggetti alla morte.

17. ( Gs 11,19 ) Gli Ebrei poterono conquistare assolutamente tutte le città

E non ci fu città che non si era consegnata ai figli d'Israele.

Come mai - ci domandiamo - ciò può essere vero dal momento che in seguito, né al tempo dei Giudici, né al tempo dei Re gli Ebrei poterono conquistare assolutamente tutte le città di quei sette popoli?

Perciò o si deve intendere la frase nel senso che Giosuè, nel fare la guerra, non assaltò nessuna città senza conquistarla, o per lo meno nessuna delle città situate nelle regioni menzionate prima restò senza essere conquistata.

Sono infatti menzionate le regioni in cui si trovavano le città a proposito delle quali è fatta la seguente ricapitolazione: e tutte le conquistò combattendo.

18. ( Gs 11,20 ) Quando Dio abbandona, la sua condotta è giusta e ispirata da un disegno misterioso della sua sapienza

Poiché per mezzo del Signore avvenne che il loro cuore si rinforzasse di modo che andarono in guerra contro Israele per essere sterminati, e così non fu concessa loro misericordia ma furono sterminati come il Signore aveva detto a Mosè.

Qui abbiamo l'espressione: per mezzo del Signore avvenne che il loro cuore si rinforzasse, cioè si ostinasse il loro cuore, come si legge del Faraone. ( Es 7, 3.22; Es 8,19 )

Ora, quando Dio abbandona e se ne impossessa il nemico, non si deve dubitare affatto che la sua condotta è giusta e ispirata da un disegno misterioso della sua sapienza.

Tale è la spiegazione della frase da dare in questo caso come in quello precedente.

Ma ora si presenta un altro problema: come mai la Scrittura dice che s'indurì il cuore dei Cananei affinché combattessero contro Israele e perciò non meritavano alcuna clemenza?

Come se la clemenza si fosse dovuta concedere, se non avessero fatto la guerra, dal momento che Dio aveva ordinato che non si doveva risparmiare nessuno di loro e risparmiarono i Gabaoniti perché, fingendo di essere venuti da un paese lontano, avevano ritenuto vero il loro giuramento. ( Gs 9 )

Ma poiché gli Israeliti, sebbene contro il comando di Dio, mostrarono clemenza spontaneamente verso alcuni popoli, si deve pensare che la Scrittura dica che i Gabaoniti si erano sollevati in armi e di conseguenza non sarebbero dovuti essere risparmiati e gli Israeliti, incuranti del comando di Dio, non avrebbero dovuto lasciarsi piegare da quelli alla clemenza.

Per la verità non si deve credere che ciò sia potuto accadere sotto la condotta di Giosuè, il quale osservava scrupolosamente tutti i precetti di Dio.

Tuttavia nemmeno Giosuè avrebbe potuto distruggere tanto presto quei nemici, se non gli si fossero opposti tutti insieme di comune accordo; in tal modo sarebbe potuto accadere che, non essendo stati annientati da Giosuè, che si preoccupava di adempiere gli ordini di Dio, sarebbero potuti rimanere fino al tempo in cui, dopo la morte di Giosuè, avrebbero potuto avere salva la vita da coloro che non adempivano i comandi di Dio con tanta cura.

Poiché anche mentre egli era ancora in vita risparmiarono alcuni popoli sottomettendoli solo al loro potere; alcuni altri invece non poterono neppure vincerli.

Tuttavia questi fatti non avvennero sotto il comando di Giosuè, ma quando, già vecchio, non si occupava più della guerra ma solo distribuiva le terre agli Israeliti, di modo che essi, quando Giosuè non faceva più la guerra, occupavano le terre loro distribuite, in parte già sgombre dei nemici, in parte conquistate guerreggiando.

Inoltre che gli Israeliti non furono in grado di vincere alcuni popoli, apparirà senz'altro da alcuni passi della Scrittura che fu voluto dalla divina provvidenza.

19. ( Gs 16,10 ) La salita del Faraone, re d'Egitto

Efraim però non distrusse il Cananeo che abitava in Ghezer.

E il Cananeo è rimasto in mezzo a Efraim fino al giorno d'oggi, finché non salì il Faraone, re d'Egitto, e prese la città, la incendiò e passò a fil di spada i Cananei, i Ferezei e gli abitanti di Gazer; e il Faraone la diede in dote a sua figlia.

Sarei curioso di sapere se questa affermazione relativa al Faraone si deve intendere in senso profetico, dal momento che questa notizia storica si crede scritta al tempo in cui erano accaduti quei fatti quasi contemporanei.

Ma quale importanza aveva quel fatto per essere scelto ad essere annunciato profeticamente, quando si raccontano fatti passati e invece non vengono registrati fatti futuri più importanti e assai necessari?

Per questo motivo si deve piuttosto pensare che i Settanta traduttori, che si narra abbiano tradotto per ispirazione profetica, con un mirabile accordo esistente tra loro, aggiunsero quel fatto non per fare la predizione di un evento futuro ma, poiché vivevano al tempo in cui ricordavano che era avvenuto e lo avevano letto nei libri dei Re. ( 1 Re 4, 14 sec. LXX )

In effetti era avvenuto al tempo dei Re. Ciò mi pare più probabile, poiché abbiamo visto la traduzione fatta dall'ebraico e non ve l'abbiamo trovato; così non abbiamo trovato nemmeno quanto si dice di Gerico, che Hoza, il quale l'avrebbe ricostruita, incorse nella maledizione pronunciata da Giosuè.

Così infatti sta scritto: In quel giorno Giosuè fece questo giuramento: Maledetto l'uomo che risusciterà e riedificherà questa città; egli pose le fondamenta sopra il suo primogenito e sul figlio minore pose le sue porte. ( Gs 6,26 )

Così troviamo fin qui nella traduzione fatta dal testo ebraico; lì però non si legge la pericope che segue, e cioè: e così fece Hoza che era di Bethel; sul primogenito Abiron pose le fondamenta di essa e sull'ultimo suo figlio, salvato la seconda volta, pose le sue porte. ( 1 Re 16,34 )

Di qui risulta evidente che questa pericope fu aggiunta dai Settanta, i quali sapevano che era successo così.

20. ( Gs 19,47 ) Gli Amorrei tributari degli Ebrei

E l'Amorreo rimase abitando in Elom e in Salamin e la mano di Efraim si appesantì su di essi e divennero loro tributari.

Ciò si compiva già contro il precetto del Signore mentre era ancora in vita Giosuè, ma non era più il loro comandante nelle battaglie a causa della vecchiaia.

Ecco perché la Scrittura dice che fu il Signore a far sì che si ostinasse il cuore di coloro che si erano messi d'accordo di andare in guerra contro Giosuè ( Gs 11,20 ) affinché non fosse accordata loro questa misericordia, anche contro il comando di Dio ( Gs 21,20 ) se quando Giosuè fosse vecchio e già morto fossero rimasti senza essere stati vinti e fossero stati lasciati per essere vinti dai figli di Israele, i quali potessero aver salva la vita contro il comando del Signore, cosa che Giosuè non avrebbe fatto.

21.1. ( Gs 21,41-43 ) Perché Israele non distrusse i popoli che possedevano la terra promessa

Con ragione si pone il quesito per sapere in quale senso si deve intendere il testo della Scrittura che si riporta qui di seguito, poiché Israele, non solo fino alla morte di Giosuè, ma anche dopo non distrusse i popoli che possedevano la terra promessa, sebbene si fossero ormai stabiliti nella terra promessa dopo averne annientato in parte gli indigeni; il testo dice: E il Signore diede a Israele tutta la terra che aveva giurato di dare ai loro padri, la ebbero in eredità e vi abitarono.

E il Signore concesse loro la pace [ con tutti i popoli ] all'intorno; come aveva giurato ai loro padri; nessuno dei loro nemici poté resistere davanti a loro.

Il Signore mise tutti i loro nemici nelle loro mani, non cadde a vuoto nessuna delle parole buone dette dal Signore ai figli d'Israele; si compirono tutte.

21.2. Si devono dunque esaminare tutte attentamente.

E anzitutto si deve considerare la terra di quanti popoli fu promessa agli Israeliti.

Sembra che siano menzionati ripetutamente almeno sette popoli, come si legge nell'Esodo: E il Signore disse a Mosè: " Va', sali di qui tu e il tuo popolo, che hai condotto fuori dall'Egitto, verso la terra da me promessa con giuramento ad Abramo, Isacco e Giacobbe dicendo: "La darò ai vostri discendenti".

E nello stesso tempo invierò davanti a te un angelo e scaccerà l'Amorreo e il Cetteo e il Ferezeo e il Gergeseo e l'Eveo e il Gebuseo e il Cananeo ". ( Es 33,1-3 )

Sembra dunque che sia la terra di questi sette popoli quella promessa da Dio ai Patriarchi.

Anche nel Deuteronomio sta scritto molto più chiaramente: Se poi ti avvicinerai a una città per assalirla e li inviterai in uno spirito di pace; se ti risponderanno parole di pace e ti apriranno, tutto il popolo, che saranno trovati nella città ti pagheranno un tributo e ti saranno sottomessi; se invece non ti si sottometteranno e faranno la guerra contro di te, assedierai la città e il Signore te la darà nelle tue mani e tu ucciderai ogni maschio a fil di spada eccetto le donne e la suppellettile; tutte le greggi e tutto ciò che si troverà nella città e tutti gli utensili li prenderai come bottino per te; e mangerai tutto il bottino dei tuoi nemici che il Signore tuo Dio ti darà.

Allo stesso modo ti comporterai con tutte le città che saranno assai lontane da te, che non fanno parte delle città di questi popoli.

Ma ecco, nelle città che il Signore tuo Dio ti darà perché tu le erediti sulla loro terra, non lascerai vivo alcun essere che respira, ma dovrai votarli all'anatema: il Cetteo, l'Amorreo, il Cananeo, il Ferezeo, l'Eveo, il Gebuseo e il Gergeseo, come te l'ha comandato il Signore tuo Dio. ( Dt 20,10-17 )

Anche qui risulta evidente che era la terra di quei sette popoli quella promessa in eredità, che gli Israeliti avrebbero posseduto dopo aver sconfitto decisamente fino allo sterminio i medesimi popoli.

Quanto agli altri popoli che si trovavano più lontano al di fuori di questi, il Signore volle che divenissero tributari degli Israeliti, se non avessero opposto resistenza; se però si fossero opposti dovevano essere uccisi anch'essi e venire dispersi, eccetto il bestiame e le altre cose che avessero potuto costituire il bottino.

Parimenti in un altro passo del Deuteronomio si legge quanto segue: E accadrà che, quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nella terra in cui entrerai per ereditarla e avrà distrutto grandi e numerose nazioni al tuo cospetto, il Cetteo, il Gergeseo, l'Amorreo, il Cananeo, il Ferezeo, l'Eveo e il Gebuseo, sette nazioni numerose e più forti di voi, e il Signore tuo Dio te le darà nelle tue mani e le sbaraglierai, le sterminerai completamente.

Non stabilirai alleanza con esse e non devi aver pietà di esse né unirvi in matrimonio con esse; non darai tua figlia a suo figlio né prenderai sua figlia per tuo figlio, ( Dt 7,1-3 ) ecc.

21.3. Perciò da questi e da altri passi della Scrittura viene dimostrato spesso che i figli di Israele ricevettero in eredità le terre di questi sette popoli, in modo che le abitarono non con coloro che le possedevano ma al posto di essi.

Tuttavia nella Genesi alla discendenza di Abramo vengono promessi non solo questi sette popoli ma undici.

Così infatti si legge: Quel giorno il Signore stabilì una alleanza con Abramo nei seguenti termini: ai tuoi discendenti darò questa terra che si stende dal fiume dell'Egitto fino al gran fiume, l'Eufrate: i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, i Cetei, i Perizziti, i Refaim, gli Amorrei, i Cananei, gli Evei, i Gergesei e i Gebusei. ( Gen 15,18-20 )

Questo problema si risolve intendendo il testo come una lontana profezia secondo la quale Salomone avrebbe esteso e ampliato fino a quelle terre il regno; di lui la Scrittura dice: E tutto quello che Salomone si era proposto di fare, che aveva deciso di costruire in Gerusalemme e nel Libano e in tutto il territorio del suo dominio; quanto a tutta la popolazione che era rimasta degli Amorrei, degli Ittiti, dei Fereziti, degli Evei, dei Gebusei, i quali non erano Israeliti, dei figli di coloro che erano rimasti nel paese e che gli Israeliti non avevano potuto sterminare e Salomone li fece tributari fino ad oggi. ( 1 Re 10, 22 sec. LXX )

Ecco qual è il resto dei popoli che dovevano essere sconfitti e sterminati completamente per ordine di Dio; Salomone li sottomise riducendoli a tributari mentre, secondo l'ordine di Dio, avrebbe dovuto sterminarli; essi tuttavia furono sottomessi e ridotti sotto il dominio [ d'Israele ] come tributari.

Poco dopo si legge: [ Salomone ] stendeva il suo dominio su tutti i re dal fiume fino al paese dei Filistei e fino ai confini dell'Egitto. ( 1 Re 10, 26 sec. LXX )

Ecco il passo in cui si afferma avverato ciò che Dio aveva predetto ad Abramo nella Genesi, quando gli parlò e gli fece la promessa.

Dal fiume, infatti, qui s'intende " dall'Eufrate ", poiché in quei luoghi si può intendere trattarsi del grande fiume anche senza aggiungere il nome proprio.

Non può infatti trattarsi del Giordano, poiché gli Israeliti avevano già conquistato i paesi siti tanto di qua che di là del Giordano, anche prima del regno di Salomone.

La Scrittura, dunque, nel Libro dei Re dice che il regno era esteso dal fiume Eufrate a Oriente fino al paese d'Egitto, che per gli Israeliti era ad Occidente.

Allora perciò il territorio dei sudditi [ di Salomone ] era più esteso che non quello occupato da quei sette popoli; e perciò furono allora assoggettati non sette ma undici popoli.

Come sta scritto nel Libro dei Re: Fino ai confini dell'Egitto a partire dal fiume - volendo la Scrittura mostrare quanto fosse esteso il regno da Oriente a Occidente - è detto nella Genesi quando viene delimitato dall'Occidente fino all'Oriente: dal fiume d'Egitto fino al gran fiume, il fiume Eufrate. ( Gen 15,18 )

Ora il fiume d'Egitto, il quale è il confine che separa Israele dall'Egitto, non è il Nilo, ma è un altro fiume non grande che scorre attraverso la città di Rinocorura, a Oriente della quale già inizia la terra promessa.

Così dunque era stato ordinato ai figli d'Israele di abitare i paesi dei sette popoli dopo averli sterminati e uccisi e di estendere la loro sovranità sugli altri popoli assoggettati e resi tributari fino all'Eufrate. E sebbene non avessero ubbidito a Dio riguardo a questo comando, poiché anche di quei popoli che avrebbero dovuto sterminare alcuni li avevano solo sottomessi [ a pagare un tributo ], tuttavia Dio al tempo di Salomone adempì la promessa.

21.4. Orbene, in qual modo sarà vera l'affermazione contenuta nel libro di Giosuè, figlio di Nun, che ci siamo impegnati di esaminare, e cioè: E il Signore diede a Israele tutta la terra che aveva giurato di dare ai loro padri; e ne vennero in possesso?

In che modo il Signore diede loro tutta la terra essendo ancora vivo Giosuè quando non avevano ancora vinto il resto di quei sette popoli?

È vero ciò che segue: e la possedettero, poiché stavano lì e vi si erano stabiliti.

È vero ciò che il testo aggiunge di seguito: E il Signore diede loro pace d'ogni intorno, come aveva giurato ai loro padri, poiché, vivendo ancora Giosuè non si era arreso loro il resto di quei popoli - è vero - ma nessuno di essi osava provocarli a far guerra nelle terre in cui si erano stabiliti.

Ecco perché è detto quanto viene aggiunto di seguito: nessuno fra i loro nemici poté resistere loro.

Ciò che invece è detto subito dopo: e il Signore mise i loro nemici nelle loro mani, si deve intendere dei nemici, che osarono assalirli in guerra.

L'espressione che viene di poi: Di tutte le buone promesse che Dio aveva fatto ai figli d'Israele non ne cadde a vuoto nessuna: si compirono tutte, si deve intendere nel senso che, pur avendo gli Israeliti operato contro il comando del Signore risparmiando la vita ad alcuni di quei sette popoli e facendoli tributari, erano tuttavia rimasti ancora sani e salvi tra loro.

Avendo perciò detto la Scrittura: di tutte le promesse, aggiunse: buone, poiché non erano sopraggiunte ancora le maledizioni stabilite per coloro che avevano disprezzato e trasgredito il comando del Signore.

Resta dunque che l'espressione: Il Signore diede a Israele tutta la terra che aveva giurato di dare ai loro padri, s'intenda nel senso che, anche se di quei popoli ce n'era ancora un resto da distruggere e da sterminare o di quelli presso il fiume Eufrate o da sottomettere se non si fossero opposti o da sterminare se si fossero opposti, tuttavia erano stati lasciati per loro utilità, perché fossero molestati da essi, cioè per evitare che, snervati da sentimenti e passioni carnali non fossero poi in grado di sopportare in maniera modesta e vantaggiosa una sì grande e repentina prosperità di condizioni temporali, ma insuperbiti andassero presto in rovina, come sarà dimostrato opportunamente in un altro passo.

Quella terra fu dunque data tutta quanta a loro, poiché anche la parte, che ancora non era stata data in possesso, era già stata concessa perché servisse - per così dire - a metterli alla prova.

22. ( Gs 21,42 ) Nessun popolo resistette all'invasione ebrea

Quanto a ciò che dice la Scrittura: E nessuno dei loro nemici poté resistere ad essi si può domandare in che modo è vero, dal momento che poco più sopra, a proposito della tribù di Dan, sta scritto che non permisero ai loro nemici di scendere nella valle e li vinsero sui monti. ( Gs 19,47 )

Ma, come abbiamo esposto dove la Scrittura afferma che i dodici figli di Giacobbe nacquero in Mesopotamia in cui Beniamino non era nato,1 anche qui dobbiamo intendere che le undici tribù sono contate come se fossero tutto il popolo in base alla regola che ci è ben nota per altri passi delle Scritture.

Se però si cerca la causa perché questa tribù nel sorteggio delle terre non ne aveva ottenute di sufficienti e da coloro che le possedevano fu molestata, si deve pensare che si trova certamente nel segreto disegno di Dio.

Tuttavia quando Giacobbe benedisse i suoi figli pronunciò - a proposito di questo Dan - tali cose ( Gen 49,17 ) che alcuni pensano che l'Anticristo uscirà da quella tribù.

Su questo tema non ci interessa di parlare più a lungo, per il fatto che questo problema potrebbe risolversi intendendo la frase: nessuno dei loro nemici poté resistere loro nel senso che ciò si avverò fin tanto che tutte le tribù fecero la guerra insieme sotto il comando d'un solo capitano, prima che fosse diviso il territorio che ogni tribù avrebbe dovuto difendere come proprio.

23. ( Gs 22,27 ) Il solo sacrificio della salvezza

E con i sacrifici delle nostre salvezze. Poiché parla di sacrifici al plurale, usa al plurale anche il termine salvezza.

A questo proposito bisogna osservare attentamente che di solito si dice " sacrificio della salvezza " poiché, se ammetteremo che Cristo è chiamato salvezza di Dio, ( Lc 2,30 ) non si vede qual senso può darsi a questa parola se usata al plurale, poiché uno solo è il Signore nostro Gesù Cristo, ( 1 Cor 8,6 ) quantunque alcuni siano chiamati cristi per sua grazia, come si legge nel Salmo: Non toccate i miei cristi; ( Sal 105,15 ) ma salutaris [ che porta salute o salvezza ] può forse essere usato al plurale e dire salutares o salutaria?

Non dobbiamo affermarlo senz'altro, poiché Egli solo è il salvatore del corpo. ( Ef 5,23 )

24. ( Gs 23,14 ) Ciò che Giosuè dice riguardo alla sua morte imminente

Quanto a ciò che Giosuè dice riguardo alla sua morte imminente: Io però me ne vado per la via come anche tutti coloro che vivono sulla terra, nella traduzione dall'ebraico troviamo: Io entro nella via.

In questo senso dunque si deve intendere il termine recurro usato dai Settanta, come fu detto all'uomo: Finché non torni alla terra dalla quale sei stato tratto, ( Gen 3,19 ) affermazione da intendersi riguardo al corpo; se invece la vorremo intendere riferita all'anima, come nell'Ecclesiaste si afferma: E lo spirito tornerà a Dio che l'ha dato ( Qo 12,7 ) non credo che possa applicarsi indistintamente a tutti gli uomini, ma solo a coloro che siano vissuti in modo da meritare di tornare a Dio come all'autore, dal quale sono stati creati.

Ciò infatti non può intendersi correttamente di coloro di cui si dice: spirito che va e non torna. ( Sal 78,39 )

Se però questo santo uomo di Giosuè, figlio di Nun, non avesse aggiunto: come tutti coloro che vivono sulla terra, non ci sarebbe alcun problema, poiché non penseremmo di lui nient'altro che quanto leggiamo essere degno di lui.

Ma poiché egli aggiunse l'espressione: come anche tutti coloro che vivono sulla terra, sarebbe strano se ciò che il traduttore latino rese con recurro [ percorro; corro attraverso ] non si dovesse esprimere piuttosto con percurro [ percorro; corro attraverso ] o con excurro [ corro in fretta; percorro ] se ciò può essere significato dal verbo άποτρέχω che ha il testo greco.

Tutti infatti percorrono, o percorrono in fretta la via della vita terrena, quando sono giunti alla sua fine.

Ma siccome questo verbo è usato nel passo in cui i genitori di Rebecca dicono al servo di Abramo: Ecco Rebecca, prendila e va' di corsa e sia la moglie del figlio del tuo padrone, ( Gen 24,51 ) perciò anche qui è stato tradotto così questo verbo.

25. ( Gs 24,3 ) Analisi di una interpretazione dei Settanta

Ciò che la traduzione fatta dai Settanta esprime nei seguenti termini: e presi il vostro padre Abramo da di là del fiume e lo condussi in tutta la terra, la traduzione fatta dall'ebraico lo esprime così: e lo condussi nella terra di Canaan.

Parrebbe strano che i Settanta volessero indicare tutta la terra invece della sola terra di Canaan, salvo che avessero presente al loro spirito una profezia, di modo che s'intenda come un fatto verificatosi per la promessa di Dio ciò che con assoluta certezza si preannunciava sarebbe accaduto riguardo a Cristo e alla Chiesa, che è la vera discendenza di Abramo formata non già dai figli della carne ma dai figli della promessa. ( Rm 9,8 )

26. ( Gs 24,11 ) C'è una guerra quando c'è un'inimicizia in certo qual modo armata

E hanno fatto guerra contro di voi gli abitanti di Gerico.

Ci possiamo domandare come ciò sia vero, dal momento che quelli si difesero solo dentro la cerchia delle mura dopo aver chiuso le porte.

L'espressione però è giusta, poiché anche il chiudere le porte contro il nemico è un'azione di guerra, perché non inviarono ambasciatori a chiedere la pace.

Di conseguenza, se l'agiografo avesse detto: " combatterono contro di voi " sarebbe contrario alla verità.

La guerra infatti non comporta battaglie continue ma talora frequenti, talora invece rare, talora nessuna.

Tuttavia c'è una guerra quando c'è un'inimicizia in certo qual modo armata.

27. ( Gs 24,12 ) Le vespe a protezione degli Israeliti

Che significa ciò che, tra le altre cose che Giosuè di Nun ricorda essere state fatte dal Signore a protezione degli Israeliti, dice: mandò innanzi a voi le vespe e li scacciò davanti a voi?

Ciò si legge anche nel libro della Sapienza, ( Sap 12,8 ) ma tuttavia in nessun passo si trova che sia accaduto tra i fatti narrati dalla storia.

Ha forse l'agiografo voluto con la parola vespe presa in senso traslato fare intendere i pungiglioni assai dolorosi della paura, con cui in certo qual modo per le notizie che si spargevano rapidamente venivano tormentati perché fuggissero?

Oppure ha voluto farci intendere gli spiriti occulti dell'aria, poiché nel Salmo si dice: per mezzo degli angeli cattivi, ( Sal 78,49 ) salvo che uno dica che non tutti i fatti accaduti sono stati registrati e anche questo fatto accadde visibilmente e di conseguenza vuol fare intendere trattarsi di vere vespe?

28. ( Gs 24,19 ) Servire Dio in modo perfetto è impossibile

Che significa ciò che Giosuè disse al popolo: Non potrete servire il Signore, poiché Dio è santo?

Vuol forse dire che è incompatibile per la fragilità umana il conformarsi in qualche modo con la santità di lui con un culto perfetto?

All'udire ciò gli Israeliti avrebbero dovuto non solo scegliere il servizio di Dio ma anche attendere il suo aiuto e la sua misericordia, come lo aveva capito l'autore del Salmo che dice: Non entrare in giudizio con il tuo servo, poiché nessun vivente sarà giustificato dinanzi a te. ( Sal 143,2 )

Gli Israeliti invece preferirono avere fiducia in se stessi di poter servire Dio senza pericolo di cadere in colpa, di modo che iniziarono fin d'allora a fare ciò che l'Apostolo disse di loro: Poiché, non conoscendo la giustizia di Dio e volendo stabilire la propria, non si sono assoggettati alla giustizia di Dio; ( Rm 10,3 ) così sopraggiunse per essi la legge, di modo che si moltiplicarono i peccati, ma in seguito sovrabbondò la grazia ( Rm 5,20 ) per opera di Cristo nostro Signore, che è il compimento della legge [ di Mosè ] per la giustificazione di chiunque è credente. ( Rm 10,4 )

29. ( Gs 24,23 ) Fedeltà al Signore contro l'idolatria

Che cosa vuol dire ciò che il medesimo Giosuè dice parlando al popolo: E ora portate via gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi e rivolgete il vostro cuore verso il Signore, Dio d'Israele?

Non si può, infatti, pensare che avessero ancora nelle loro case idoli dei pagani, avendo poco prima esaltato la loro ubbidienza.

Se, al contrario, avessero ancora tenuto quegli idoli dopo tante minacce della legge, non li avrebbe accompagnati la prosperità, dal momento che proprio il Signore li castigò perché uno solo di loro aveva rubato qualcosa [ interdetta ] in forza dell'anatema.

Così, per esempio, Giacobbe disse la medesima cosa a coloro che erano venuti via con lui dalla Mesopotamia ove agli idoli veniva reso un culto così diffuso che perfino Rachele rubò gli dèi del padre, ( Gen 31,19 ) ma dopo l'ammonizione consegnarono a Giacobbe gli idoli che possedevano; ( Gen 35,2-4 ) risultò evidente che era stata detta loro quella cosa, poiché chi l'aveva detta sapeva che essi li possedevano.

Ora, al contrario, dopo questo ammonimento di Giosuè nessuno consegnò nulla di simile.

Non si deve tuttavia pensare che Giosuè diede quell'ordine senza un motivo, poiché non disse: " e ora portate via gli dèi stranieri, se ve n'è qualcuno in mezzo a voi ", ma sapendo per certo che ve ne erano: che sono - dice - in mezzo a voi.

Di conseguenza il santo Profeta vedeva che nei loro cuori c'erano idee riguardo a Dio estranee a Dio e proprio quelle ammoniva di togliere via.

In realtà chiunque immagina un Dio di natura diversa da quella di Dio, certamente porta nella sua fantasia un dio non corrispondente alla natura di Dio, un dio falso.

Chi mai infatti può immaginare Dio così com'egli è? E perciò ai fedeli, finché siamo lontani dal Signore, ( 2 Cor 5,6 ) non resta che togliere dal loro cuore i vani fantasmi che vi penetrano e s'introducono nell'immaginazione come se Dio fosse di tale o tal altra natura come di certo non è, e volgere verso di lui il cuore con spirito di fede, affinché nella maniera e nella misura che sa essere utile a noi vi penetri lui mediante il suo Spirito finché non sparisca ogni menzogna - per la qual cosa si dice che ogni uomo è bugiardo ( Sal 116,2; Rm 3,4 ) - e affinché, una volta scomparsa non solo l'empia falsità ma anche lo specchio e l'enigma, lo conosciamo faccia a faccia, come siamo conosciuti anche noi, secondo l'affermazione dell'Apostolo: Ora noi vediamo come attraverso uno specchio in un enigma, allora invece faccia a faccia; ora lo conosco in parte, allora invece lo conoscerò come anch'io sono conosciuto. ( 1 Cor 13,12 )

30.1. ( Gs 24,25-27 ) Simbologia della pietra eretta da Giosuè

E quel giorno Giosuè stabilì l'alleanza per il popolo e gli diede legge e precetti in Silo davanti alla tenda-santuario del Signore Dio d'Israele.

E scrisse queste parole nel libro delle leggi di Dio; prese poi una grande pietra e la drizzò ivi sotto il terebinto davanti al Signore.

E Giosuè disse al popolo: " Ecco, questa pietra sarà a testimonianza contro di voi, poiché ha udito tutte le parole che Dio ci ha detto, tutto ciò che vi ha detto oggi; ed essa sarà a testimonianza contro di voi negli ultimi giorni, quando mentirete al Signore Dio vostro.

Coloro che non ascoltano queste parole non soltanto superficialmente ma le sottopongono a un esame un po' più profondo non devono credere che un personaggio così grande fosse tanto stupido da credere che una pietra senza vita avesse udito le parole dette da Dio al popolo; quella pietra, anche se fosse stata foggiata da un artista in modo da riprodurre la sembianza d'una persona, sarebbe considerata come uno di coloro di cui nel Salmo si canta: Hanno orecchie ma non sentono. ( Sal 114,6 )

In effetti non è vero che gli idoli dei pagani, che sono oro e argento, ( Sal 115,4; Sal 135,15 ) sono i soli a non udire, ma se sono di pietra sentono.

Senza dubbio però con questa pietra fu simboleggiato colui che fu la pietra d'inciampo per i Giudei non credenti e pietra di scandalo che, scartata dai costruttori, divenne la pietra angolare. ( Sal 118,22; 1 Pt 2,7-8 )

Il Cristo fu prefigurato anche da quella roccia che, percossa dal bastone, fece uscire l'acqua da bere per il popolo assetato, ( Es 17,6 ) della quale l'Apostolo dice: Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava e quella roccia era Cristo. ( 1 Cor 10,4 )

Perciò questo singolare condottiero circoncise anche il popolo con coltelli di pietra; ( Gs 5,2-3 ) quei coltelli di pietra furono anche sepolti con lui, perché mostrassero un profondo mistero che sarebbe stato apportatore di beni ai loro posteri.

Così dunque anche questa pietra, sebbene eretta lì visibilmente, dobbiamo considerarla spiritualmente come una testimonianza destinata per il futuro contro i Giudei infedeli, cioè menzogneri, dei quali il Salmo dice: I nemici del Signore hanno mentito a lui. ( Sal 81,16 )

In realtà non è senza ragione che, pur avendo Mosè, fedele servo di Dio, o piuttosto Dio, per mezzo di lui, già stabilito per il popolo un'alleanza, ( Es 24, 3ss ) che si conservava nell'arca, chiamata " Arca dell'alleanza ", e nei libri della legge composti di una gran quantità d'insegnamenti religiosi e rituali e di precetti, tuttavia anche qui è detto: In quel giorno Giosuè stabilì un'alleanza per il popolo.

La ripetizione dell'alleanza è il simbolo della nuova alleanza; questa è simboleggiata anche dal Deuteronomio che significa: " seconda legge " e anche dalle Tavole della Legge rinnovate dopo essere state spezzate le prime. ( Es 34,1-4 )

Poiché doveva essere simboleggiato sotto un gran numero di figure diverse ciò che si doveva compiere in un unico modo.

Ora la pietra collocata sotto il terebinto era simbolo di ciò che il bastone era presso la roccia per fare sgorgare l'acqua, perché neppure qui la pietra si trova senza il legno.

E stava al di sotto perché Cristo non sarebbe stato esaltato sulla croce, se non si fosse sottomesso con l'umiltà o perché, al tempo in cui Giosuè, figlio di Nun, compiva quell'azione, il mistero doveva rimanere ancora velato.

Il legno del terebinto inoltre trasuda una resina medicinale, albero qui menzionato con questo nome dai Settanta traduttori, sebbene, secondo altri traduttori, si tratti di una quercia.

30.2. È davvero strano che l'uomo di Dio, Giosuè, neppure nelle ultime parole rivolte al popolo li rimproverò del fatto che risparmiarono quei popoli che il Signore aveva ordinato di mandare in rovina fino allo sterminio con l'anatema.

Poiché sta scritto così: E avvenne dopo che i figli d'Israele divennero assai potenti e sottomisero i Cananei in servitù ma non li sterminarono del tutto. ( Gs 17,13 )

La Scrittura infatti attesta che in un primo tempo essi non ne ebbero la capacità ( Gs 7, 12; Gs 17,12 ) ma ora, dopo essere divenuti tanto forti da sottometterli in servitù, il fatto di non averli anche sterminati fu una disubbidienza al comando del Signore, e ciò non lo fecero con nessun popolo quando Giosuè era a capo dell'esercito.

Perché mai dunque, nel suo ultimo discorso rivolto al popolo, non li rimproverò di essere stati negligenti nell'osservare i precetti del Signore riguardo a questo obbligo?

Forse perché - come afferma la Scrittura - prima essi non ne furono capaci, almeno prima che fossero molto forti, ed anche quando erano divenuti molto potenti si deve credere che temettero che se non avessero voluto risparmiare loro la vita quando erano pronti a sottomettersi, li avrebbero costretti a combattere più accanitamente contro di loro a causa della loro disperazione e allora non avrebbero potuto vincerli?

Il Signore dunque non volle imputare loro questo timore umano, sebbene si mostri in esso un certo indebolimento di fede; se avessero avuto una fede vigorosa avrebbero conseguito i successi che era riuscito a riportare Giosuè quando faceva la guerra.

Ma poiché non ebbero una fede altrettanto grande, anche quando erano diventati più forti dei loro nemici, per la paura che avevano di essi non osarono combattere con loro fino allo sterminio.

Quella paura derivante non da malizia o da superbia o dal disprezzo del comando del Signore, ma dalla debolezza dell'animo il Signore - come ho detto - non volle imputarla ad essi quando per mezzo di Giosuè rivolse loro l'ultimo discorso.

Ecco perché anche l'Apostolo dice: Alessandro, il ramaio, si è comportato molto male con me; il Signore lo ripagherà in proporzione di quanto ha fatto.

Di coloro invece che lo abbandonarono al momento del bisogno, non per cattiveria ma per paura, dice così: Quando dovetti difendermi la prima volta non mi rimase vicino nessuno, ma tutti mi abbandonarono; non sia loro imputato. ( 2 Tm 4,14.16 )

Indice

1 q. 1,117