Arca

Dizionario

1) Mobile in legno a forma di cassa per riporre, custodire varie cose

Sinonimo: forziere

2) Sarcofago perlopiù decorato, tomba

3) a. di Noè, secondo la Bibbia, imbarcazione che venne costruita dal patriarca Noè per salvare dal diluvio universale la propria famiglia e una coppia di ciascun essere animale


Arca dell'alleanza

Cofano sacro di legno d'acacia ricoperto di lamine d'oro, fatto elaborare da Mosè al tempo del pellegrinaggio nel deserto.

Nella parte superiore vi erano due cherubini, uno di fronte all'altro.

Da quella parte superiore, tra i due cherubini, detta propiziatorio, Dio parlava a Mosè.

L'arca era il segno della presenza di Dio.

In essa si conservavano le tavole della legge, espressione dell'alleanza, un vaso d'oro pieno di manna e la verga di Aronne.

Era al centro del luogo di culto, già durante il pellegrinaggio nel deserto.

comparve al tempo della distruzione del tempio con la conquista di Gerusalemme da parte degli assiri.

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Nella Bibbia il cofano trasportabile che Mosè fece costruire su ordine di Dio per contenervi la "testimonianza" ricevuta sul Sinai.

Il vocabolo ebraico 'aron ( arca, cofano ) è normalmente seguito da una specificazione: arca di JHWH, arca dell'alleanza, arca della testimonianza …

Le tradizioni antiche, contenute nel Pentateuco, raccontano come l'arca sia stata fatta costruire presso il Sinai da Mosè stesso su ordine di JHWH ( Es 25,10-22 e Es 37,1-9 ) e abbia poi accompagnato il popolo lungo l'itinerario del deserto ( Nm 10,33-36 ), sino al passaggio del Giordano ( Gs 3-4 ) e alla conquista di Gerico ( Gs 6 ).

Secondo i testi dell'Esodo, l'arca misurava 1,25 m di lunghezza e 0,75 m di altezza e larghezza; costruita con legno d'acacia, era ricoperta dentro e fuori d'oro puro ed era chiusa da un coperchio d'oro puro, chiamato propiziatorio ( kapporet ), su cui stavano due cherubini ad ali spiegate, l'uno di fronte all'altro.

La storia deuteronomista ha tramandato un ciclo narrativo dedicato all'arca ( 1 Sam 4,1-7,1; 2 Sam 6 ).

Custodita nel santuario di Silo, essa fu portata in battaglia a sostegno di Israele, ma i filistei la conquistarono e la tennero per sette mesi ad Asdod ( 1 Sam 4-5 ).

Ma la sua presenza causò prodigi negativi e diffuse un tale terrore mortale in tutta la città filistea, da essere rispedita in territorio israelita con doni espiatori.

Venne allora posta nella casa di Abinadah, a Kiriàt-learim.

Lì rimase sino a quando Davide la trasportò solennemente a Gerusalemme, nuova capitale del suo regno ( 2 Sam 6 ).

Dopo essere rimasta sotto una tenda appositamente innalzata, Salomone la introdusse definitivamente nel santo dei santi del nuovo tempio costruito in onore di JHWH ( 1 Re 8 ).

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Cassa ( ebr. 'aron ) di legno di acacia, 1,30 lunga, larga e alta 0,78; internamente e all'esterno rivestita d'oro, l'orlo superiore coronato di una ghirlanda d'oro; e i lati muniti di quattro anelli d'oro che, per mezzo di due spranghe di acacia foderati d'oro, ne permettevano il trasporto ( Es 25,10-22; Es 35,10ss; Es 37,1.9; 1 Re 8,7s ).

Sull'a. v'era una lastra d'oro, detta "propiziatorio" ( v. ) in rapporto al rito dell'espiazione ( Lv 4; Lv 16 ), ai cui argini poggiavano due cherubini ( v. ) d'oro battuto, probabilmente in ginocchio, l'uno di fronte all'altro.

Nell'a. erano conservate le tavole del Decalogo, statuto dell'alleanza tra Iahweh e Israele, una misura di manna e la verga d'Aronne ( Es 16,34; Nm 17,10; Ger 3,16; Ger 8,21; Eb 9,4 ).

Il propiziatorio, tra le ali dei Cherubini, era considerato trono dell'invisibile Iddio; che manifestava la sua presenza con una nube leggera ( sekina, cf. Lv 16,2; Es 24,16 ).

L'a. era l'oggetto visibile, espressione della presenza di Iahweh; che suppliva, senza pericolo d'idolatria, la mancanza di qualsiasi effige dell'Eterno.

L'a. pertanto è la testimonianza del puro monoteismo mosaico; e conservando il Decalogo era il richiamo perenne dell'alleanza solenne, sancita al Sinai ( detta perciò a. dell'alleanza ).

L'a. pertanto è il simbolo dell'unità nazionale.

Costruita poco dopo l'uscita dall'Egitto ( Es 37,1-9 ), custodita nella tenda che fungeva da santuario, seguì Israele nelle peregrinazioni per il deserto; quindi rimase a Silo, fino a Samuele ( 1 Sam 1,3.21.24; 1 Sam 2,14 ), quando fu catturata dai Filistei, in battaglia.

Essi però dovettero rimandarla, per le calamità che colpivano le loro città, dove veniva posta ( 1 Sam 4-6 ).

È il periodo oscuro del frazionamento degli Israeliti, in Canaan.

L'a. rimane così nell'oblio a Cariathiarim ( 1 Sam 6,12-7,2 ), fino a che David, il vero liberatore e unificatore d'Israele, non la trasporta solennemente sul colle Sion ( 2 Sam 6 ), da dove Salomone la fa passare splendidamente nel Santissimo, la parte più sacra del Tempio ( 1 Re 8,3-11 ).

David si ricollega così alla più pura tradizione mosaica.

L'a. scomparve definitivamente nella prima distruzione del Tempio ( 587 a. C. ).

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La presenza di Dio in Israele si manifesta in vari modi.

L'arca ne è uno dei segni visibili a duplice titolo:

- in una cassetta di 125x75x75 cm. sono racchiuse le dieci parole scritte dal dito di Dio sulla pietra ( Dt 10,1-5 );

- questa cassetta, ricoperta da una lamina d'oro, il « propiziatorio », e sormontata dai cherubini, è il trono e lo sgabello di Jahve ( Sal 132,7; 1 Cr 28,2 ).

Così Jahve « che siede sui cherubini » ( 1 Sam 4,4; Sal 80,2 ) custodisce sotto i suoi piedi la sua parola.

L'arca, riparata sotto la tenda, è come il santuario mobile che accompagna Israele dalle origini, alla partenza dal Sinai, fino alla costruzione del tempio dove sarà collocata.

Da questo momento esso passa in primo - piano e l'arca perde importanza e non se ne parla più nei testi; senza dubbio sparisce assieme al tempio al momento dell'esilio.

Sembra che nel secondo tempio il propiziatorio sia stato nel culto il sostituto dell'arca.

Con l'arca il Dio dell'alleanza manifesta la sua presenza in mezzo al popolo

- per guidarlo e proteggerlo,

- per far conoscere la sua parola ed ascoltare la preghiera.

I. Dio presente mediante la sua azione

L'arca è il segno concreto della presenza attiva di Dio durante l'esodo e la conquista della terra promessa.

L'annotazione più antica ( Nm 10,33 ) mostra Dio che in tal modo guida egli stesso le marce del suo popolo nel deserto; lo spostamento dell'arca è accompagnato da un canto bellico ( Nm 10,35; 1 Sam 4,5 ): essa è l'emblema della guerra santa ed attesta la parte che Jahve stesso, « valente guerriero » ( Es 15,3; Sal 24,8 ), prende alla realizzazione della promessa: passaggio del Giordano, presa di Gerico, lotta contro i Filistei.

Nel santuario di Silo, in relazione con l'arca, appare l'espressione Jahvesabaoth ( 1 Sam 1,3; 1 Sam 4,4; 2 Sam 6,2 ).

A motivo di questa storia di guerre l'arca conserva un carattere sacro, ad un tempo terribile e benefico.

La si identifica con Dio, dandole il suo nome ( Nm 10,35; 1 Sam 4,7 ).

Essa è la « gloria di Israele » ( 1 Sam 4,22; cfr. Lam 2,1 ),

la forza del potente di Giacobbe ( Sal 132,8; Sal 78,61 ),

la presenza del Dio santo in mezzo al suo popolo; esigenza di santità in chi le si vuole accostare ( 1 Sam 6,19s; 2 Sam 6,1-11 ),

essa manifesta la libertà di Dio, che non si lascia annettere dal popolo, pur continuando ad agire in suo favore ( 1 Sam 4-6 ).

La storia dell'arca conosce nello stesso tempo il suo coronamento ed il suo termine quando David la fa entrare solennemente fra la gioia popolare in Gerusalemme ( 2 Sam 6,12-19; cfr. Sal 24,7-10 ), dove trova il suo luogo di riposo ( Sal 132; 2 Cr 6,41s ), e quando infine Salomone la colloca nel tempio ( 1 Re 8 ).

Fino allora l'arca mobile era in qualche modo a disposizione delle tribù; secondo la profezia di Nathan ( 2 Sam 7 ) l'alleanza passa attraverso la famiglia di David, che ha fatto l'unità del popolo: Gerusalemme ed il tempio erediteranno i caratteri propri dell'arca.

II. Dio presente mediante la sua parola

L'arca è nello stesso tempo il luogo della parola di Dio.

Anzitutto perché, contenendo le due tavole della legge, perpetua in Israele la « testimonianza » che Dio rende a se stesso, la rivelazione che fa della propria volontà ( Es 31,18 ) e la risposta che Israele ha dato a questa parola ( Dt 31,26-27 ).

Arca d'alleanza, arca della testimonianza, queste espressioni designano l'arca in relazione alle clausole dell'alleanza incise sulle tavole per le due parti.

L'arca prolunga in certo qual modo, l'incontro del Sinai.

Durante le marce nel deserto, Mosè, quando vuole consultare Jahve, ottenere da lui una parola per il popolo ( Es 25,22 ) o, viceversa, pregare in favore del popolo ( Nm 14 ), entra nella tenda; lì, al di sopra dell'arca, Jahve gli parla e « conversa con lui come con un suo amico » ( Es 33,7-11; Es 34,34; Nm 12,4-8 ).

Più tardi, Amos presenterà la sua predicazione derivante dall'arca come da un nuovo Sinai ( Am 1,2 ), e proprio mentre prega davanti all'arca, Isaia riceve la sua vocazione profetica ( Is 6 ).

Analogamente « dinanzi » all'arca il fedele viene ad incontrare Dio, sia per ascoltare la sua parola come Samuele ( 1 Sam 3 ), sia per consultarlo tramite i sacerdoti, custodi e interpreti della legge ( Dt 31,9ss ), sia per pregarlo come Anna ( 1 Sam 1,9 ) o David ( 2 Sam 7,18 ).

Una specie di « devozione » all'arca che passerà anch'essa al tempio ( preghiere di Salomone 1 Re 8,30, e di Ezechia 2 Re 19,14 ).

III. L'Arca della speranza di Israele e nel NT

Geremia, dopo il 587, invita a non rimpiangere l'arca sparita, perché la nuova Gerusalemme, divenuta il centro delle nazioni, sarà essa stessa il trono di Jahve ( Ger 3,16s ), e sotto il regime della nuova alleanza la legge sarà scritta nei cuori ( Ger 31,31-34 ).

Ezechiele si serve delle immagini dell'arca, sede mobile di Jahve, per mostrare che la « gloria » lascia il tempio contaminato per raggiungere gli esiliati: Dio oramai sarà presente nel resto, nella comunità santa ( Ez 9-11 ).

Sembra che il giudaismo abbia sperato in una riapparizione dell'arca alla fine dei tempi ( 2 Mac 2,4-8 ), il che è rappresentato nell'Apocalisse ( Ap 11,19 ).

Effettivamente il NT mostra che l'arca ha trovato il suo compimento in Cristo, Verbo di Dio che abita tra gli uomini ( Gv 1,14; Col 2,9 ), che agisce per la loro salvezza ( 1 Ts 2,13 ), si fa loro guida ( Gv 8,12 ) e diviene il vero propiziatorio ( Rm 3,25; cfr. 1 Gv 2,2; 1 Gv 4,10 ).


Arca di Noè

L'arca di Noè, nel racconto biblico, è una grande imbarcazione costruita su indicazione divina da Noè per sfuggire al diluvio universale, per preservare la specie umana e gli altri esseri viventi. ( Gen 6,13-22 )

Un analogo racconto, nell'ambito dell'Epopea di Gilgameš, affonda le sue radici nella mitologia mesopotamica.

Tradizione religiosa

Ebraismo

La storia di Noè e dell'arca fu oggetto di numerosi arricchimenti nella tarda letteratura rabbinica ebraica.

Dio aveva rivelato a Noè come costruire l'Arca persino facendogli conoscere quali misure alcuni tipi di albero, anch'essi predeterminati e da lui piantati e coltivati, avrebbero raggiunto nel tempo necessario infatti non si sarebbe potuto forgiare delle assi di tali misure e per questo essi furono appunto di differenti misure corrispondenti a quelle delle assi.

Il fatto che Noè non abbia giudicato utile avvertire i suoi contemporanei del pericolo che correvano è stato in gran parte interpretato come un limite alla sua supposta rettitudine - forse quest'uomo sembrava giusto soltanto per contrasto con una generazione particolarmente corrotta?

Secondo un'altra tradizione ha effettivamente diffuso tra gli uomini l'avvertimento divino ed ha piantato dei cedri quasi centoventi anni prima dell'inondazione perché i peccatori avessero il tempo di prendere coscienza dei loro difetti e di cambiare.

Per proteggere Noè e la sua famiglia dai malvagi che rallentavano il lavoro e li malmenavano, Dio ha anche posto leoni ed altri animali selvaggi all'entrata dell'arca.

Secondo un midrash Dio o gli angeli hanno riunito gli animali attorno all'arca, con il cibo necessario; gli animali puri da korban vennero invece cercati e recuperati per rendere maggiormente apprezzabile questa Mitzvah.

Dato che ancora non si era fatta sentire la necessità di distinguere gli animali impuri dagli animali puri, questi ultimi si fecero riconoscere inginocchiandosi dinanzi a Noè quando entravano nell'arca.

Un'altra fonte afferma che è l'arca stessa che ha distinto il puro dall'impuro, ammettendo nel suo interno sette coppie dei primi e soltanto due dei secondi.

Noè, durante il Diluvio, si sacrificò giorno e notte per l'alimentazione e le cure degli animali, e non dormì una sola volta in tutto l'anno che passò nell'arca.

Gli animali erano i migliori esemplari delle loro specie e si comportarono ammirevolmente.

Tranne il cane, il corvo e Cam, le coppie si astennero da qualsiasi unione, anche al fine della procreazione in modo che il numero di creature ad uscire dall'arca fosse esattamente lo stesso che all'entrata.

Noè fu ferito dal leone, rendendolo inabile a compiere i suoi obblighi cultuali: il sacrificio realizzato dopo il viaggio fu dunque compiuto dal figlio Sem.

Il corvo, da parte sua, pose alcuni problemi, quando rifiutò di lasciare l'arca, poiché si sospetta che avesse cattive intenzioni verso una delle donne nell'arca costruita da Noè.

Tuttavia, come sottolineano i commentatori, Dio desiderava salvare il corvo, poiché i suoi discendenti erano destinati a nutrire il profeta Elia.

I rifiuti e le acque di scarico erano confinati nel più basso dei tre ponti dell'arca.

Gli umani e gli animali puri occupavano il secondo, mentre gli animali impuri e gli uccelli erano stipati nel livello più elevato.

Una tradizione diversa situa i rifiuti al ponte superiore, da cui erano gettati in mare grazie a una botola appositamente sistemata.

Pietre preziose, brillanti come in pieno giorno, fornivano la luce all'interno infatti non si potevano distinguere la luce del giorno e le tenebre della notte all'interno dell'Arca se non grazie alla luce di queste pietre durante la notte e la loro opacità durante il giorno.

Dio si assicurò che le derrate alimentari restassero sane.

Il gigante Og, re di Bashân, faceva necessariamente parte dei fortunati passeggeri, poiché i suoi discendenti sono citati nei libri successivi della Torah: a causa della sua dimensione fisica, fu obbligato a restare all'esterno, cosa che richiese di fornirgli il cibo attraverso un foro praticato nella parete dell'arca.

Cristianesimo

Gli scrittori all'inizio dell'era cristiana si cimentarono in interpretazioni molto elaborate riguardo alla storia dell'arca.

Agostino d'Ippona ( 354-430 ) nella Città di Dio dimostra che le proporzioni dell'arca corrispondono a quelle del corpo umano, immagine a sua volta del corpo di Cristo e quindi della Chiesa.

L'identificazione dell'arca con la chiesa si può ritrovare anche nel rito anglicano del battesimo, il quale consiste nel domandare a Dio "che nella sua grande pietà ha salvato Noè", di ricevere nel seno della Chiesa il battezzando.

San Girolamo ( 347-420 ) si interessò alla figura del corvo che partì dall'arca e non fece ritorno, definendolo "l'infetto uccello della corruzione" che occorre allontanare da sé grazie al rito del battesimo.

La colomba e il ramo d'olivo simboleggiarono lo Spirito Santo, poi la speranza di salvezza.

Su di un piano più pratico, Origene ( 182-251 ), replicando ad un avversario che dubitava che l'arca avesse potuto contenere tutti gli animali del mondo, sviluppò un argomento erudito riguardo alla misura dei cubiti.

Il teologo spiegò che Mosè, allora ritenuto tradizionalmente l'autore del libro della Genesi, era stato allevato nell'antico Egitto, dove il cubito aveva una misura più lunga di quella ebraica.

A quei tempi l'arca era descritta come una piramide tronca, a base rettangolare, che si restringeva verso la cima fino a una sommità quadrata di un cubito di lato.

Soltanto verso il XII secolo l'arca viene raffigurata come una scatola rettangolare dotata di un tetto inclinato.


L'arca era un cofano rettangolare portato con l'aiuto di sbarre di legno.

Sulla sua storia, vedere soprattutto Gs 3,3; Gs 6,4s; 1 Sam 4-6; 2 Sam 6; 1 Re 8,3-9.

Essa e scomparsa al momento della rovina di Gerusalemme ( o forse con il regno empio di Manasse 9 e non fu più rifatta ( Ger 3,16 ).

Es 25,10

L'arca del Signore: l'ebraico sovraccarico porta, qui e nei vv 4-5: « l'arca dell'alleanza di Jahvè ( o di Dio ) »: anche la volg. traduce: arcam foederis Domini; i LXX leggono: « l'arca del nostro Dio ».

Perché venga in mezzo a noi e ci liberi: l'arca è il segno della presenza di Jahvè ( v 7 ); ma questo stesso v indica che essa accompagnava l'esercito solo in casi eccezionali ( Gs 6,6; 2 Sam 11,11 ).

1 Sam 4,3

L'arca era terribile contro i suoi nemici ( 1 Sam 5 ) o contro coloro che la disprezzavano ( 1 Sam 6,19 ).

Qui c'è di più: la santità dell'arca, sulla quale troneggia Jahvè, la rende intoccabile.

Questa concezione primitiva del sacro ( Lv 17,1+ ) rivela un senso profondo della maestà terribile di Dio ( Es 33,20+ ).

La legge sacerdotale codifica questo sentimento: gli stessi leviti non possono, senza pericolo di morte, avvicinarsi all'arca prima che essa sia coperta dai sacerdoti ( Nm 4,5.15.20 ), né possono toccarla; per questo la portano con sbarre ( Es 25,15 ).

2 Sam 6,7

Schedario biblico

Chiesa, arca d'alleanza C 30
Presenza di Dio A 22
Dio degli eserciti A 23
Dio guerriero A 26
Cristo e Davide (Sacerdote) B 44
Cristo, Nuovo Salomone B 47
Nuovo tempio C 12
Giuseppe C 72
Maria e l'alleanza C 79
Pellegrinaggio e processione D 61
Deserto F 35

Magistero

Angelus Giovanni Paolo II 10-7-1983
La pietà cristiana onora la Vergine con l'appellativo di "Arca dell'alleanza"

Catechismo della Chiesa Cattolica

Arca di Noè 845
-- Lo Spirito Santo prepara ad accogliere Cristo 1094
-- Le prefigurazioni del Battesimo nell'Antica Alleanza 1219
Tavole della testimonianza e arca dell'Alleanza 2058
Simbolo della salvezza e arca dell'Alleanza, 2130 2130
Preghiera del popolo di Dio e arca dell'Alleanza 2578
-- 2594
In comunione con la Santa Madre di Dio 2676