Banchetto

( o convito )

Dizionario

1) Grande pranzo con molti invitati


Con il termine banchetto ci si riferisce ad un pasto collettivo contrassegnato da un carattere di ritualità.

Il pasto costituiva spesso, già in origine, un atto dotato di valenza rituale e religiosa: conservavano tale carattere non solo i banchetti rituali delle divinità, dei morti, delle cerimonie pubbliche, ma anche i pranzi privati cui assistevano, gli dei onnipresenti.

Al significato comunitario del banchetto si associavano quelli dell'ospitalità ( ξενία ) e del dono.

* * *

L'immagine di una riunione intorno ad un banchetto evoca una serie di simboli e di situazioni vitali che traducono esperienze e valori umani e religiosi.

Ugualmente la categoria biblica del banchetto si distingue per la sua rilevanza tematica e le connessioni narrative a cui viene associata, tra le quali rileviamo l'amicizia, la famiglia, la solidarietà, la vita, la celebrazione liturgica, l'esperienza della consolazione e della memoria, l'ospitalità.

Il tema appare variamente impiegato nella elaborazione pastorale mediante diverse relazioni, tra le quale ricordiamo:

banchetto ed eucaristia ( dimensione sacramentale ),

memoria del giorno del Signore ( dimensione celebrativa ),

celebrazione di alleanza e di riconciliazione ( dimensione teologica ),

simbolo sponsale del matrimonio e della famiglia ( dimensione sponsale ),

momento qualificante e visibile della comunità radunata nella fede ( dimensione ecclesiologica ),

espressione di solidarietà fraterna ( dimensione missionaria ),

segno di unità e di pacificazione ( dimensione ecumenica ),

atto di speranza nel futuro ( dimensione escatologica ).

Mediante la riproposizione della categoria biblica del banchetto intendiamo riformulare una sintesi del percorso religioso che culmina nell'evento cristiano della Pasqua, ripercorrendo le immagini bibliche più suggestive, che convergono nella centralità della "cena del Signore", culmine e fonte dell'esistenza cristiana.

Tenendo conto della fecondità del tema e della ricchezza delle sue connessioni, dopo una breve puntualizzazione terminologica, rileggeremo la categoria del banchetto alla luce del contesto della pastorale giovanile, secondo la triplice prospettiva teologale:

– banchetto: atto di fede;

– banchetto: atto di speranza;

– banchetto: atto di carità.

Lo sviluppo di queste tre dimensioni risulterà utile per la comprensione della dinamica collegata alla categoria del banchetto e per la sua tematizzazione nel contesto giovanile.

Etimologia, senso e relazioni

– Nel senso usuale con il termine banchetto ( convito, cena ) si fa riferimento al pasto principale della famiglia antica nell'ambiente biblico ( 'okoel; deipnon ), collegando al banchetto i verbi mangiare e bere.

Nella letteratura veterotestamentaria il verbo mangiare in parallelo con bere assume in senso proprio, il significato di nutrire, consumare, godere, accogliere e in senso traslato quello di sfruttare, divorare, annientare ( impiego di svariate metafore ).

Esso è in relazione con la gioia ( festa ) del pasto conviviale profano e di quello sacro-cultuale e con la stipulazione dell'alleanza ( berit, elemento di rivelazione e di unità del popolo ).

Nella letteratura neotestamentaria i verbi mangiare e bere, oltre a designare il nutrimento umano e le gioie conviviali derivanti dal banchettare ( godimento, abbondanza, amicizia ), in senso proprio indicano:

opera di beneficenza ( dar da mangiare ),

prescrizione cultuale e ascetica ( così anche il contrario: digiunare )

e condivisione della speranza escatologica come segno del compimento finale.

– La peculiarità del senso cultuale del banchetto presentato nel NT, che rappresenta la novità rispetto al pasto cultuale israelitico, è determinata dall'evento pasquale di Gesù Cristo.

Il banchetto, nel senso paolino di "pasto dedicato al Signore", "cena del Signore" ( 1 Cor 11,20 ) fonda e costituisce l'essenza del comunità riunita nel nome del Signore.

Essa trae la sua origine da Gesù stesso, nella memoria dell'ultima cena ( Lc 22,20 ), rinnovandosi nella prassi eucaristica della prima comunità cristiana, con la designazione "frazione del pane" ( At 2,42 ) che indica la celebrazione eucaristica.

A partire dalla cena pasquale, dono di Gesù agli apostoli e alla chiesa, si comprendono in una chiave teologica e spirituale più profonda le relazioni del banchetto cultuale nei racconti dell'AT, la ricchezza simbolica e la straordinaria valenza delle metafore collegate a questa categoria biblica.

"Sedersi insieme a tavola è un momento di amicizia e di intesa.

La cordialità dell'incontro conviviale è espressione comune dell'armonia delle cose e degli uomini, quale era nel progetto di Dio creatore.

Nulla meglio del convito eucaristico – mensa della Parola e del Pane di vita – può rivelarci questo amore condiscendente del nostro Dio che fa di noi i suoi figli in Gesù, e ci chiama tutti a vivere da fratelli, a immagine e preludio del regno dei cieli" ( CEI, Catechismo degli adulti, 237 ).

Il banchetto: atto di fede

Il banchetto implica in se stesso un atto di fede nella vita e nelle sue potenzialità.

Il cibo preso e la festa diventano una celebrazione della vita e segno della sua accoglienza.

Per partecipare ad un banchetto occorre stare bene, essere presenti a se stessi, accogliere l'invito e farlo proprio.

In colui che riceve l'invito si impone una partecipazione attiva, da protagonista, tutt'altro che da spettatore nel convito.

Convenire insieme attorno alla mensa e condividere il pasto impongono una presenza, un esserci.

Credere in questa presenza spinge ciascuno a prendere posto ( metafora del posto e del vestito ) nel convito, a farne motivo di riflessione e di fede, ad escludere ogni possibile inimicizia e discordia.

L'assenza di un invitato, il rifiuto della partecipazione provoca preoccupazione, domanda spiegazione e dà a pensare.

Che si tratti di un pasto familiare o di un banchetto ufficiale, che si mangi il pane della penuria o si consumi l'orgia dei buontemponi, condividere la mensa indica una comunanza di esistenza; il banchetto è atto di vita ( nutrimento per la vita ) e riconoscimento del proprio essere e del proprio posto: nella famiglia, nel lavoro, nel gruppo in festa, nella comunità ecclesiale.

Mancare al banchetto è venir meno ad un segno di unità e di solidarietà.

Inoltre il banchetto è comunicazione di vita.

Durante il pasto si pone mente al passato e si prospetta il futuro.

Si ricorda e si progetta, silenzio e parola, segno e domanda.

I convitati si osservano, si augurano salute e felicità, rivivono la storia della propria esistenza, condividendo il medesimo atto memoriale.

Essi pongono fede alla propria vicenda e la verificano, giudicando fatti e progetti, scambiandosi fiducia e promettendosi aiuto.

L'esperienza biblica del banchetto rivive le medesime attese di fede nei protagonisti principali della storia salvifica.

"È su questo sfondo umano-religioso che possiamo comprendere come la Bibbia vede i rapporti fra Dio e il suo popolo.

Quando parliamo del banchetto nella Bibbia, è necessario vedere che il banchetto non esiste, per così dire in se stesso, ma è un elemento essenziale nei rapporti speciali fra gli uomini e fra Dio e il suo popolo" ( K. Rahner ).

Fin dall'inizio il cibo è ritenuto un dono di Dio e il banchetto un mezzo privilegiato per entrare in contatto con la divinità e luogo di rivelazione.

Il pasto rappresenta la verifica della fede e dell'obbedienza al creatore:

si ricordi la vicenda primordiale della caduta ( Gen 3 ),

la condanna di distruzione per il re Baldassàr ( Dn 5,1-20 ),

il castigo inflitto ad Oloferne ( Gdt 12,10-13,10 ),

il tragico epilogo di Giuda traditore ( Gv 13,18.26s ),

le divisioni della comunità corinzia durante la cena ( 1 Cor 11,17-22 );

non meno significative sono le immagini, le metafore e le parabole indicanti il banchetto in connessione con l'ingiustizia e l'infedeltà:

l'amico che è solo compagno a tavola ( Sir 6,10; Sir 40,29 ),

che tradisce la fiducia ( Sal 41,10 ),

l'arroganza di quanti pretendono di occupare i primi posti ( Lc 14,7-11 )

e l'indigenza del povero Lazzaro ( Lc 16,21 ),

la fede della cananea ( Mc 7,26-29 )

e la punizione per il rifiuto degli invitati al banchetto del re ( Mt 22,7 ),

la critica dei "giusti" intorno ai banchetti di Gesù con i pubblicani ( Mt 9,10; Lc 19,2-10 )

e la stoltezza delle vergini che restano escluse dall'invito al banchetto nuziale ( Mt 25,1-12 ).

La fede è accoglienza del mistero ineffabile, risposta positiva alla Parola di Dio e ai suoi servitori:

così il re di Salem, Melchisedek offrì pane e vino per celebrare Dio con l'arrivo di Abram ( Gen 14,17-20) ed Abramo dopo aver concesso ospitalità e cibo ai tre uomini, ebbe fede nella rivelazione di Jahwe ( Gen 18,1-15 ).

Nel segno dell'alleanza Isacco ed Abimelec consumano un banchetto ( Gen 26,26-31 ), e Giacobbe e Labano giurarono fedeltà e posterità ( Gen 31,43-54 ).

La pedagogia di Dio che mette alla prova il suo popolo nel deserto è bene espressa in Dt 8,3: "Il Signore tuo Dio ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore".

Nella dinamica della fede del popolo ebreo, l'evento dell'esodo dall'Egitto è legato strettamente alla cena pasquale, celebrazione di liberazione e di fede in Jahwe ( Es 12,1-28.43-51 ) e conseguentemente il cammino del popolo nel deserto è costellato di altri segni conviviali, prefigurativi della rivelazione neotestamentaria: la manna ( Es 16,4-5), la carne ( Es 16,13; Nm 11,18-23 ), l'acqua dalla roccia ( Es 17,5-7 ).

Tuttavia il banchetto diventa anche luogo di prova di fedeltà a Dio.

Il popolo vivrà spesso la tentazione di entrare in contatto con altri dei, partecipando a forme conviviali idolatriche: al Sinai ( Es 32,6 ), a Moab ( Nm 25,2 ), a Canaan ( Ez 18,6.11.15; Ez 22,9 ).

Nell'ambito del banchetto si possono leggere le vicende di

Tobia e Sara ( Tb 7,10-14 ),

di Ester ( l'intero libro ruota intorno al contesto conviviale: Est 1,3; Est 2,18; Est 3,15; Est 5,4-5.12; Est 6,14; Est 7,1.7-8; Est 9,17-19 ),

di Giuditta, di Rut ( Rt 2,14-16; Rt 3,7 ),

del profeta Elia ( la fede della vedova: 1 Re 17,9-16; la fede del profeta: 1 Re 19,5-8 ),

di Eliseo ( 2 Re 4,38-44 ).

Il banchetto rappresenta un motivo di fede e di giudizio anche nella vita di Davide:

l'alleanza con Abner ( 2 Sam 3,20-21 ),

la festa per l'ingresso dell'Arca in Gerusalemme ( 2 Sam 6,18-19 ),

la parabola di Natan e il peccato rivelato ( 2 Sam 12,4-6 ).

Motivo di fede in Jahwe, la figura del banchetto è adottata dai profeti soprattutto per annunciare la nuova alleanza ( Ger 31,31-34; Ger 34,18 ).

Il banchetto in quanto rappresenta un atto sacro, cultuale e religioso è un atto di fede, sia a livello personale che comunitario.

Per questa ragione l'evento dell'alleanza è celebrato nel banchetto, alla presenza di Dio, nel contesto del sacrificio.

Alleanza, sacrificio e banchetto costituiscono una triade che postula e domanda la fede.

Tale significato assume l'ultima cena di Gesù con i suoi apostoli ( Mc 14,17-25; Mt 26,26-29; Lc 22,14-23 ).

Essa è l'ultima e definitiva domanda di fede che Gesù pone ai suoi intimi ( si noti l'atteggiamento degli apostoli dopo la cena: tradimento di Giuda, rinnegamento di Pietro, debolezza e stanchezza nell'orto, dispersione e fuga di fronte al pericolo ).

Simbolicamente il banchetto si collega al silenzio e alla solitudine della croce, dove si consuma il sacrificio vicario del Figlio-sposo dell'umanità ( cf il rapporto tra Gv 2,1-11 e Gv 19,25-30 ).

Nondimeno, dopo la risurrezione di Cristo l'immagine del convito è una riconferma di fede nel risorto:

il pasto sulle rive del lago ( Gv 21,4,12 ),

la cena di Emmaus ( Lc 24,13-35 ),

l'apparizione a mensa ( Mc 16,14 ).

Il banchetto: atto di speranza

Dopo aver considerato la dimensione della fede, nella categoria del banchetto si può intravedere il dinamismo dello speranza, secondo le espressioni conviviali prefigurate nella storia biblica, le quali hanno insieme valenza per il presente e per il futuro.

I banchetti nell'esperienza religiosa ebraica riuniscono commensali, solitamente famiglie, che vivono la stessa fede ed attendono il medesimo destino finale.

La speranza, che dice attesa di un compimento già annunciato, viene spesso raffigurata con l'idea di una banchetto escatologico, a cui prendono posto tutti gli uomini.

L'immagine del "banchetto escatologico" evoca in sé la ricchezza e la forza di questo messaggio di speranza.

Attraverso l'oracolo isaiano del banchetto escatologico ( Is 25,6-12 ) viene elaborata l'importante immagine del convito finale a cui saranno chiamati tutti i credenti, per formare l'assemblea escatologica che unificherà tutte le generazioni intorno alla stessa mensa.

La tematica del banchetto escatologico prende le mosse dall'AT, dal modello escatologico del giudaismo che soleva affermare la comunione con Dio e la salvezza finale del popolo di Israele.

Nel libro apocrifo di Henoch 62,14 si legge: "Il Signore degli Spiriti abiterà sopra di essi e mangeranno con il Figlio dell'uomo e con lui si coricheranno ed alzeranno per tutta l'eternità".

Tale immagine è presente specie nel libro del profeta Isaia, con la ripetizione e l'ampliamento delle concezione universalistiche applicate a Israele, alla fine dei tempi:

tutti i popoli affluiranno al monte di Sion ( Is 2,2-3; Mi 4,1-3 );

in Sion il Signore preparerà un lauto banchetto ( Is 25,6-7 );

tutti i popoli potranno attingere ai beni del Signore gratuitamente ( Is 55,1-3 );

coloro che rimarranno nella fedeltà dell'alleanza saranno colmati di gioia ( Is 56,6-7 ) e di gloria ( Is 60,11-14 )

mentre resteranno esclusi dal banchetto i nemici del Signore ( Is 65,13 ).

Così il convito degli ultimi tempi è presentato nei libri sapienziali attraverso la personificazione della Sapienza che invita a mangiare e a bere nella sua ricca casa ( casa dalle sette colonne: Pr 9,1-6 ) e a dilettarsi del suo nutrimento ( Sir 24,19-21 ).

Le prospettive della salvezza messianica sono raffigurate dalla soddisfazione e dalla gioia conviviale, non più dal digiuno penitenziale ( Zc 8,19-23 ).

Aspetto ricorrente del banchetto escatologico è la gioia messianica.

Infatti la consumazione del pasto sacro da parte di Israele avviene attraverso la celebrazione della festa in gioia ed esultanza ( Sof 3,14-17 ).

Durante il banchetto celebrato in nome di Dio, il popolo commemora le gesta di Jahwe e la sua alleanza, compie celebrazioni di ringraziamento e benedizioni, lodando Dio con i suoi stessi doni.

La gioia si esprime

nel mangiare le primizie della creazione di Dio e fare festa per le sue opere ( Dt 26,1-11 ),

in occasione dell'edificazione delle mura di Gerusalemme ( Ne 12,43 ),

nel contesto delle celebrazioni rituali ( Dt 12,4-7 ),

del pagamento della decima ( Dt 14,23 ),

dei primogeniti ( Dt 15,19-23 ),

nella festa delle settimane ( Dt 16,9-17 ).

Il banchetto diventa espressione corale di gioia e di festa, alla quale partecipa l'intera comunità mediante il canto e la danza.

La partecipazione al banchetto diventa atto di speranza nei riguardi del Signore, specie all'indomani della catastrofe nazionale, quando Israele sarà ridotto ad un piccolo resto e si accentuerà l'attesa profetica di un nuovo messianismo, di una nuova alleanza, ultima e definitiva, di cui è possibile ravvisare i segni prefigurativi nella stessa simbologia conviviale.

Si insinua nella predicazione di alcuni profeti la tematica della riconciliazione ( il ritornare a Dio ), di cui il banchetto è simbolo.

Desiderare di partecipare al banchetto messianico corrisponde ad una precisa volontà del popolo: ritornare a Jahwe con la speranza di ricominciare una nuova vita, di ristabilire le sorti del regno di Israele con a capo un nuovo Davide ( nell'immagine del banchetto si intersecano ulteriori temi biblici quali

la memoria della terra,

il rimpianto per il tempio,

il desiderio del regno,

l'elezione del nuovo popolo ).

Nella vita di Gesù e nella predicazione del suo messaggio si coglie uno stretto nesso tra banchetto e annuncio di speranza.

Gesù è solito prendere parte ai banchetti durante i quali si compie l'incontro con personaggi che vengono guariti, perdonati, trasformati dalla presenza del Signore e chiamati a vivere una nuova speranza.

Circa l'uso di banchettare con i pubblicani, è Gesù stesso a richiamare polemicamente il giudizio espresso dai suoi avversari: "È venuto Giovanni che non mangia e non beve e hanno detto: ha un demonio.

È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: ecco un mangione e un beone" ( Mt 11,18-19 ).

Frequentemente la partecipazione di Gesù ad un banchetto si trasforma in un atto di speranza a cui segue il gesto della liberazione:

l'amicizia con la famiglia di Lazzaro ( Lc 10,38-42 )

porterà alla liberazione dalla morte ( Gv 11,1-44 );

il banchetto nuziale a Cana rivelerà la sua missione salvifica ( Gv 2,1-11 );

la donna peccatrice riacquista la speranza e il perdono mentre Gesù è a mensa da Simone il fariseo ( Lc 7,36-50 ),

la cena a casa di Matteo-Levi ( Mt 9,10 )

rammenta la profezia isaiana pronunciata nel discorso di Nazareth ( Lc 4,16-21 ),

nel mezzo di un altro banchetto la salvezza entra nella vita di Zaccheo, come una speranza riacquistata ( Lc 19,1-10 ),

a Betania, con l'unzione viene prefigurata la nuova Pasqua ( Gv 12,1-8 ).

"Se Gesù si comporta in questo modo, è per indicare con atti concreti la riconciliazione che aveva annunciato dando inizio al suo ministero: 'Il regno dei cieli è vicino'.

Dio non fa distinzione di persona; se ha una preferenza è per i poveri e per i malati che hanno bisogno del medico perché tutti sono figli di Abramo" ( A. Feuillet ).

Con la sua presenza il Signore qualifica il significato del pasto, dandone pieno valore.

Il banchetto è una delle figure che accompagna l'annuncio del regno dei cieli e la speranza escatologica:

la moltiplicazione dei pani ( Mc 6,30-44p ),

il discorso sul digiuno ( Lc 5,33-39p ),

le spighe strappate ( Mt 12,1-8p ),

la promessa dell'acqua viva ( Gv 4,1-38; Gv 7,37-39 ),

le istruzioni sull'ultimo posto al banchetto ( Lc 14,7-11 ),

la scelta degli invitati ( Lc 14,12-14 )

e soprattutto le parabole della speranza salvifica e del perdono:

la gioia conviviale per la presenza dello sposo ( Mt 9,15p ),

la grande cena del regno di Dio ( Lc 14,15-24 ),

la festa conviviale per il figlio ritrovato ( Lc 15,11-32 ),

la rivelazione "eucaristica" che segue la narrazione della moltiplicazione dei pani nel quarto vangelo ( cf Gv 6 ).

Al posto della manna, il Signore inaugura una nuova alleanza nel suo corpo e nel suo sangue, in attesa della sua apparizione definitiva.

Si tratta di un pasto che prelude alla speranza escatologica e che fa memoria del sacrificio cruento di Cristo.

La speranza del Regno richiede l'umiltà e la disponibilità:

Gesù stesso lava i piedi ai suoi apostoli prima dell'ultima cena ( Gv 13,2-20 )

ed annuncia che berrà il vino nuovo del Regno del Padre ( Mt 26,29 )

dove tutti sperano di condividere la mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe ( Mt 8,11-12 ),

finché egli venga ( 1 Cor 11,26 ).

Il banchetto come atto di speranza viene fedelmente continuato dalla prima chiesa,

nell'attesa del battesimo dello Spirito ( At 1,4 ),

nella frazione del pane e nella preghiera ( At 2,42-48 ),

nell'esercizio dell'ospitalità ( Rm 12,13; Rm 15,24; Rm 16,6.7.10.19 )

e della solidarietà ecclesiale ( 1 Cor 10,17 ).

In tale contesto si innesta un ultimo aspetto della speranza: la vigilanza.

L'invito alla cena richiede la vigilanza fino alla fine:

essere pronti ad aprire la porta al Cristo itinerante ( Ap 3,20 )

per celebrare le nozze dell'agnello ( Ap 5,12-14; Ap 7,16-17 ),

l'invito a "vegliare il padrone imminente" ( Lc 12,35 ),

con la veste nuziale ( Mt 22,11-14 ),

perché possa compiacersi dei suoi amici fedeli e servirli a mensa ( Lc 12,37 ),

chiamandoli "beati" nella festa del Regno ( Lc 12,38 ).

Si comprende quanto stretta sia la connessione tra banchetto e speranza nella celebrazione eucaristica.

Nel Catechismo degli adulti si afferma a proposito: "La celebrazione eucaristica è dunque un'attesa che si tramuta in veglia.

Dove la commemorazione del passato e la gioia della presenza attuale sono illuminate dalla speranza nel definitivo banchetto del Regno, ora appena pregustato.

Per questo nel momento della celebrazione eucaristica la Chiesa accoglie e fa propria la speranza di tutti gli uomini, perché nel ritorno di Cristo si attui pienamente la salvezza" ( CEI, Catechismo degli adulti, 240 ).

Il banchetto: atto di carità

L'esercizio della carità può considerarsi come il prolungamento simbolico-interpretativo dell'immagine biblica del banchetto, soprattutto inteso nella prospettiva eucaristico-sacramentale.

Infatti l'Eucaristia realizza la pienezza della carità, unisce i partecipanti in un solo corpo e consente di raggiungere il più alto e profondo livello di comunione ecclesiale.

La struttura narrativa dei vangeli culmina nei racconti della passione, che ripropongono lo schema interpretativo dell'offerta di Gesù a partire dall'ultima cena fino al sacrificio cruento sulla croce.

Si può affermare che l'eucaristia è posta teologicamente e narrativamente al culmine dei racconti evangelici e sintetizza l'opera della salvezza realizzata nel mistero pasquale di Gesù.

Se la vita e la predicazione di Gesù di Nazareth sono stati contrassegnati dal messaggio dell'amore di Dio e della sua signoria, il banchetto eucaristico, che rappresenta la consegna testimoniale di Gesù alla comunità degli apostoli, costituisce il vincolo più profondo dell'amore totale verso l'umanità.

La categoria del banchetto va letta nella prospettiva della carità, dopo averla considerata in ordine alla fede e alla speranza.

Sintetizzando i principali messaggi biblici collegati a questa relazione, vogliamo sottolineare tre aspetti della relazione tra banchetto e carità.

Il primo aspetto è l'amicizia e il dono della pace.

La dimensione amicale del "mangiare comune" è fortemente accentuata nell'antica letteratura greca e nella sua nota prassi conviviale ( il simposio ).

La categoria del banchetto esprime mediante le sue dinamiche interpretative, l'unità sul piano sociale, psicologico e spirituale che si realizza tra i convitati.

Condividere il pasto diventa cammino di amicizia e un segno di riconoscimento fraterno.

Numerosi sono gli esempi biblici in questo senso.

Nell'AT il re di Babilonia concede l'ospitalità e il nutrimento al re Ioiachim, fuoriuscito dalla prigionia ( 2 Re 25,27-30 ) e similmente nel NT il re Agrippa accoglie come amico Sila, che era caduto in disgrazia; il carceriere libera Paolo e Sila dal carcere invitandoli nella sua casa ( At 16,34 ).

Desta meraviglia e scandalo l'amicizia di Gesù con i pubblicani, come il pasto di Pietro preso insieme ai non-circoncisi ( At 10,1-33; Gal 2,12 ).

Il banchetto esprime l'amicizia umana, ma nella partecipazione all'azione sacramentale, la semplice amicizia umana si traduce in un atto comunionale che diventa vincolo di fede, speranza e carità.

Il secondo aspetto, tratto dal noto problema della "cena del Signore" in 1 Cor 11,17-34, è la solidarietà ecclesiale che si traduce in termini di integrazione sacramentale, a partire dalla riflessione che Paolo sviluppa in 1 Cor 10-12 sul tema eucaristico in rapporto al corpo ecclesiale ( G. Theissen ).

Il contesto del rapporto tra eucaristia e comunione ecclesiale evidenzia una doppia problematica:

– il problema delle carni immolate agli idoli, da cui emerge l'incompatibilità del culto eucaristico con quello idolatrico dei pagani ( 1 Cor 10,14-22 );

– il problema delle divisioni e degli abusi che si verificavano in occasione della "cena del Signore", che spinge l'Apostolo a proclamare la natura dell'eucaristia, il suo significato e la sua origine ( 1 Cor 11,17-34 ).

La discriminazione provocata dalla partecipazione dei credenti ai banchetti deve essere superata dalla logica dell'amore fraterno e della solidarietà.

Paolo invita i cristiani "forti" a farsi carico dei più "deboli", evitando di dare loro scandalo e invitando tutti ad uno stile di autentico amore e di sostegno reciproco.

In tale contesto di solidarietà, il banchetto deve diventare espressione e luogo della carità.

Si possono sinteticamente riassumere i significati attribuiti al banchetto in questo contesto paolino:

– il banchetto deve essere segno del rispetto della coscienza dei "fratelli più deboli", come esercizio della libertà nella carità, che porta a non mangiare le carni immolate ad idoli ( fuggire l'idolatria );

– il banchetto deve costituire un segno di responsabilità nel costruire l'unità e la fraternità tra i credenti, nell'accogliere e integrare i bisognosi mediante la condivisione dello stesso corpo e sangue di Gesù;

– il banchetto diventa segno dell'edificazione della comunità ecclesiale secondo il principio cristologico dell'unità della Chiesa, nella molteplicità dei carismi;

– il banchetto esprime la centralità della relazione tra i credenti che esclude ogni possibile privatizzazione dell'eucaristia.

L'esercizio della carità non si esaurisce in un percorso privato, bensì domanda il dinamismo proprio della comunione ecclesiale vissuta nell'atto eucaristico e nella sua dimensione cosmica.

Il terzo aspetto è la proclamazione dell'amore di Dio in Cristo che costituisce il fondamento cristiano del convito e il motivo dell'espressione solidale tra i credenti.

In definitiva il banchetto è il più reale atto di proclamazione del mistero pasquale.

Esso, nell'ordine della carità, mirabilmente rinnova nei commensali la vita attuale del Figlio risorto dalla morte, la salvezza come il frutto acquistato da Gesù per noi: "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" ( 1 Cor 11,26 ).

La riunione ecclesiale è un atto di proclamazione e di missione, di solidarietà fraterna e di festosa attesa nella speranza.


… messianico

Su l'esempio di Is 25,6; Is 55,1-2; Sal 22,27, il giudaismo ha spesso rappresentato le gioie dell'era messianica sotto l'immagine di un banchetto ( Mt 22,2-14; Mt 26,29p; Lc 14,15; Ap 3,20; Ap 19,9 ).
Mt 8,11

… nuziale

Parabola disseminata di tratti allegorici come la precedente, e che comporta la stessa lezione: il re è Dio; il banchetto di nozze è la felicità messianica, dato che il figlio del re è il Messia; i messi sono i profeti e gli apostoli; gli invitati che li trascurano o li oltraggiano sono i giudei; i chiamati dalla strada sono i peccatori e i pagani; l'incendio della città è la rovina di Gerusalemme.
A partire dal v 11 la scena cambia e si tratta allora del giudizio ultimo.
sembra che Mt abbia messo insieme due parabole, una analoga a quella di Lc 14,16-24, e l'altra la cui conclusione si trova nei v 11s: l'uomo che risponde all'invito deve portare la veste nuziale; le opere della giustizia devono accompagnare la fede ( Mt 3,8; Mt 5,20; Mt 7,21s; Mt 13,47s; Mt 21,28s ).
Mt 22,1

Magistero

Catechesi Giovanni Paolo II 18-10-2000
L'Eucaristia, banchetto di comunione con Dio

Catechismo della Chiesa Cattolica

Banchetto di nozze dell'Agnello 546
-- 1244
-- 1335
Peccatori e banchetto messianico 589
Comunione con Dio e immagine del banchetto di nozze 1027
Banchetto celeste 1036
-- 1344
Giorno del Signore e invito al suo banchetto 1166
I segni del pane e del vino 1335
Banchetto pasquale 1340
-- 1382-1401
Banchetto eucaristico 1390
-- 1391
-- 1397
-- 1408
-- 1617
Conversione e banchetto di festa 1439
Il matrimonio nel Signore 1617
Banchetto del Regno 1642
-- 1682
-- 2618
-- 2770
-- 2837
-- 2861
La preghiera della Vergine Maria 2618
Dacci oggi il nostro pane quotidiano 2837
… pasquale Comp. 287