Itinerario

… Spirituale

Sommario

I. "Homo viator": l'uomo in cammino:
1. L'uomo essere temporale;
2. L'uomo essere in divenire;
3. L'uomo compito di se stesso.
II. Dinamismo della vita spirituale secondo la Bibbia:
1. Vita spirituale come via da percorrere;
2. Vita spirituale come crescita e maturazione.
III. Itinerari spirituali proposti lungo la storia della chiesa:
1. Le due vie;
2. L'ideale gnostico;
3. Il progresso nella carità;
4. La triplice via;
5. Itinerario della mente in Dio;
6. La salita del monte Carmelo;
7. Il cammino di perfezione;
8. Verso una mistica apostolica;
9. La piccola via.
IV. Itinerario spirituale per l'uomo d'oggi:
1. Iniziazione cristiana:
a. Acquisire una mentalità di fede,
b. Prendere coscienza delle esigenze battesimali,
c. Inserirsi attivamente nella comunità ecclesiale,
d. Integrare fede cristiana e vita quotidiana;
2. Maturazione spirituale:
a. La libertà dei figli di Dio,
b. Una fede salda e personale,
c. Discernimento spirituale,
d. Rapporto sociale creativo e costruttivo;
3. Unificazione mistica:
a. « Impressione di vivere una vita più ampia e profonda… alla presenza di una Potenza ideale »,
b. « Senso di continuità tra Dio… e la propria vita… »,
c. « Senso di immensa e fiduciosa libertà… »,
d. a Spostamento del centro affettivo-emotivo… ».

I - "Homo viator": L'uomo in cammino

Il camminare è un'esperienza primordiale, che permette all'uomo di liberarsi da un determinato luogo e di raggiungere nuove aree e mete.

L'itineranza, al di là delle occasionali migrazioni e del turismo, diviene sistema di vita nei popoli nomadi, che possono ripetere con G. K. Gibrane: « Noi, gli erranti, sempre alla ricerca della strada più solitaria, mai iniziamo un giorno là dove ne abbiamo terminato un altro, ed ogni levare di sole non ci trova là dove abbiamo ammirato la luce del vespero.

Anche quando la terra dorme, noi viaggiamo ».1

La funzione motrice ambulatoria fonda il simbolismo del cammino umano nell'ordine fisico, psichico e spirituale: l'uomo è un essere itinerante - "homo viator" secondo l'espressione di G. Marcel2 - sempre in cammino verso il raggiungimento della sua pienezza.

E paradossalmente - aggiunge G. Marcel - sembra che « un ordine terrestre stabile possa instaurarsi solo se l'uomo conserva una coscienza acuta della sua condizione itinerante ».3

Proprio il senso del dinamismo umano si è acutizzato nella cultura contemporanea, che ama « considerare le cose sotto l'aspetto della loro mutabilità ed evoluzione » ( GS 54 ).

In particolare, la visione dinamica dell'uomo è maturata sotto l'influsso di alcune correnti, come lo storicismo, l'evoluzionismo e l'esistenzialismo, nel nostro tempo:

1. L'uomo essere temporale

La concezione storica dell'uomo, propria della bibbia e del cristianesimo, si affievolì con il razionalismo illuminista per tornare ad imporsi nel secolo scorso, soprattutto ad opera di Hegel e seguaci, per i quali la realtà è storia e nulla esiste al di fuori di essa.

Questa visione riduttiva ha avuto l'effetto di fare della storia la forma dominante della cultura: « Storicità è la categoria fondamentale dalla quale l'uomo stesso, a partire da ora, deve imparare a conoscersi in modo nuovo.

Egli stesso esiste non diversamente che in quanto diveniente, e tutte le sue immagini stanno sotto il segno della storia e sono da intendere solo all'interno di essa ».4

Il divenire storico è dunque un processo di genesi della coscienza e della lenta liberazione dell'uomo, ma anche il luogo dell'azione dell'uomo per trasformare il mondo e non solo interpretarlo.5

L'uomo è un essere temporale, che non si può realizzare totalmente in un momento, ma soltanto in successione di tempi: si evolve e costruisce con la storia.

Egli perciò deve aprirsi al flusso e alla dinamica della storia, che condiziona ed attua il suo sviluppo, e nello stesso tempo agire personalmente imprimendo il proprio sigillo e realizzando un valido progetto: « La fondamentale costituzione temporale dell'uomo non vuole significare che egli vive nel tempo come in uno spazio vuoto e vi svolge il suo compito.

Il tempo non è come una forma vuota che egli riempie.

Non è neppure come un palcoscenico, su cui egli recita la parte che la vita gli assegna.

La temporalità vuole piuttosto significare che l'uomo, per la sua natura più intima, vive egli stesso legato al tempo… e produce mutazioni continue nel mondo in cui egli vive ed in se stesso ».6

Il cammino dell'uomo non si potrà perciò separare dal tempo e dalla storia.

2. L'uomo essere in divenire

Al contrario della concezione statica e fissista, l'evoluzionismo considera la realtà in continuo e necessario mutamento e progresso.

Per Teilhard de Chardin l'evoluzione non si applica solo all'origine dell'universo e della specie umana, ma è « una condizione generale cui devono piegarsi e soddisfare ormai, per essere pensabili e vere, tutte le teorie, tutte le ipotesi, tutti i sistemi.

Una luce che rischiara tutti i fatti, una curvatura che devono seguire tutte le linee: ecco che cos'è l'Evoluzione ».7

Nel tessuto del mondo, la vita dell'uomo è comunque una grande avventura, che comporta crescita verso il massimo dell'essere, maturazione, unificazione e insieme arresti, ( v. ) crisi e diminuzioni.

L'impostazione evolutiva venne progressivamente acquistando terreno nelle scienze umane, nella cultura e nella teologia.

La morale "chiusa", un sistema di abitudini immutabili, cede il posto alla morale "aperta", che è dinamismo, slancio ed esigenza di movimento.8

Il concetto di dinamica è entrato nella psicologia scientifica, onde indagare i fenomeni della vita psichica nelle forze e motivazioni che li determinano.

Anche l'agiografia ha lasciato la concezione statica per tener conto dei ritmi, dello sviluppo e della maturazione del santo nei vari periodi della sua vita.9

Infine la teologia studia il problema dello sviluppo dei dogmi allo scopo di elucidare l'identità del fatto originario attraverso le trasformazioni dei tempi che cambiano.10

3. L'uomo compito di se stesso

L'esistenzialismo, pur nelle sue diverse diramazioni, conviene nell'indicare il perenne compito dell'uomo: divenire se stesso attraverso un cammino che non avrà termine.

Per Sartre l'uomo non può essere definito poiché all'inizio non è niente: « Sarà in seguito, e sarà quale si sarà fatto…

L'uomo non è altro che ciò che si fa.

Questo è il principio dell'esistenzialismo ».11

Tutta la vita dell'uomo è orientata a costruire il suo destino, passando dall'esistenza banale e anonima a quella autentica, che consiste nell'assumere la propria situazione di essere-per-la-morte ( Heidegger ) e di essere-partecipe-al-divino ( Kierkegaard. Le Senne, Lavelle ).

In quest'ultima prospettiva, la vita dell'uomo non è una semplice ratifica della natura, ma una vocazione, cioè « la ricerca di una coincidenza di sé con sé, ossia con la parte migliore di sé ».12

In realtà questa coincidenza non si realizza mai pienamente, perché le potenze o facoltà umane possono restare inesercitate e dare origine ad uno scarto o intervallo tra il reale e l'ideale.

Io dunque non posso mai coincidere con me stesso ed è segno di doverosa umiltà confessare la propria costante infedeltà alla ( v. ) vocazione.

Non è però con il ripudiare la propria finitezza che ci si salva, ma accettando i propri limiti e colmandoli con il divino che ci è sempre offerto in partecipazione.

Solo con l'amore, perfezione dell'atto di partecipazione, in ogni azione e nell'esatto adempimento dei compiti quotidiani, si crea la persona e si diviene se stessi nella fedeltà a Dio.

L'esistenzialismo ha diffuso la consapevolezza dell'uomo come essere incompiuto, che non può arrestarsi, ma deve continuamente realizzarsi.

L'orientamento dinamico della cultura interpella il cristiano perché presti la dovuta attenzione all'aspetto evolutivo della vita spirituale, che egli è chiamato a vivere nell'attuale situazione storica.

Dobbiamo pertanto ricordare che, « tributaria del tempo a causa del suo radicamento in un'epoca determinata, la nostra vita soprannaturale lo è pure a causa delle condizioni del suo sviluppo.

La grazia infatti non sopprime la natura, ma si appoggia su di essa rispettandone le strutture e le leggi ».13

La vita spirituale ha i suoi ritmi, una sua crescita, un suo dinamismo, che occorrerà precisare alla luce della parola di Dio, della tradizione ecclesiale e dei dati culturali ed esperienziali del nostro tempo.

II - Dinamismo della vita spirituale secondo la Bibbia

La descrizione biblica della vita del credente fa intravedere la complessità dell' ( v. ) esperienza religiosa che non si lascia comprendere ed esprimere adeguatamente in concetti e simboli.

I vari aspetti della condizione cristiana sono talora presentati in prospettiva di opposizione e di antinomia [ v. Antinomie spirituali; Esperienza spirituale nella bibbia II,5,e ]: il cristiano è invitato a vivere un'esistenza definita contemporaneamente come servizio e figliolanza, gioia e mortificazione, presenza e fuga del mondo, via stretta e mensa del regno, culto e prassi, stabilità e cammino.14

Sebbene sia possibile comporre queste antinomie mediante un maggiore approfondimento del significato dei termini o a livello di vita, bisogna rinunciare ad una loro definitiva soluzione: esse esprimono la complessa situazione del cristiano in cui devono coesistere necessariamente il già e il non-ancora, la storia e l'escatologia, il peso del passato e l'azione dello Spirito.

Proprio perché chiamato a vivere in un tempo intermedio, il credente non può trincerarsi in una visione statica: ha davanti a sé un cammino da compiere, il cui tracciato generale nel suo inizio, nel suo percorso e nel suo termine è delineato dalla bibbia soprattutto con un gruppo di immagini gravitanti attorno ai simboli predominanti di "via" e di "vita".

Analizzando questa simbologia biblica [ v. Simboli spirituali ] ci sarà possibile percepire il dinamismo che guida l'itinerario del credente verso le mete cui lo chiama il Signore nel suo piano di salvezza.

1. Vita spirituale come via da percorrere

I semiti, che sono soliti esprimere le realtà spirituali con termini concreti, ricorrono alle parole via, strada, cammino per indicare il modo di vivere, la condotta morale e il comportamento religioso dell'uomo.15

Come nel mito di Ercole al bivio, che deve scegliere tra il male e la virtù, anche nella bibbia si invita l'uomo a fare un'opzione radicale per la via proposta da Dio: « Vedi, io pongo oggi davanti a tè la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie… » ( Dt 30,15-16 ).

Il tema delle due vie sviluppa l'opposizione tra il cammino dei malvagi, che è tortuoso e porta alla rovina ( Pr 21,8; Pr 12,28; Sal 1,6 ), e quello dei giusti, che è diritto e perfetto ( 1 Sam 12,23; 1 Re 8,36; Sal 101,2.6 ), consiste nel cercare la giustizia, la fedeltà e la pace ( Pr 8,20; Pr 12,28; Sal 119,30; Is 59,8 ) e conduce alla vita ( Pr 2,19; Pr 6,23 Ger 21,8 ).

All'interrogazione del fedele circa le esigenze di Dio, il profeta Michea risponde sintetizzando la vita morale dell'israelita: « Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da tè: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio » ( Mic 6,8 ).

Il Dio di Israele non si contenta di una morale generica; esige che si percorrano le sue vie meravigliose ma spesso sconcertanti: « Le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore.

Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie » ( Is 55,8-9 ).

Superando le attese umane, il cammino di Dio si specifica come partenza, uscita, esodo: Abramo deve uscire dalla sua terra per avventurarsi in un paese straniero ( Gen 12,1-5 ); il popolo eletto è segnato dell'esperienza dell'esodo dall'Egitto, quando è guidato da Dio per una via lunga e difficile a comprendere ( Es 13,17-18; Dt 8,2 ) fino all'alleanza e alla terra promessa; gli ebrei esuli, ricaduti sotto il giogo di Babilonia, sperimentano un nuovo esodo o liberazione dalla schiavitù politica, segno della liberazione che opererà il "servo di Jahve" dalla schiavitù più profonda costituita dal peccato ( Is 42,1-9; Is 53,5-12 ).

Il NT riprenderà i temi della via e dell'esodo, spiritualizzandoli e soprattutto dando loro una dimensione spiccatamente cristologica.

Non solo vi sono riferite le parole di Cristo circa le due vie ( Mt 7,13-14 ), ma il cristianesimo stesso viene chiamato semplicemente « la via » ( At 9,2; At 18,25; At 19,9.23; At 22,4; At 24,14.22 ), come per indicare che esso è ormai l'espressione definitiva della volontà di Dio.

Nei « detti dell'ingresso » ( Mt 5,3.5.10.20; Mt 18,3; Mt 19,23-24; Mt 21,31; Mt 22,12; Mt 23,13; Mt 25,10.21.23; Mc 9,47; Gv 3,5 ) Gesù pone le condizioni essenziali per entrare nel regno di Dio: soprattutto la ( v. ) conversione pronta, radicale, effettiva ( Mc 1,15; Mt 18,3; Lc 13,1-5 ) e la fede [ v. Credente ] come atteggiamento di donazione totale a Dio e a Cristo ( Mc 1,15; Mc 5,34; Mc 16,16; Gv 3,15ss; Gv 6,29; Gv 20,31 ).

Egli chiama inoltre alla sua ( v. ) sequela ( Mc 2,4; Mc 3,13; Mc 10,21; Lc 9,57-62; Gv 1,43; Gv 6,70; Gv 13,18; Gv 15,16 ), intesa come un « entrare nelle condizioni di vita di Gesù, prendere parte al suo destino ».16

La sequela impone ai chiamati asperità inaudite, che si riassumono nella rinuncia radicale al proprio io con tutte le tendenze egoistiche fino all'immolazione della vita ( Mc 8,34-35 ); ma essa aiuta a superare ogni prassi legalistica o degenerata e porta ad unificare le esigenze morali e religiose nell'amore di Dio e del prossimo.17

L'innovazione più rilevante circa la progressione spirituale dell'uomo nel mondo del divino è l'identificazione della via con Gesù: « Io sono la via » ( Gv 14,6 ).

La strada o comportamento di vita in sintonia con la volontà di Dio non è più un complesso di leggi o di atteggiamenti, ma la persona di Gesù: egli è la via, in quanto è il mediatore che rivela il Padre e costituisce l'unico accesso a lui ( Gv 14,7-9 ).

Sulla stessa linea la Lettera agli Ebrei si riferisce a Cristo capo-guida e precursore ( Eb 2,10; Eb 6,20; Eb 12,2 ), che ha inaugurato la « via nuova e vivente » di accesso a Dio: « Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne… accostiamoci… » ( Eb 10,19-22 ).

Cristo stesso è una via nuova, che permette di valicare l'abisso che separa i peccatori dalla santità di Dio ( Eb 9,8 ), e una via vivente, perché egli anima e sostiene con la sua intercessione ( Eb 7,25; Eb 13,8 ) il cammino dei fedeli verso la Gerusalemme celeste ( Eb 12,22 ).

Paolo potrà esortare: « Camminate dunaue nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto » ( Col 2,6 ) e « camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato » ( Ef 5,2 ).

Il cammino cristiano assume talora due sfumature divenendo corsa e pellegrinaggio.

Il primo aspetto, che urge ed evidenzia il dinamismo dell'itinerario spirituale, è presentato da Paolo con l'immagine sportiva della corsa allo stadio ( 1 Cor 9,24-27 ) e con il riferimento a se stesso, tutto proiettato dopo la conversione a raggiungere la corona della vita: « Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù » ( Fil 3,13-14 ).

La tensione verso il futuro diviene imperativo per i cristiani: « Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede » ( Eb 12,1-2 ).

Il popolo di Dio è inoltre un popolo di viaggiatori e di profughi ( Eb 11,13; Eb 13,9; Eb 6,18 ), che non possiede una città permanente ( Eb 13,14 ): la sua vita presente non può essere considerata che come una peregrinazione ( 1 Pt 1,1; 1 Pt 2,11 ).

I cristiani infatti, pur essendo nel mondo, « non sono del mondo » ( Gv 17,16 ) e la loro « patria è nei cieli » ( Fil 3,20 ).

La dichiarazione di Abramo: « Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a voi » ( Gen 23,4 ) è diventata una definizione dell'anima religiosa, un titolo cui ci si riferisce nella preghiera per essere esauditi ( Sal 39,13; Sal 119,19; 1 Cr 29,15 ).

S. Pietro ne deduce la spiritualità del passeggero, che non si adegua ai costumi locali in contrasto con la santità: « Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all'anima» ( 1 Pt 2,11 ).

I cristiani non sono erranti senza meta, ma pellegrini sulla « via del santuario » ( Eb 9,8 ) dove Cristo li ha preceduti procurando loro una redenzione eterna ( Eb 9,12.24-25 ).

L'affermazione circa i cristiani che « si sono accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste » ( Eb 12,22 ) non si riferisce soltanto « al primo accesso al momento della rigenerazione battesimale; esso richiama tutto il percorso della vita cristiana, un procedere sulla via aperta dal Cristo-prodromos ( Eb 10,19-20 ), e anche un arrivo progressivo che non avrà la sua realizzazione definitiva se non dopo la morte ( Eb 2,14-15; Eb 13,13 ) ».18

Il cammino dell'Esodo, che occupa un posto centrale nel pensiero religioso di Israele, conserva un valore spirituale permanente per i cristiani: « Tutte queste cose accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro» ( 1 Cor 10,11 ).

San Paolo evoca in contesto battesimale gli episodi della traversata nel deserto ( nube, mare, manna, sorgente, castigo ) per far trarre delle conseguenze morali: evitare ogni presunzione e sciocca vanità, poiché nonostante i benefici di Dio si può essere infedeli a lui nella tentazione ( 1 Cor 10,6-12 ).

La Lettera agli Ebrei ( Eb 3,7-19; Eb 4,1-11 ) intesse un'omelia sul Sal 95 esortando pressantemente ad evitare la sclerosi spirituale o indurimento del cuore che ha caratterizzato gli israeliti nel deserto e li ha esclusi dall'entrata nella terra promessa: « Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente…

Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza» ( Eb 3,12; Eb 4,11 ).

Soprattutto s. Giovanni sviluppa la tipologia dell'esodo, presentando Gesù come nuovo Mosè che guida la marcia del popolo di Dio verso il Padre.19

Come Mosè, Cristo libera gli uomini dalla schiavitù ( Gv 1,29; Gv 8,31-46; 1 Gv 3,5-6 ), li nutre con un cibo disceso dal cielo ( Gv 6,30-58 ), li raduna in comunità ( Gv 11,51-52 ), da loro una legge nuova ( Gv 1,14-18 ).

Gesù è inoltre l'agnello pasquale il cui sangue redime dal peccato ( Gv 1,29; Gv 19,31-42 ) e il serpente di bronzo, innalzato per far sfuggire alla morte ( Gv 3,14-15 ).

Al seguito di Gesù, anche i cristiani devono realizzare la loro Pasqua o passaggio da questo mondo al Padre, compiendo il loro esodo definitivo ( Gv 13,1; Gv 14,3; Gv 17,24 ).

In una prospettiva più universale, l'Apocalisse suona come un canto di vittoria intonato dopo l'epopea di un nuovo esodo quando si avvererà la piena manifestazione del Signore; intanto la chiesa vive una tensione piena di speranza: « Vieni, Signore Gesù! » ( Ap 22,20 ).

2. Vita spirituale come crescita e maturazione

L'itinerario del credente, espresso nel NT in termini di vita, comprende una triplice fase: quella iniziale costituita dalla nascita in Cristo mediante il battesimo, quella della crescita o progressiva maturazione quale compito di tutta l'esistenza terrena, e quella finale quando il trionfo della vita è completo e definitivo.

Il cristiano nasce nel battesimo, « lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo » ( Tt 3,5 ), che inserisce nel Cristo crocifisso e glorificato ( Rm 6,3-5; Gal 2,20; Fil 1,20 ) e rende figli di Dio ( Gv 1,12-13; Gv 3,1-5 ) e membri della chiesa ( At 2,38-41; 1 Cor 12,13; Ef 5,26 ).

Il battesimo, essenzialmente opera di Dio, non agisce in modo magico: presuppone fede e conversione ( At 2,38; At 16,30-31 ) ed esige un cammino di vita nuova ( Rm 6,4; Rm 3,1-15 ).

In realtà la condizione del battezzato è paradossale: vi coincidono il possesso dei beni messianici, soprattutto il grande dono dello Spirito, e insieme la fugace figura di questo mondo con i suoi limiti, condizionamenti, debolezze e peccati.

Il cristiano deve seguire il Cristo « principe della vita » ( At 3,15 ) in una dimensione operativa e morale, corrispondente all'unione ontologica realizzata dal battesimo.

S. Paolo, con una serie di imperativi derivanti da indicativi20 [ v. Gesù Cristo II,2 ], insiste perché i cristiani divengano ciò che sono, cioè conducano una vita corrispondente al loro essere in Cristo.

Ma a questo dinamismo in linea retrospettiva si aggiunge la tensione verso le ultime realtà, che sono oggetto della speranza cristiana: la mistica battesimale tende intrinsecamente alla comunione escatologica con Cristo, quando si realizzerà la completa e definitiva redenzione.

S. Paolo si sofferma a descrivere in due quadri il presente e il futuro, il già e il non-ancora; il suo pensiero è così riassunto da A. Wikenhauser: « Ora noi possediamo la caparra dello Spirito ( 2 Cor 1,22; 2 Cor 5,5; Rm 8,23 ).

Ora nel mistero del battesimo l'uomo antico è stato ucciso e una nuova vita ci è stata data, ma solo nella realtà mistico-sacramentale ( Rm 6,4ss ).

Con ciò ci è bensì stata data la garanzia che un giorno possederemo i futuri beni, ma non li abbiamo ancora.

Ci manca l'immissione nei diritti del Figlio, ci manca il corpo della risurrezione, in breve, non siamo ancora conformati all'immagine del Cristo celeste.

Sopra la nostra vita sta ancor sempre scritto: "Siamo redenti nella speranza" ( Rm 8,24 ).

Ci manca ancora la pienezza suprema del bene e della gloria.

"Anche noi, che possediamo il dono della primizia dello Spirito, sospiriamo in noi e attendiamo con brama l'adozione filiale, la redenzione del nostro corpo" ( Rm 8,23 ).

Noi siamo ancora imprigionati nel corpo terreno ( Rm 6,12; 2 Cor 5,6 ), noi viviamo ancora nella carne ( Gal 2,20 ), la tenda della nostra abitazione terrena non è ancora distrutta ( 2 Cor 5,1-4 ).

E poiché noi portiamo il prezioso tesoro in vasi d'argilla, siamo esposti ad ogni sorta di sofferenza, strapazzi, lotte, dobbiamo costantemente lottare anche contro la carne, che lotta in noi con lo spirito per la supremazia ( Gal 5,17 ).

"La nostra vita è ancora celata con Cristo in Dio" ( Col 3,3 ), essa ci sarà rivelata solo nel futuro ( Rm 8,18 ), quando l'atteso giorno "della rivelazione dei figli di Dio" spunterà ( Rm 8,19 ).

Solo la parusia adunque porta la completa redenzione, il possesso, di fatto e senza restrizioni, dei beni della salvezza ».21

Per quanto grande e profonda, la salvezza presente impallidisce dinanzi allo splendore della gloria futura: ma sia pure nella sofferenza, in sintonia con tutta la creazione che « geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto » ( Rm 8,22 ), i cristiani anelano alla perfetta figliolanza divina [ v. Figli di Dio ].

Prima di raggiungere la meta finale è necessario, però, compiere un lungo lavoro di maturazione e crescita, che il NT presenta come un passaggio da una condizione inferiore e rudimentale ad uno stadio superiore e più perfetto.

Questo progresso verso il pieno sviluppo spirituale è indicato da una serie di paragoni ispirati agli aspetti evolutivi della vita umana e denotanti la condizione iniziale e quella ideale cui tendere [ v. Maturità spirituale II ]:

a. Bambini/adulti

Mentre i vangeli privilegiano i bambini facendoli assurgere a simboli degli autentici discepoli per la loro disponibilità riguardo alle proposte divine ( Mc 10,15; Mt 18,3-4; Mt 19,14 ), le lettere del NT spingono più volte a lasciare l'età infantile « per crescere verso la salvezza » ( 1 Pt 2,2 ).

S. Paolo si lamenta con i Corinzi perché sono rimasti « neonati in Cristo » e quindi incapaci di un « nutrimento solido », ossia della comunicazione più approfondita del mistero della salvezza ( 1 Cor 3,1-3; pure Eb 5,11-14 dove si oppongono i bambini bisognosi di latte a « gli uomini fatti » ).

Occorre guardarsi dal rimanere « fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina » ( Ef 4,14 ), ma al contrario bisogna « crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Gesù Cristo » ( Ef 4,15 ).

Ancora s. Paolo precisa « Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini in quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi » ( 1 Cor 14,20 ).

Il cristiano non deve dunque restare nell'iniziazione o nello stadio infantile caratterizzato da inesperienza, incostanza, incapacità di approfondire la sapienza divina: egli è chiamato a divenire adulto in Cristo, acquisendo maturità di discernimento, impermeabilità all'errore, vita secondo la verità della carità.

b. Imperfetti/perfetti

L'incompiutezza del cristiano è un dato innegabile che Paolo contrappone alla realizzazione finale escatologica ( 1 Cor 13,11; Fil 3,12-16 ); ma essa deve essere progressivamente superata fin da questa vita avvicinandosi alla pienezza della maturità di Cristo ( Col 1,28; Ef 4,13 ).

Quando l'Apostolo afferma: « Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo» ( 1 Cor 2,6 ), non intende parlare di un gruppo esoterico di iniziati, ma di coloro che hanno raggiunto il pieno sviluppo della vita e del pensiero cristiani.

Circa il contenuto della perfezione, l'invito di Gesù ad essere perfetti come il Padre celeste ( Mt 5,48 ) significa divenire misericordiosi come lui, mentre per Giacomo uno è perfetto quando non resta indietro in nessun punto ( Gc 1,4 ), soprattutto non sbagliando nel parlare ( Gc 3,2 ) e praticando la legge perfetta della libertà, cioè il comandamento dell'amore verso il prossimo ( Gc 1,25; Gc 2,8 ).

In questa stessa linea, Paolo può indicare la perfezione nell'amore vicendevole, « pieno compimento della legge » ( Rm 13,10 ).

c. Ignoranti/maestri

Oltre al carisma magisteriale o ministero dell'insegnamento di cui usufruiscono alcuni nella chiesa ( Rm 12,7; 1 Cor 14,6.26.28; Ef 4,11 ), esiste per tutti i fedeli l'esigenza di lasciare da parte « l'insegnamento iniziale su Cristo » per passare « a ciò che è più completo » ( Eb 6,1 ).

Il passo fondamentale in questo processo dinamico verso una più approfondita conoscenza ( Col 1,10; 1 Pt 3,18 ) è il seguente: « Su questo argomento abbiamo molte cose da dire, difficili da spiegare perché siete diventati lenti a capire.

Infatti, voi che dovreste essere ormai maestri per ragioni di tempo, avete di nuovo bisogno che qualcuno v'insegni i primi elementi degli oracoli di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido.

Ora chi si nutre di latte è ignaro della dottrina di giustizia, perché è ancora un bambino.

Il nutrimento solido invece è per gli uomini fatti, quelli che hanno le facoltà esercitate a distinguere il buono dal cattivo» ( Eb 5,11-14 ).

Prima di affrontare il tema del sacerdozio di Cristo, l'autore della Lettera agli Ebrei fa le sue rimostranze perché i cristiani, nonostante il periodo di tempo trascorso dopo la loro conversione, sono rimasti all'abbiccì della dottrina rivelata e della perfezione: essi avrebbero dovuto essere ormai dei maestri, cioè dei cristiani adulti o perfetti, capaci di comprendere più profondamente e comunicare la rivelazione e addestrati dall'esercizio a discernere immediatamente e con sicurezza il bene e il male.

d. Carnali/spirituali

L'opposizione paolina tra carne e spirito ( Gal 5,16-26 ) si riflette nell'antitesi tra « esseri carnali » e « uomini spirituali » ( 1 Cor 3,1 ), che indica due categorie di persone: quelle che si fanno guidare dalla natura umana, debole e solidale con il peccato ( 2 Cor 1,12; Rm 6,19 ) e quelle che sono nella sfera dell'azione dello Spirito santo, inabitante come principio di dinamismo e di santificazione ( 1 Cor 6,19; Gal 5,18 ).

In particolare l'uomo è carnale o naturale quando vive una vita limitata ad un orizzonte puramente terrestre che lo rende incapace di accogliere i misteri di Dio; l'uomo spirituale invece è in grado di dare una corretta valutazione degli eventi e di ogni realtà perché illuminato dallo Spirito ( 1 Cor 2,13-15 ).

Il cristiano, che ha ricevuto il dono dello Spirito, è chiamato ad assecondarne l'azione camminando nello Spirito ( Gal 5,16-18; Rm 8,4 ) fino alla suprema redenzione, quando Dio darà vita ai corpi mortali per mezzo dello Spirito ( Rm 8,11 ).

Solo allora nascerà il vero ( v. ) uomo spirituale, pienamente posseduto e trasformato dallo Spirito e divenuto, sulla scia di Cristo, incorruttibile, immortale e glorioso ( 1 Cor 15,43-54 ).

Come nell'immagine del cammino, anche in quella della vita il riferimento a Cristo è essenziale.

Cristo si proclama ed è considerato «vita» ( Gv 14,6; Fil 1,21; Col 3,4 ); la maturazione del cristiano si misura in ultima analisi dal rapporto spirituale con lui.

Quantunque la crescita riguardi il campo della conoscenza di Dio ( Col 1,10 ), della fede ( 2 Ts 1,3; 2 Cor 10,15; Fil 1,25 ), della giustizia ( 2 Cor 9,10 ) e dell'amore ( 1 Cor 14,1; Fil 1,9; 1 Ts 3,12 ), il cristiano in conformità al piano divino deve tendere a riprodurre in se stesso l'immagine di Cristo mediante una progressiva partecipazione alla vita risorta di Cristo stesso ( Rm 8,29; 2 Cor 3,18 ).

La perfezione cristiana implica l'identificazione non solo con il Cristo risorto, ma anche con il Figlio di Dio nella sua vicenda umana ( Ef 4,11.20 ).

La visione individualistica è superata dal fatto che la crescita nella conoscenza e nell'amore di Cristo è orientata all'edificazione dell'intero corpo ecclesiale, raggiungendo così lo « stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » ( Ef 4,13 ).

Si può concludere che, secondo la visione biblica, « il cristiano non è mai un arrivato ( Fil 3,12 ), ma nella sua corsa in avanti, nella sua marcia verso la perfezione, aspira incessantemente a raggiungere, in virtù dello Spirito santo, la statura perfetta di Cristo ».22

Egli non può fossilizzarsi perché nel suo stadio intermedio è sollecitato sia dal passato che dal futuro a camminare e a crescere.

Alle sue spalle sta il germe di vita ricevuto nel battesimo di rigenerazione che deve svilupparsi in autentica esistenza filiale fino a raggiungere il traguardo supremo della gloria; di fronte a sé il cristiano trova il Cristo modello perfetto e via vivente per accedere alle ultime realtà.

III - Itinerari spirituali proposti lungo la storia della Chiesa

Gli scrittori di spiritualità, dall'età patristica ad oggi, non sono i semplici epigoni degli agiografi del NT: essi hanno incarnato nel proprio contesto culturale i dati biblici circa la vita spirituale accentuandone uno o l'altro aspetto e specificandone le tappe e i traguardi.

Riteniamo sufficiente al nostro scopo ripercorrere la ( v. ) storia della spiritualità per cogliere alcune indicazioni specifiche circa il dinamismo della vita cristiana e le varie fasi del suo sviluppo.23

1. Le due vie

Il tema delle due vie, ripreso dal Discorso della montagna, entra subito nella catechesi cristiana.

La Didaché si apre con queste parole: « Due sono le vie, una della vita e una della morte, e la differenza è grande fra queste due vie » ( I, 1 ).

La Lettera di Barnaba incalza: « Vi sono due vie di insegnamento e di azione: quella della luce e quella delle tenebre » ( XVIII, 1-2 ).

Pur essendo guide liturgiche, disciplinari e morali, questi documenti non descrivono la dinamica di queste vie, ma si limitano a far scegliere una volta per tutte quella della vita o della luce.

2. L'ideale gnostico

Per Clemente Alessandrino ( + 215 ca. ) la vita spirituale tende attraverso una lenta ascesa alla perfezione cristiana, che consiste nella gnosi o perfetta conoscenza di Dio.

Lo gnostico o perfetto cristiano è contraddistinto da alcune note: « In primo luogo la contemplazione, poi l'adempimento dei precetti, infine l'istruzione dei buoni »,24 cui si devono aggiungere la carità e l'apatheia o dominio sulle tendenze disordinate, che sono condizioni per giungere alla gnosi e anche ai suoi effetti.

La gnosi non è semplice contemplazione, ma un'esperienza complessa, conglobante i principali aspetti della vita cristiana.

Con accenti più ricchi e vari, Origene ( + 254 ca. ) descrive spesso il cammino verso la perfezione, vista da lui ancora nella linea della gnosi.

Egli ricorre al viaggio degli Ebrei dall'Egitto alla terra promessa per delineare le tappe della vita spirituale: al distacco dal mondo e alla lotta contro i demoni, seguono le visioni, le tribolazioni del deserto e infine la vita perfetta o gnosi, che è introduzione nei segreti della sapienza divina e insieme unione mistica con il Verbo.25

Origene sottolinea il fatto che il cammino spirituale, anche se giunto alla gnosi, non è mai terminato, poiché l'anima, sempre protesa in avanti, sembra avanzare come i nomadi con le loro tende.

Non arriva mai il momento in cui l'anima, infiammata dal fuoco della gnosi, possa perdere tempo e riposare: essa è sempre rinviata dal bene al meglio, e dal meglio a più eccelse altezze.26

3. Il progresso nella carità

S. Agostino ( + 430 ), nonostante la sua nozione di sapienza, non ha trasmesso all'Occidente la struttura fondamentale della gnosi:27 egli vede nella carità il centro, l'essenza, la misura e il fine della vita cristiana.

Il progresso nella vita spirituale è proporzionale al progresso nella carità, che può essere « incipiente, progrediente, grande, perfetta », ossia « nata, nutrita, irrobustita, perfetta ».28

L'amore è costitutivo della conversione: « Se non amaste niente, sareste uomini inerti e morti, detestabili e trascurabili.

Amate, ma fate attenzione a quello che amate »;29 anche la meta della carità, cioè la contemplazione, è costituita da un amore gioioso e dolce che da origine all'esperienza del divino.

Poiché la visione di Dio e la perfezione della carità non sono attingibili pienamente in questa vita, s. Agostino esorta ad un continuo progresso: « Sii sempre malcontento del tuo stato se vuoi arrivare a uno stato più perfetto, poiché quando ti compiaci in tè stesso, cessi di progredire.

Se tu dicessi: basta, sono giunto alla perfezione, avresti perduto tutto ».30

Lo stesso paradigma sarà adottato da molti autori occidentali, fra cui s. Bernardo ( + 1153 ) che distingue il cammino spirituale secondo i gradi dell'amore: carnale, servile, filiale, mistico, oltre che secondo i gradi dell'umiltà e della libertà.31

4. La triplice via

La divisione tripartita della vita spirituale appare già in Evagrio Pontico ( + 400 ca. ), con la classificazione di tre fasi: prassi, contemplazione, teologia.32

Maggior fortuna incontrano, tuttavia, in Occidente, la distinzione risalente allo Pseudo-Dionigi ( sec. V-VI ) di attitivà purgativa, illuminativa e unitiva33 e quella trasmessa da s. Tommaso ( + 1274 ) che parla di incipienti, proficienti e perfetti.34

I due schemi areopagitico e tomista vengono fusi nelle tre vie, adottate e diffuse dai manualisti del nostro secolo:

a. La via purgativa o degli incipienti concerne la purificazione dell'anima e la lotta contro il peccato;

b. La via illuminativa o dei proficienti consiste nella pratica positiva delle virtù;

c. la via unitiva o dei perfetti è la vita mistica di unione con Dio.35

5. Itinerario della mente in Dio

Il medio evo registra molti scritti dal titolo "via" o "itinerario", di cui il più famoso è l'Itinerario della mente in Dio di s. Bonaventura ( + 1274 ), il grande rappresentante francescano della mistica contemplativa.

Il cammino proposto in questo opuscolo si distingue dai precedenti per la sua concezione più ampia, che abbraccia gli esseri dell'universo: « Per giungere ad intuire il primo principio… occorre che noi passiamo per il vestigio che è corporeo, temporaneo e fuori di noi: questo è il primo entrare nella vita di Dio.

Occorre, inoltre, rientrare nella mente nostra la quale è immagine di Dio eterna e spirituale e dentro di noi: in tal modo si procede sulla via di Dio.

È anche necessario che noi, con l'anima rivolta al primo principio, trascendiamo verso il sempiterno e spiritualissimo, il quale è sopra di noi: questa è esultazione nel conoscere Dio e nel venerare la sua maestà ».36

Attraverso varie ascensioni o illuminazioni articolate, l'anima celebra con Cristo la sua pasqua o supremo transito, « momento mistico e segretissimo » di estasi mentale e trasformazione in Dio.

6. La salita del monte Carmelo

S. Giovanni della Croce ( + 1591 ) ricorre al simbolismo del monte [ v. Simboli spirituali ] da scalare per aiutare principianti e proficienti, che spesso rimangono ai primi gradi della perfezione non conoscendone il cammino, a raggiungere l'alto stato di perfezione, cioè l'unione dell'anima con Dio.

Mentre in altre opere descrive il cammino spirituale dalla prospettiva dell'azione divina, nella Salita del monte Carmelo il santo sottolinea l'aspetto attivo dell'uomo, che deve compiere un lavoro di spogliamento radicale e di purificazione totale da tutto ciò che non è Dio onde potersi unire a lui nell'amore.

L'ascesi purificativa è chiamata notte, e include un triplice stadio: la notte dei sensi, che consiste nel mortificare gli affetti disordinati, la notte dell'intelligenza, in Cui si avanza con la fede pura, la notte della memoria e della volontà, quando queste facoltà sono purificate dalla speranza e dalla carità.37

7. Il cammino di perfezione

Oltre a descrivere l'itinerario spirituale secondo le 7 mansioni del Castello inferiore, s. Teresa d'Avila ( + 1582 ) ricorre al paragone del cammino per trattare della preghiera come via verso la perfezione, ossia verso il Signore.

Tra i vari e progressivi gradi di orazione si distinguono la ( v. ) preghiera vocale, la ( v. ) meditazione, l'orazione infusa e la ( v. ) contemplazione perfetta.

Il cammino di perfezione non è orientato verso mete esteriori, ma verso l'interno dove abita il Maestro.

Fare orazione è conversare e vivere con lui, sapendo che lui dirige questo colloquio.

Perciò la santa prende come modello il Padre nostro e assicura che Dio eleverà alla contemplazione chi farà il possibile per non fermarsi sul cammino.38

8. Verso una mistica apostolica

Pur riconoscendo la validità generale dell'itinerario spirituale culminante nella contemplazione mistica, J. Lebreton osserva che l'esperienza dei santi rifiuta ogni schema troppo rigido: « La vita mistica è una vita contemplativa; ma la contemplazione stessa può essere come orientata verso un altro fine, l'azione apostolica o la sofferenza riparatrice ».39

Egli cita il pensiero di P. Godinez ( + 1644 ), missionario in Messico e autore di Praxis theologiae mysticae, che distingue le purificazioni dei contemplativi da quelle degli uomini apostolici: Dio vuol fare di questi degli strumenti docili per la salvezza dei fratelli.

Cosi è avvenuto in Maria dell'Incarnazione, nella cui vita il matrimonio spirituale non rappresenta il grado supremo; infatti « elevata dal 1627 al matrimonio spirituale, ella è immersa di nuovo nei 20 anni seguenti in prove penosissime… orientale non alla contemplazione, ma all'azione apostolica ».40

Il recupero del senso missionario ha portato ad elaborare una spiritualità non coincidente con quella di tipo monastico, ma volta al ministero della Parola e ispirata dal modello di Cristo e degli apostoli41 [ v. Apostolato VII ].

9. La piccola via

La ricerca di un modo semplice di realizzare l'unione con Dio è presente in autori dei sec. XVI-XVIII: Benedetto di Canfeld pubblica nel 1609 la Regola di perfezione contenente un compendio della vita spirituale ridotta al solo punto della volontà di Dio; s. Teresa d'Avita, nel Cammino di perfezione, chiama l'orazione una "scorciatoia" o "via veloce"; M.me Guyon lancia nel 1685 il suo Modo breve e tacitissimo per l'orazione; s. Luigi Grignion di Montfort ( + 1716 ) presenta la consacrazione a Maria come « una via breve, facile, perfetta e sicura per giungere all'unione con Nostro Signore nella quale consiste la perfezione del cristiano ».42

A s. Teresa di Lisieux ( + 1897 ) si deve la "piccola via", « una stradina dritta, dritta, una stradina proprio nuova », la quale consiste « in una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli tra le braccia di Dio, coscienti della nostra debolezza, confidenti fino all'audacia nella sua bontà di Padre ».43

Il successo e il valore della proposta teresiana sono individuabili nel suo proiettare l'uomo in atteggiamento di apertura e fiducia verso il Dio misericordioso del vangelo: « La piccola via è una dinamica della speranza, ispirata dalla fede, impegnata nell'amore.

È un'espressione, e prima di tutto una realizzazione, dell'essenza stessa del vangelo, il dono della misericordia, rivolto a tutti, ma in primo luogo ai poveri, ai piccoli, agli umili, a quelli che sono nella miseria, compresa quella del peccato… ».44

Da questa corsa lungo i secoli si possono trarre alcune conseguenze circa l'itinerario del cristiano:

a. Il senso dinamico della vita spirituale presentato dalla bibbia [ sopra, II ] è stato accolto e valorizzato dalla tradizione ecclesiale.

Il progresso è considerato come legge naturale della santità, tanto che tutti convengono con l'affermazione di s. Bernardo: « Chi non vuole progredire indietreggia.

Gesù Cristo è il premio della corsa.

Se vi fermate mentre egli avanza a grandi passi, non solo non vi avvicinerete alla meta, ma la meta stessa si allontana da voi »;45

b. la varietà degli itinerari, stabiliti partendo da un elemento particolare o dall'antropologia di una data epoca, dimostra che essi hanno un valore relativo.

Nessuno di essi è in grado di rivendicare il carattere di normatività assoluta o di perfetta rispondenza al vissuto cristiano.

Anche la "triplice via", adottata con opportune riserve e diffusa dai manuali di spiritualità, se si presenta nello schema degli incipienti, proficienti e perfetti, risulta generica e suscettibile di svariati contenuti; se si concretizza nelle funzioni purgativa, illuminativa e unitiva rischia di riservare a un dato periodo o fase della vita spirituale ciò che è situazione o compito permanente del cristiano in ogni stadio del suo cammino.46

Si comprende perciò la scelta di G. Thils: « Invece di tre "tappe", abbiamo cercato di tracciare la linea d'evoluzione che, partendo da un "inizio", si svolge fino al "termine"; in breve, abbiamo optato per l'immagine della curva o del grafico.

D'altra parte cercheremo di "descrivere", nel senso dogmatico del termine, ciò che questa curva rappresenta nella vita della grazia stessa, nell'evoluzione psicologica ( intellettuale e volontaria ) e finalmente nel perfezionamento dell'attività temporale d'incarnazione.

Così risponderemo meglio ad una esigenza contemporanea… ».47

Quest'orientamento, opportunamente perfezionato, ci sembra adatto al nostro scopo, che è quello di tracciare nella fedeltà ai dati biblici, nel recupero di alcuni elementi della tradizione e in riferimento all'odierna antropologia teologica, un itinerario spirituale per l'uomo del nostro tempo.

IV - Itinerario spirituale per l'uomo d'oggi

Chiunque prenda in mano un trattato di ascetica e mistica in voga nel nostro secolo trova un certo disagio a inserirsi negli schemi evolutivi da esso proposti.

Questi, nonostante richiamino in maniera concreta e significativa il dinamismo e lo sviluppo progressivo della vita spirituale, appaiono contrassegnati da un'antropologia e da condizioni di vita di un tempo tramontato.

K. Rahner ravvisa nell'itinerario verso la mistica contemplativa degli « elementi che provengono più dalla spiritualità neoplatonica che dal cristianesimo e vi risuonano ancor oggi in maniera molto sensibile »;48

G. Thiis, al seguito di Tanquerey, nota che il progresso nell'orazione non coincide sempre con il grado di santificazione e che « il fedele del mondo riterrà che tutti quei capitoli sulla via unitiva non sono per lui »;49

A. M. Besnard osserva che la vita spirituale non può catalogarsi in un sistema ordinato e lineare, perché essa è storia, in cui « interferiscono continuamente le iniziative impreviste di Dio, la libertà dell'uomo e la disdetta delle circostanze »;50

si dovrebbe infine rilevare che le vie tradizionali sono state delineate in prospettiva individualista, senza tener sufficiente conto della dimensione comunitaria e liturgica della vita cristiana.

Ponendoci all'interno della cultura attuale pare che il tracciato del cammino spirituale del cristiano d'oggi debba ottemperare ad alcune esigenze particolarmente sentite:

a. Il senso vivo della personalità umana come qualcosa di originale e irrepetibile respinge in partenza schemi troppo precisi, incuranti dei diversi ritmi di maturazione.

L'itinerario spirituale dovrà avere un carattere fluido e orientativo, che si componga con la varietà dei percorsi personali e punti sulle opzioni di base.

b. L'assunzione reale della condizione umana storica e dei suoi impegni di liberazione e promozione rifiuta un cammino orientato esclusivamente verso pratiche cultuali o separato dalla vita sociale.

Ogni concezione privatizzata dell'itinerario spirituale perde d'impatto nella mentalità del cristiano d'oggi, consapevole della sua missione di essere nel mondo fermento di libertà e di progresso, di fraternità e di giustizia.

c. Il risveglio della coscienza ecclesiale e la valorizzazione della vita comunitaria si oppongono alla fondazione di un itinerario spirituale individualisticamente orientato alla salvezza e perfezione dell'anima.

Poiché il disegno divino mira a « salvare e santificare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro » ( LG 9 ), ma nella comunità ecclesiale, il cammino dell'uomo fedele alla rivelazione non può prescindere dalla vita della ( v. ) chiesa, e in particolare dal ritmo sacramentario che coinvolge l'intera esistenza del cristiano e dalla celebrazione del ciclo liturgico che propone annualmente il mistero di Cristo con le sue implicanze vitali.

d. L'affermarsi delle scienze psico-sociologiche rende necessario il confronto tra la maturazione dell'uomo e quella del cristiano, in particolare quanto ai dinamismi fondamentali di affermazione di sé e di amore, di differenziazione e di integrazione, di declino e di crescita.

L'itinerario spirituale non può essere visto come un'ascesa graduale e armonica, perché esso come ogni altro cammino umano implica contraddizioni, crisi, conflitti e arresti, che se si risolvono positivamente operano un passaggio verso nuove soluzioni e migliori equilibri [ v. Maturità spirituale; Patologia spirituale ].

Le quattro esigenze qui recensite fanno emergere la complessità dell'itinerario spirituale da proporre all'uomo d'oggi.

Si direbbe piuttosto un incrocio di vie: quella tracciata dalla storia del mondo, quella liturgica percorsa dalla comunità ecclesiale, quella personale e irrepetibile del singolo con i suoi problemi e i suoi limiti, con le sue riserve vitali e i doni di grazia a lui offerti dal Dio della salvezza.

Per evitare sia le divisioni artificiali che vivisezionano il cristianesimo, sia i tracciati che trascurano la funzione dinamica della crisi, occorre concepire l'itinerario spirituale - come suggerisce pertinentemente F. Ruiz - secondo l'immagine di una spirale in cui convergono due traiettorie: « Vi è una forza che spinge in avanti e verso l'alto, in un movimento irreversibile, anche se ha i suoi alti e bassi.

Il movimento lineare del processo deve essere completato da un altro di tipo concentrico.

Nello stesso tempo che avanza, avverte che una volta o l'altra torna ad incontrarsi con le stesse esperienze della posizione precedente.

Componendo le due linee otterremo come risultato la spirale. Così è la vita.

Come una scala a chiocciola. Compie dei giri su se stessa, e nello stesso tempo sale.

Ad ogni nuovo giro completo, torna ad incontrarsi con lo stesso punto di orientamento, però ad un livello più alto ».51

Forse uno dei più significativi contributi moderni alle vie tradizionali consiste nell'avere individuato la dinamica del ciclo che si ripete in esse con intensità differente.

Tale dinamica consiste normalmente52 nella sequela inizio / pienezza / crisi / passaggio a nuova sintesi unitaria.

Essa è desunta dalla vita e dalla storia, che sono fenomeni essenzialmente evolutivi: attingono una soglia dove avviene una rottura o punto critico da superare passando ad un livello più alto.

Le età della vita umana, dalla nascita all'infanzia, alla gioventù, alla maturità è alla vecchiaia, evidenziano la validità del processo evolutivo qui accennato: l'orizzonte vitale diviene volta a volta troppo piccolo e soffocante, provocando crisi e introduzione in un mondo più ampio e più ricco di possibilità.

Applicando questi orientamenti e supponendo la vita cristiana già in atto, l'itinerario del cristiano risulta scaglionato in tre momenti o cicli evolutivi:

1. Iniziazione cristiana

Come nelle varie religioni, anche nel cristianesimo esistono riti e processi educativi, che hanno lo scopo di introdurre l'individuo nella comunità, in modo che possa trovarvi la sua identificazione e vi svolga un ruolo effettivo.

Una delle più antiche istituzioni della chiesa è il catecumenato, cioè « la tappa di preparazione alla vita cristiana o il tempo di iniziazione che la chiesa vuole dai convertiti perché la loro fede iniziale si trasformi in professione di fede esplicita, celebrata sacramentalmente nella comunità pasquale cristiana ».53

Purtroppo nel corso dei secoli il catecumenato decadde fino a scomparire totalmente dall'Europa nel sec. XVI.

Il risultato più dannoso di questo fenomeno è stata la separazione dell'itinerario di fede del cristiano dal cammino ecclesiale celebrato nei sacramenti dell'iniziazione ( battesimo-cresima-eucaristia ); si è trascurato così il carattere specifico del cristianesimo, essenzialmente comunitario e incarnato in segni sacramentali, che inseriscono l'uomo nella storia di Dio.54

La restaurazione del catecumenato preconizzata dal Vat II ( SC 64 ) e le recenti esperienze neo-catecumenali [ v. Neocatecumenato ] invitano a considerare il periodo di iniziazione o di riiniziazione ad un cristianesimo consapevole come la prima fase dell'itinerario spirituale del cristiano.

Più che la lotta contro il peccato e la mortificazione, tipiche della vita purgativa, l'iniziazione comporta precisi impegni positivi:

a. Acquisire una mentalità di fede [ v. Credente ]

La conversione « appare come la disgregazione d'una sintesi mentale e la sua sostituzione con una nuova; la conversione è una ristrutturazione della personalità ».55

Essa, nel contesto della fede e del battesimo, apre all'uomo una nuova dimensione, che trasforma l'orientamento della vita e il sistema dei valori.

Come discepolo di Cristo, il credente deve lasciarsi illuminare dalla luce evangelica e dalla sapienza divina, che supera le corte vedute umane e le contesta ( 1 Cor 2,11-15 ).

A tal fine è necessaria una conoscenza sempre più profonda e personale della rivelazione e del piano divino della salvezza: il ricorso alla bibbia e la meditazione soprattutto del vangelo devono nutrire la spiritualità del cristiano particolarmente in questo periodo.

La ( v. ) parola di Dio, accolta e attualizzata, produce una mentalità di fede, cioè la capacità di interpretare le cose secondo il pensiero di Cristo e di trovare nella dottrina rivelata valori e motivi ispiratori di vita.

b. Prendere coscienza delle esigenze battesimali

La riscoperta del battesimo, della sua teologia biblica e delle sue implicanze vitali, è un mezzo molto idoneo alla trasformazione dell'esistenza cristiana.

Nel battesimo si trova allo stadio germinale il futuro sviluppo della vita spirituale in tutte le sue dimensioni: partecipazione al mistero pasquale di Cristo ( 1 Cor 1,13; Rm 6,3-4 ), nuova vita nello Spirito ( Gv 3,5; Tt 3,5 ), incorporazione al corpo di Cristo fino a formare con lui un solo essere ( 1 Cor 12,12-13 ), introduzione nella comunità sacerdotale, profetica e regale del popolo di Dio ( 1 Pt 2,9-10 ).

I cristiani coscienti della realtà battesimale asseconderanno gli appelli insiti nello stesso battesimo ed esplicitati dal NT: deporre il comportamento dell'uomo antico schiavo del peccato, trasformarsi nel Cristo uomo nuovo, quali amati da Dio, eletti e consacrati ( Col 3,1-11; Ef 4,22-25; Rm 13,13-14 ), camminare nello Spirito agendo per amore nella libertà dei figli di Dio e non lasciandosi condizionare dalle norme esteriori della legge o dai dettami egoistici della natura ( Gal 5,13-18; Rm 8,2-14 ).

Occorre pertanto pervenire ad una ratifica degli impegni battesimali e ad un'opzione fondamentale per Cristo, che avrà un'espressione rituale nella veglia del sabato santo, centro dell'anno liturgico.

c. Inserirsi attivamente nella comunità ecclesiale [ v. Chiesa ]

Il carattere comunitario della salvezza e il rapporto che unisce Cristo alla chiesa, esige una partecipazione attiva e responsabile alla vita della chiesa, comunità di fede, di culto e di testimonianza apostolica.

L'iniziazione cristiana è promozione di intensa vita liturgica, come itinerario sacramentale culminante nel mistero eucaristico: « Tutto il bene spirituale della chiesa è racchiuso nell' ( v. ) eucaristia, dove Cristo, nostra Pasqua, è presente e da vita agli uomini, invitandoli e inducendoli a offrire se stessi con lui e in sua memoria, per la salvezza del mondo ».56

Con un processo di identificazione e di integrazione, il cristiano è chiamato a riscoprire il suo ruolo o funzione da svolgere all'interno della comunità ecclesiale unita nell'amore, ma insieme cosciente del valore dei diversi carismi dati dallo Spirito per l'edificazione comunitaria ( 1 Cor 12,7-13; Ef 4,4 ).

d. Integrare fede cristiana e vita quotidiana

La vita spirituale non si contenta di gesti rituali, ma implica il dono di sé nella vita quotidiana di comunione con gli uomini nella giustizia e nell'amore ( Rm 12,1; Mt 5,23-24; Mt 9,13; Mt 12,7 ).

Il cristiano, mentre sarà aperto ai ( v. ) segni dei tempi e agli appelli di Dio insiti negli eventi della vita, deve testimoniare nel mondo [ v. Apostolato, VII ] secondo le esigenze della morale evangelica, il senso della giustizia, dell'impegno responsabile nel proprio lavoro [ v. Lavoratore ] e nella ( v. ) famiglia, del perdono e dell'amore attivo, della povertà [ v. Povero ], veracità, ( v. ) amicizia.

Egli sarà corroborato in questi compiti dai sacramenti del matrimonio e della riconciliazione.

Indubbiamente questo progetto di vita non è di facile realizzazione: esso incontra resistenze e difese, difficoltà individuali e comunitarie, ritorno al passato.

È la tentazione dell'Esodo, della nostalgia di una situazione meno impegnativa, della necrofilia descritta da E. Fromm: « Tutto ciò che è lontano dalla vita o diretto contro di essa, attrae il necrofilo.

Egli vuoi tornare all'oscurità del grembo, e al passato di un'esistenza inorganica o animale.

È orientato essenzialmente verso il passato, non verso il futuro che odia e di cui ha paura ».57

Per superare questa tendenza e promuovere la biofilia o amore per la vita, occorre trovare alcune condizioni favorevoli: la riscoperta di Cristo, fonte di vita eterna e modello di amore supremo, il dialogo con il Padre e la comprensione del suo disegno di salvezza, la docilità allo Spirito che promuove la crescita cristiana, l'influsso stimolante della comunità e dell'animatore spirituale, l'esperienza di un amore caldo e costruttivo.

Tutto questo oppone alla soluzione arcaica regressiva, quella progressiva dello sviluppo della propria umanità e vita divina: « La tendenza a conservare la vita e a lottare contro la morte è la forma più elementare di orientamento biofilo…

La sostanza vivente ha la tendenza ad integrare e ad unire; tende a fondersi con entità differenti ed opposte, e a crescere strutturalmente ».58

Il conflitto, radicato nell'esistenza umana, ha la funzione di portare avanti il compito di trovare nuove soluzioni, in un processo orientato alla meta della maturità integrale.

2. Maturazione spirituale

Superato l'atteggiamento regressivo verso un passato non illuminato dalla luce evangelica, il cristiano procede verso uno stadio di maturità superando ugualmente le varie forme di infantilismo.

L'intensa vita liturgica [ v. Celebrazione liturgica ], la ( v. ) preghiera personale, l'impatto con la storia e l'apertura alle sue interpellanze, l'assimilazione progressiva della ( v. ) parola di Dio e degli atteggiamenti evangelici [ v. Consigli evangelici II ], conducono alla maturità cristiana, contrassegnata da più profonda armonia della personalità, da più ricco e consapevole possesso della verità, dal saper far dono di sé nell'amore, dalla piena coscienza di precise responsabilità nella chiesa e nella convivenza sociale.

Attualizzando le indicazioni di s. Paolo circa la ( v. ) maturità spirituale, il cristiano d'oggi si muove in quadruplice direzione:

a. La libertà dei ( v. ) figli di Dio

La contrapposizione paolina tra la condizione giudaico-pagana e quella cristiana in termini di dipendenza e di libertà filiale ( Gal 4,1-11 ) [ v. Libertà cristiana ] indica in quest'ultima la traiettoria da percorrere in vista della maturità.

Identificando l'infanzia con la schiavitù sotto gli « elementi del mondo », s. Paolo invita i cristiani a non lasciarsi asservire da idoli e da forze cosmiche: il credente non deve dipendere che dal suo Creatore, di cui è divenuto figlio grazie a Cristo e allo Spirito.

Il progetto di vita filiale si attua nella relazione di amore fiducioso con il Padre, nell'esclusione di una morale doveristica ed eteronoma, nel sentire fratelli tutti gli uomini.

Esso implica tuttavia una liberazione dal peccato anche strutturale.

Negli "elementi del mondo" da cui liberarci, oggi si potrebbero ravvisare le strutture sociali inique o quei "circoli diabolici della morte", così individuati da J. Moltmann:

- la povertà, che si esprime nella fame, malattia, mortalità ed è determinata da sfruttamento;

- il potere, nelle sue forme di dittatura, dominio di classe e privilegi;

- l'estraniazione razzista e culturale, che defrauda, aliena e manipola le persone per trasformarle in particelle apatiche della società tecnocratica;

- la distruzione industriale della natura, che compromette irreparabilmente l'equilibrio ecologico;

- il non senso e l'abbandono di Dio, da cui nascono l'apatia, il disorientamento e gli impulsi di morte.59

Immergersi in queste cinque dimensioni con un'attività efficacemente liberante è compito arduo del cristiano che traduce in categoria e azione concreta la realtà della figliolanza divina.

b. Una fede salda e personale

Mentre la fede infantile è instabile ( Ef 4,14 ) e bramosa di carismi vistosi ( 1 Cor 12,31; 1 Cor 14,18-20 ), la fede matura è caratterizzata da saldezza di convinzioni e da fiduciosa adesione di tutto l'essere alla persona di Gesù.

Le correnti fascinatrici e variabili secondo l'andazzo del momento possono bensì travolgere una fede puerile, non verificata ne personalizzata, ma non una fede adulta che fa ripetere con s. Paolo: « So a chi ho creduto » ( 2 Tm 1,12 ).

Il vertice della fede si attinge quando, superata la ricerca dei « segni e prodigi » ( Gv 4,48 ), si perviene ad un incontro personale e perseverante con Cristo così da maturare un atteggiamento di assoluta fiducia ( Gv 20,29 ).

Modello di fede è Abramo, che non ha vacillato di fronte alle prove, ma sperò contro ogni speranza fidandosi di Dio ( Rm 4,1-22; Eb 11,8-19 ).

Prototipo di fede matura è ( v. ) Maria, Madre del Signore, proclamata beata per aver creduto in modo perfetto, con piena disponibilità e senza chiedere segni ( Lc 1,38.45 ); ella « avanzò nella peregrinazione della fede » ( LG 58 ) meditando gli eventi del Figlio ( Lc 2,19.51 ) e seguendolo fedelmente fino alla croce ( Gv 19,25 ).

c. ( v. ) Discernimento spirituale

L'esperienza cristiana, con il suo continuo riferimento alla rivelazione onde illuminare la condotta umana, allena per sua natura a « discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » ( Rm 12,2 ).

Gli adulti nella fede « hanno le facoltà esercitate a distinguere il buono dal cattivo » ( Eb 5,14 ), percepiscono quasi connaturalmente e per istinto quanto corrisponde autenticamente al piano salvifico: « Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza e il discernimento per conoscere il vero Dio » ( 1 Gv 5,20 ).

Il discernimento, che nel passato recente si collocava piuttosto in momenti decisivi dell'esistenza, come nella « scelta della ( v. ) vocazione », si applica a tutta la vita cristiana: infatti « il cristiano illuminato e guidato dallo Spirito è in grado di dare una corretta valutazione di tutti gli eventi umani e di tutte le scienze umane.

Lo Spirito non procura informazioni per lo studio, l'industria o la scienza, ma dà all'uomo spirituale la capacità di giudicare tutte le realtà dell'universo alla luce del piano divino per il destino dell'uomo ».60

L'ideale dell'uomo "gnostico" diviene una realtà quando il cristiano si è addentrato nella « conoscenza del mistero » ( Ef 1,17; Col 1,5-10 ) mediante il dono della sapienza, cioè un tipo di conoscenza esistenziale superiore, espressione di fede e di carità, capace di illuminare i problemi dell'esistenza umana.

d. Rapporto sociale creativo e costruttivo

Al contrario dei neofiti, spesso ancorati a visioni egoistiche e mossi da contese e gelosie ( 1 Cor 3,3 ), i cristiani maturi sono in grado di superare l'amore possessivo o utilitaristico e di entrare in rapporto costruttivo e creativo con la comunità ecclesiale e umana.

La via eccellente resta ancora quella dell'amore verso il prossimo [ v. Carità ], segno distintivo dei discepoli di Gesù, centro del messaggio cristiano e supremo criterio di salvezza ( Gv 13,34-35; Mt 25,31-46; 1 Cor 13; Rm 13,8 ).

L'amore cristiano oggi assume valenze diverse, che accentuano aspetti fondamentali con cui la maturità dei credenti è chiamata a misurarsi: Amore ecclesiale, perché « l'età adulta della fede non segna il momento del distacco autosufficiente del credente dalla chiesa, ma una sua radicazione ancora più piena nella chiesa…

Il fedele crede con la chiesa e in questa comunione si rafforza la sua fede nella chiesa stessa ».61

L'amore fraterno deve essere incarnato innanzitutto nella comunità ecclesiale, sull'esempio della comunità di Gerusalemme, fino a formare « un cuore solo e un'anima sola » ( At 4,32 ).

Amare la chiesa in modo maturo significa camminare insieme con essa, assumerne gli impegni e le responsabilità, considerarla in visione di fede come « sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano » ( LG 1 ).

Tuttavia « uno sguardo di fede non significa uno sguardo cieco, uno sguardo miope, uno sguardo da chierichetto, uno sguardo innocente nel senso peggiore della parola.

È uno sguardo di adulto »:62 uno sguardo critico, che non chiude gli occhi di fronte ai limiti e difetti della chiesa, ma li accetta realisticamente, senza peraltro rinunciare all'impegno per la riforma ecclesiale con la denuncia profetica [ v. Contestazione profetica ], con la collaborazione nel portare avanti il progetto comune e soprattutto con la testimonianza della vita.

Amore ecumenico, che non rimane indifferente di fronte alla tunica di Cristo lacerata dalle varie confessioni cristiane, ma si volge a ricomporre l'unità invocata da Cristo stesso ( Gv 17,20-21 ).

Vivere l' ( v. ) ecumenismo spirituale significa abbandonare l'atteggiamento intollerante e polemico per vedere nei membri delle comunità ortodosse o riformate i « fratelli nel Signore » ( UR 3 ), incorporati a Cristo nel battesimo e vivificati dallo Spirito.

Significa inoltre continua conversione del cuore e riforma della vita, onde compiere un cammino verso Cristo centro dell'unità ecclesiale.

Infine la spiritualità ecumenica richiede mutue relazioni fraterne, che si esprimono e si consolidano pregando insieme e cooperando all'evangelizzazione e promozione umana.

Amore operante nella storia, che cioè escluda la fuga irresponsabile dal ( v. ) mondo e si volga al suo attivo cambiamento.

L'amore diviene oggi « carità politica » ( Pio XII ), in quanto non può essere autentico limitandosi ad un aiuto sporadico ed individualistico: esso deve tendere a mutare la condizione degli oppressi ed emarginati mediante riforme strutturali che promuovano il bene comune con i suoi valori di uguaglianza, fraternità, giustizia sociale, libertà.

Il cristiano maturo, pur fedele all'amore universale, opta come Cristo per i poveri e gli ultimi, solidarizza con loro per promuovere dall'interno una liberazione integrale secondo il piano di Dio.

L'esecuzione di questo progetto, che si scontra con l'establishment, non è esente da difficoltà e richiede coraggio perseverante [ v. Eroismo ].

3. Unificazione mistica [ v. Mistica cristiana ]

Raggiunta una relativa maturità, il cristiano non può autocompiacersi e restare nell'equilibrio conquistato.

Come nella crescita bio-psicologica, questo periodo coincide con le crisi più profonde e sconvolgenti.

L'età matura è contrassegnata dalla cosiddetta crisi del demonio meridiano: l'uomo prende coscienza del declino delle sue forze, delle ultime possibilità temporali, delle illusioni coltivate, dei fallimenti parziali.

Egli risolve questa crisi camminando sul sentiero della monotonia, oppure svincolandosi dagli impegni assunti per procedere sulla via dell'avventura, o infine decidendosi definitivamente per Dio e integrando le esperienze negative in una superiore sintesi unitaria.

Anche il cristiano maturo sperimenta queste crisi: crisi del silenzio di Dio di fronte all'avanzare del male nel mondo ( Sal 42,10-11; Sal 73,2-14 ), crisi di speranza dinanzi alle realtà angosciose del dolore e della morte, crisi di significato della vita di fronte alle resistenze e persecuzioni conseguenti le scelte cristiane.

Come osserva R. Bastide, « il mistico viene preso per pazzo, la sua famiglia lo critica, i suoi amici lo deridono; peggio ancora, il ( v. ) padre spirituale lo rimprovera e lo punisce.

Lungi dall'incoraggiarlo, lo condanna; non gli da una patente di santità, tutt'altro, gli fa sentire le dure parole del rifiuto.

Misconoscenza, oltraggi, ironie: basta questo? Non ancora, perché Dio resta.

Ma ecco la suprema umiliazione; il santo grida verso il cielo: e il cielo non risponde.

Tutti i mistici sono passati per queste crisi di aridità religiosa, in cui si sentono abbandonati, orribilmente soli ».63

Questo ciclo tragico, dai favori divini alle aridità, ha lo scopo di preparare ad uno stato di unione permanente con Dio, chiamato matrimonio spirituale, suprema tappa cui è possibile giungere nell'esistenza terrena.

« È del tutto impossibile dire ciò che Dio comunica all'anima in questa intima unione.

Non se ne può dire niente, come niente si può dire che corrisponda pienamente a ciò che Dio è in sé, poiché è lui stesso che si da all'anima con ammirabile gloria di trasformazione di lei in lui.

Essi sono due persone in una sola… ».64

Aldilà di questa intima e indescrivibile trasformazione, ci è possibile cogliere con W. James65 alcuni aspetti caratterizzanti questa fase di integrazione e unificazione:

a. « Impressione di vivere una vita più ampia e profonda, lontano dai piccoli interessi terreni, alla presenza di una Potenza ideale »

Il cristiano in cui emerge prepotentemente la dimensione mistica, propria del cristianesimo in virtù del battesimo, sperimenta due sentimenti: « Da una parte, si ha una spersonalizzazione, un'espropriazione dell'io: l'essere si svuota di ogni pensiero e d'ogni emozione comune, smette di condurre la sua abituale esistenza.

Ma d'altra parte, esso non si perde, per questo, in un'incoscienza assoluta.

Sorgono altre emozioni, altri pensieri, che però il mistico non sente più come propri; gli appaiono estranei, li subisce passivamente.

Non è più lui: è un altro. Dice di essere deificato ».66

La dissociazione a livello inferiore è sentita come il sorgere di una nuova personalità, di una vita più intensa, di un nuovo modo di unirsi a Dio.

Il parlare di Dio si tramuta in silenzio adorante: facendo il vuoto di nozioni concettuali limitate e del processo discorsivo, si percepisce Dio per intuizione come il Tutt'altro, oscurità e notte per l'intelletto, ma insieme Amore e fonte di vita per lo spirito umano.

b. « Senso di continuità tra Dio, potenza amica, e la propria vita, e abbandono in lui »

L'esperienza di un'unione indissolubile con Dio in Cristo è espressa da s. Paolo con le celebri espressioni:

« Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito » ( 1 Cor 6,17 );

« Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » ( Gal 2,20 ).

L'autotrascendenza per il cristiano non sfocia nel nulla, ma in Dio, l'unico essere capace di strapparlo dal fallimento e di dare significato definitivo alla sua aspirazione insopprimibile a vivere.

L'azione divina nella storia, che trova la punta massima nella risurrezione di Cristo, sconfigge la disperazione umana aprendo alla speranza nel Dio vivente, che risusciterà gli uomini e darà loro nel Cristo la vita eterna.

L'innesco di questa speranza creatrice e salvifica, - effetto specifico anche dell'unzione degli infermi - mentre proietta verso Dio futuro dell'uomo in atteggiamento di totale abbandono, sostiene nello sforzo di realizzare l'utopia concreta del regno di Dio: la fede nella risurrezione dei morti riscatta l'impegno umano dall'inutilità.

c. « Senso di immensa e fiduciosa libertà e diminuzione di attenzione a se stesso »

L'amore è estatico, proietta l'uomo fuori di sé in uno slancio di comunione con Dio e di fiducia assoluta in lui: sposta il centro della vita verso Dio e rende partecipi delle sue perfezioni.

S. Paolo si sente forte della potenza di Dio: « Tutto posso in colui che mi da la forza » ( Fil 4,13 ) giungendo a rallegrarsi perfino nelle sofferenze: « Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione » ( 2 Cor 7,4 ).

Il Signore è fonte di libertà ( 2 Cor 3,17 ); ravvicinarsi a lui è sentirsi affrancato da ogni tipo di schiavitù, dalle prescrizioni esteriori e dal convenzionalismo ( 1 Tm 1,9; Gal 5,1.13 ): il santo è un uomo libero, perché non è mosso da cieco impulso o da coazione esterna, ma dal di dentro, dal suo nucleo più profondo rinnovato dallo Spirito.

d. « Spostamento del centro affettivo-emotivo verso sentimenti di amore e di armonia nei confronti di tutta la realtà »

Unendo intimamente a sé, Dio porta a compimento la sua opera salvifica e rende l'uomo riconciliato con tutte le creature.

La pacificazione cosmica promessa per i tempi messianici ( Is 11,6-9 ) è una realtà anticipata dai mistici nel loro processo di totale unificazione.

B. Russel nota che « eticamente caratteristico del misticismo è l'assenza d'indignazione e di protesta, l'accettazione con gioia, il non credere nella fondamentale verità della divisione in due campi ostili: il bene e il male…

Al suo senso d'unità è associato un sentimento di pace infinita ».67

Un esempio recente di serenità spirituale e di caldi rapporti umani è stato offerto da Giovanni XXIII.

La trasformazione dei rapporti con il mondo della natura [ v. Ecologia ], oggi reso urgente dall'inquinamento ecologico frutto di una manipolazione, è stata invece colta e vissuta da s. Francesco d'Assisi che ha guardato le creature in un'ottica di fraternità.

A questa meta il cristiano aspira, più che ad ogni altro fenomeno straordinario, convinto con Ruusbroek che « i mistici non creeranno delle vie straniere né dei modi singolari, ma seguiranno attraverso tutte le tempeste il cammino dell'amore », di quell'amore che si perpetuerà nell'approdo alle rive della vita eterna di Dio.

Questo tracciato indicativo dell'itinerario del cristiano dovrà essere personalizzato dai singoli cristiani, in attento ascolto dello Spirito che « scompiglia senza posa gli orizzonti dove l'intelligenza dell'uomo rinnovato nel Cristo ama trovare le proprie sicurezze ».68

Essenziale in questo discorso è il senso dinamico dell' ( v. ) esperienza cristiana: essa è necessariamente un movimento che non si può arrestare perché il suo fine ultimo è situato nell'infinito.

« Questo movimento - concludiamo con J. Mouroux - non si può descrivere, questa strada non può essere tracciata una volta per tutte, e dobbiamo vivere ogni giorno sempre ricominciando, dimenticando ciò che è dietro di noi, tesi con tutte le nostre forze verso l'innanzi, fino a compiere quella nostra vocazione eterna, che è perduta nel cuore di Dio».69

Maturità
Progresso
Cristianesimo come cammino Carità VI,3
Dinamismo dell'esistenza cristiana Discernimento I
Gesù II,3c
Nel discernimento Discernimento III,2
Del discepolo in Gv Esperienza sp. Bib. II,4b
Nell'esperienza islamica Islamismo VIII
Maria nell'itinerario cristiano Maria V
… e itinerario psicologico Maturità III
Nel neocatecumenato Neocatecumenato V
Simbolismo del cammino Simboli II,3
Vocazione Vocazione II,2
Esodo Deserto II,5d
Diventare liberi Libertà II,3

1 G. Kahlil Gibrane, Il profeta, Roma, Kossù 1966, 70
2 G. Marcel, Homo viator. Prolégomènes a une métaphysique de l'espérance, Parigi, Aubier-Montaigne 1944
3 Ivi, 5
4 J. Ratzinger, Storia e dogma, Milano, Jaca Book 1971, 40
5 G. F. Hegel, La fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia I9602; K. Marx, Tesi su Feuerbach, n. 11, in Frilhschriften, Stoccarda 1953
6 M. Schmaus, Dogmatica cattolica, voi. IV/2: I novissimi, Torino, Marietti 1964, 14-15
7 P. Teilhard de Chardin, Le phénomène humain, Parigi, Seuil 1955, 242
8 H. Bergson, Le due fonti della morale e della religione, Milano, Edizioni di Comunità 1973, 47-50
9 P. Pourrat, Biographies spirituelles in DSp I, 171
10 Z. AIszeghy-M. Flick, Lo sviluppo del dogma cattolico. Broscia, Queriniana 1967
11 L. Lavelle, De l'acte, Parigi, Aubier 1937, 331
12 P. G. Grasso, Louis Lavello, Brescia, La Scuola 1949, 111-115
13 A. Motte, La vie spirituelle dans la condition charnelle, Parigi, Cerf 1968, 247
14 La classica trattazione di C. V. Truhiar, Antinomiae vitae spiritualis, Roma, Università» Gregoriana 1961
15 W. Michaelis, Odòs in GLHT (Kittel) VIII, 117-275
16 R. Schnackenburg, Messaggio morale del NT, Alba, Edizioni Paoline 1971, 45
17 Ivi, 53-103
18 C. Spicq, Vita cristiana e peregrinazione nel NT, Roma, Città Nuova 1973, 74
19 M. E. Boismard, Esodo, cammino verso Dio in Aa. Vv., Grandi temi biblici, Alba, Edizioni Paoline 1968, 200-205
20 A. Wikenhauser, La mistica di s. Paolo, Brescia, Morcelliana 1958, 125-126
21 Ivi, 171
22 J. Ph. Ramseyer, Crescere in Vocabolario biblico (von Allmen), Roma, AVE 1969, 94
23 Nei vocabolari biblici, teologici e spirituali manca finora la voce Itinerario spirituale: nel DSp si rimanda a Guides spirituelles. dove E, Bertaud si limita a dare un accurato elenco bibl. dei principali scritti sull'argomento (DSp VI, 1154-1169)
24 Stromata 2, 10, PG 8, 982
25 XXVII omelia sui Numeri, PG 12, 730-801
26 L. Bouyer, Spiritualità dei Padri, Bologna, Dehoniane 1968, 205-206
27 Ivi, 481-482
28 De natura et gratia 70, 84, PL 44, 290; In Ep. Joann. 5, 4, PL 35, 2014
29 Enarratio in Psatmum 83, 10, ed. Vivès, t. 13, 529
30 Sermo 169, 18, PL 38, 926
31 J. Leclercq, Spiritualità del Medioevo da s. Gregario a s. Bernardo (sec. Vl-XIl), Bologna, Dehoniane 1969, 326-330
32 Viller-Rahner, Aszese una. Mystik in der Vaterzeit, Friburgo 1939, 234-255
33 Hierarchia coelestis S. 1, PG 3, 420
34 S. Th. II-II, q. 24, a. 9
35 Per es. A. Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, Roma-Tournai-Parigi, Desclée 1954, 222-223
36 Itinerario della mente in Dio I, 2, Siena, Cantagalli 1933, 8
37 s. Giovanni della Croce, Salita del monte Carmelo in Opere, Roma, Postulazione generale dei Carmelitani scalzi 1963, 3-340
38 s. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione, in Opere, Roma, Postulazione generale dei Carmelitani scalzi 1963, 529-748
39 J. Lebreton, Tu solus sanctus. Jésus Christ vivant dans les saints. Etudes 'de théologie mystique, Parigi, Beauchesne 1948, 171
40 Ivi, 175
41 Aa. Vv., L'apostolat, Parigi, Cerf 1957. Sull'ispirazione apostolica di Olier e sull'evoluzione di s. Luigi di Montfort da una spiritualità di tipo contemplativo ad una di tipo missionario, cf S. De Fiores, Itinerario spirituale di s. Luigi di Montfort (1673-1716) nel periodo fino al sacerdozio (6 giugno 1700), University of Dayton 1974, 150-151, 272-275. L'elaborazione di una spiritualità apostolica trova buoni punti di riferimento in L. Lochet, Fils de l'Eglise, Parigi, Cerf 1960; A. Manaranche, Come gli apostoli, Brescia, Queriniana 1971
42 Trattato detta vera devozione a Maria 152-168, in Opere, Roma, Centro Mariano Monfortano 1977, 358-370
43 Novissima verbo, Lisieux 1926, 112-113
44 R. Laurentin, Thérèse de Lisieux. Mythes et réalité, Parigi, Beauchesne 1972, 122-123. Per l'interpretazione del messaggio spirituale della santa, cf G. Gennari, Teresa di Lisieux. Analisi storico-critica. Traccia di sintesi dottrinale, Milano, Ancora 1974, 181-196
45 S. Bernardo, Epistola 254, PL 182, 461
46 Per la discussione sulle tappe o età della vita spirituale, cf K. Rahner, I gradi della perfezione cristiana in Saggi di spiritualità, Roma, Edizioni Paoline 1965, 45-78; C. Garcia, Corrientes nuevas de teologia espiritual, Madrid, Studium 1971, 187-200; G. Moioli, Teologia spirituale in Dizionario teologico interdisciplinare, Torino, Marietti 1977, I, 51-53
47 G. Thils, Santità cristiana, Alba, Edizioni Paoline 19692, 485s
48 K. Rahner, I gradi della perfezione cristiana, o. c., 77
49 G. Thils, Santità cristiana, o. c., 485
50 A. M. Besnard, Visage spirituet des temps nouveaux, Parigi, Cerf 1964, 26-27
51 F. Ruiz, Le età della vita spirituale in Aa. Vv., Tempo e vita spirituale, Roma, Teresianum 1971, 99
52 Non sempre il passaggio da uno stadio a un altro assume toni drammatici: « Accade che un principio di fede religiosa si elabori in continuità nell'intimo del soggetto; al termine d'un tranquillo progredire, intellettuale e spirituale, il soggetto giunge a osservare, non senza stupore, di essere diventato un altro uomo » (A. Vergete, Psicologia religiosa, Torino, Boria 1967, 232)
53 C. Floristan Samanes, Il catecumenato. Una Chiesa in stato di missione, Alba, Edizioni Paoline 19762, 13
54 J. Ratzinger, Il fondamento sacramentale dell'esistenza cristiana, Brescia, Queriniana 1971
55 A. Vergete, Psicologia religiosa, o. c., 229
56 C.E.I-, Il rinnovamento della catechesi 46
57 E. Fromm, Psicanalisi dell'amore. Necrofilia e biofilia nell'uomo, Roma, Newton Compton 1971, 55
58 Ivi, 60
59 J. Moltmann, Il Dio crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e critica della teologia cristiana, Brescia, Queriniana 1973, 376-379
60 R. Kugelman, La prima Lettera ai Corinti in Grande commentario biblico, Brescia, Queriniana 1973, 1160
61 A. Barruffo, Dinamismo e maturità della fede, Roma, Herder 1968, 149
62 Y. Congar, Un concile pour notre temps, Parigi, Cerf 1961, 230
63 R. Bastide, Sociologia e psicologia del misticismo, Roma, Newton Compton 1975, 44
64 S. Giovanni della Croce, Cantico Spirituale B in Opere, o. c., 646
65 La concezione critica della personalità religiosa matura, descritta da W. James nell'opera Thè varieties of religious experience, e riassunta da P. G. Grasso, Psicologia religiosa in Educare (a cura di P. Braido), Roma, PAS 1960, voi II, 178
66 R. Bastide, o. c., 12
67 B. Russel, Misticismo e logica e altri saggi. Roma, Newton Compton 1970, 25
68 Paolo VI, Octogesima adveniens
69 J. Mouroux. L'esperienza cristiana. Introduzione a una teologia, Brescia, Morcelliana 1956, 319