Mondo

IndiceA

Sommario

I. Premessa.
II. Il mondo secondo la parola di Dio.
III. Il mondo secondo il cristianesimo primitivo.
IV La fuga dal mondo.
V. Incontrare Dio nel mondo.
VI. Spiritualità mondana nella secolarizzazione.
VII. Mondo spirituale.
VIII. Odierna prospettiva di spiritualità mondana.
IX. Conclusione.

I - Premessa

La realtà del mondo, in campo spirituale, ha sempre suscitato difficoltà e valutazioni contrastanti.

La stessa parola "mondo" vi appare presente con significati differenti; può assumere contenuto svariato.

Dal contesto bisogna intuirne il senso scelto.

Possiamo ricordare le nozioni più comuni attribuite a tale vocabolo.

Mondo, nel suo significato più empirico, è l'ammasso di cose e di esseri esistenti insieme: una cosa è nel mondo, se situata in un determinato posto del tempo e dello spazio.

Mentre, secondo una concezione tecnico-scientifica, mondo è l'universo di cose materiali situate secondo un ordine immanente; un insieme ben strutturato ed auto-sufficiente; una realtà organizzata nel suo intimo secondo determinate leggi universali; un tutt'uno unitariamente armonizzato.

L'uomo fa parte del mondo, perché è un essere in se stesso ben ordinato e coordinato al tutto.

Anche se quest'ordine del mondo non si presenta come definitivo, in quanto ammette di poter essere ribaltato e riordinato in modi nuovi dall'uomo: soggiace al potere responsabile e umanizzatore dell'iniziativa umana ( GS 2 ).

Se, infine, il mondo viene considerato sotto l'odierna prospettiva culturale, allora esso è l'insieme dei rapporti umani, delle strutture sociali, delle istituzioni pubbliche, dei principi che dirigono la vita comunitaria; è il risultato socio-culturale della quotidiana operosità umana mirante a rendere l'universo un ambiente favorevole e confortevole.

La disparità di concezioni s'affaccia non solo circa il senso del termine "mondo", ma soprattutto sulla portata spirituale della realtà mondana.

Esistono svariate esperienze spirituali cristiane, le quali valutano ed interpretano il mondo nelle forme più diverse; mostrano di guardarlo in modi differenti; lo presentano entro culture fra loro disparate; suggeriscono atteggiamenti ascetici a suo riguardo che vanno mutando nel tempo.

A modo di esempio possiamo accennare a due opposte esperienze spirituali circa il mondo.

Per gli uni la spiritualità è realizzabile solo al di fuori del mondo, anzi nel suo disprezzo.

Questi spiritualisti sono attenti all'invito che già faceva s. Giovanni della Croce: « Anche se tutto il mondo si subissasse, non ci badi e non s'immischi affatto, a fine di custodire la quiete dell'anima sua […], con molto profitto avanti a Dio e avanti agli uomini ».1

Per altri la vera spiritualità è dettata dal come si situa l'universo oggi: il mondo, con la sua attuale configurazione, si inscrive all'interno del regno di Dio e suggerisce la doverosa spiritualità odiernamente praticabile.

P. Teilhard de Chardin osservava, in rapporto all'attuale preminenza delle civiltà orientali su quella mediterranea: « Altri si spaventano dell'emozione o dell'attrazione invincibilmente esercitata su di loro dal nuovo Astro che sorge.

Il Cristo evangelico, immaginato e amato nelle dimensioni di un mondo mediterraneo, è ancora in grado di estendersi al nostro Universo prestigiosamente ampliato?

È ancora capace di centrarlo?

Il mondo non sarebbe sul punto di rivelarsi più vasto, più intimo, più splendente di Jehova?

Non farà esplodere la nostra religione?

Non eclisserà il nostro Dio? ».2 [ Su Teilhard de Chardin v. Modelli spirituali II,4 ].

II - Il mondo secondo la Parola di Dio

La parola di Dio presenta il mondo secondo una propria particolare mentalità.

L'agiografo, quando discorre del mondo, non si raccoglie su di esso, come se lo avesse a ritenere una realtà a sé stante.

Necessariamente l'immagina come creatura dipendente da Dio e affidata alla responsabilità operativa dell'uomo ( Gen 1,26; Gen 2,15 ).

Quando afferma che "tutto" è stato costituito "molto bene" nel creato ( Gen 1,31 ), esalta non una bontà oggettiva presente nel mondo, ma la grandezza dell'operare divino associata alla ingegnosità realizzativa dell'uomo ( Sal 33; Sal 65; Am 4,13; Am 5,8 ).

E, se si permette qualche critica al mondo, lo fa non perché in se stesso sia mal fatto, ma giacché appare non armonizzabile sul volere ordinatore di Dio o non servizievole all'uomo nel suo cammino verso Dio.

Il discorso biblico sul mondo non è mai una speculazione astratta.

È sempre discorso concreto; inerente a una data situazione storica dell'universo; in rapporto a un mondo tratteggiato in una sua posizione momentanea e particolare; considerato in una circostanza singolare e sotto un dato aspetto spirituale; pensato in un momento del suo divenire entro la storia salvifica.

Ecco perché il termine "mondo" per la parola di Dio assume un contenuto differente: talvolta indica l'universo ( At 17,24; Gv 1,3 ); oppure tutta la terra come ambiente dell'uomo ( Mc 8,36; Gv 1,10; 1 Cor 5,10 ); o anche il mondo degli uomini ( 2 Cor 5,19; Gv 3,19 ).

In quest'ultimo significato è spesso inteso come l'umanità che sta in opposizione alla salvezza recata dal Cristo ( Gv 7,7; Gv 15,18 ) ed è retta dal Maligno ( 1 Gv 5,18 ).

Ma il Signore Gesù vince questo mondo di male ( Gv 16,33 ), facendo rinascere gli uomini non dal cosmo ( Gv 15,19; Gv 17,14 ), ma dallo Spirito ( Gv 3,5 ).

Data la maniera secondo la quale viene guardato il mondo, è quanto mai logico che la parola di Dio non lo presenti come avente un'autonoma configurazione spirituale in se stesso: è unicamente specchio del comportamento dell'uomo, essendo in suo dominio ( Gen 1,26 ).

Il mondo è legato al destino dell'uomo; ne segue le vicissitudini; si trasforma per essere armonizzato sugli stati spirituali che l'uomo va esperimentando.

Il mondo, nel momento stesso che si offre come un aiuto in dipendenza dell'uomo, ne costituisce il suo disonore o la sua gloria.

Il mondo può essere detto una creatura di Dio ( Sal 19,2 ), ma anche dell'uomo.

Di fatto il mondo si rivela la conseguenza del peccato compiuto dall'uomo ( Gen 3,17-18; Is 11,6; Rm 5,12 ).

Sottoposto alla caducità, anela alla liberazione « per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.

Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto », ( Rm 8,21s; 2 Cor 5,1-2 ).

Ma il mondo non può redimersi da sé, indipendentemente dalla situazione salvifica inerente all'uomo.

E, se l'uomo è stato capace di far ruzzolare il mondo nel male, può iniziare a strapparlo dal peccato « unicamente per mezzo di Gesù Cristo » ( Rm 5,17 ).

Al presente il mondo, in virtù dello Spirito di Cristo comunicato agli uomini, vive in uno stato ambivalente fra esperienza di peccato e di liberazione alla grazia dello Spirito; fra una sua scomparsa ( Mt 5,18; Mc 13,31; 1 Cor 10,11 ) e un suo instaurarsi in forma nuova.

Il rinnovamento totale della creazione avverrà quando nella parusia gli uomini saranno tutti risorti in Cristo; quando la signoria del Signore verrà proclamata in ogni uomo ( Mt 19,28; 2 Pt 3,9 ).

Proprio perché l'uomo, quando si mostrerà tutto rinnovato ( anche nel corpo ) secondo lo Spirito ( 1 Cor 15,44; 2 Cor 4,10 ), dovrà potersi specchiare in un universo parimenti rinnovato.

In quel momento anche il mondo si offrirà al Cristo integrale, qual città santa, la nuova Gerusalemme, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » ( Ap 21,2 ).

« Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, ne di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà » ( Ap 22,5 ).

Una città tutta schiarita dalla gloria del Cristo integrale: in essa l'Agnello sarà lampada che illumina ( Ap 21,23 ).

Con la sua incarnazione il Cristo è ormai implicato nella genesi prodigiosa del mondo; è « talmente incrostato nel Mondo visibile, che non lo si potrebbe ormai più strappare, se non sconvolgendo le fondamenta dell'Universo ».3

L'uomo stesso va redimendo se stesso in Cristo al fine di poter orientare anche il mondo verso il suo rinnovamento.

Un impegno mai esaurito, ma che l'uomo rinnova con fiducia, anche per la grazia che lo Spirito di Cristo gli comunica per questo compito.

III - Il mondo secondo il cristianesimo primitivo

Gesù Cristo, nella sua vita terrena, si è preoccupato di inculcare la visione del nuovo ordine caritativo: non ha inteso immischiarsi in questioni sociali o mondane.

Mentre la comunità cristiana primitiva ha percepito la necessità di interessarsi del mondo in cui era esistenzialmente inserita ed impegnata.

Essa è partita dal presupposto che il mondo è creato da Dio e rimane in sua dipendenza.

Sviluppando la dottrina degli apologisti, Ireneo attesta che il fondamento della fede sta nel credere che « esiste un Dio, il Padre, il quale ha creato e organizzato l'insieme delle cose e ha fatto esistere ciò che non era e che, contenendo l'insieme delle cose, è il solo a non poter essere contenuto » ( Dem., 6 ).

I padri, in modo unanime, attestano che nel creare il Padre si è servito della mediazione del Logos ( Gv 1,1.3 ) e ha posto il mondo a servizio dell'uomo: « Dio ha creato il mondo per l'uomo e ha sottomesso tutta la creazione all'uomo, che gli ha dato un dominio assoluto su tutto ciò che è sotto il cielo » ( Pastore di Erma ).

Perché questo? Perché l'uomo è destinato ad essere creatura nuova in Cristo.

Così che l'universo, creato per mezzo del Verbo incarnato, è finalizzato al Cristo Signore integrale.

Origene potrà asserire: « Per me non esiste dubbio alcuno: è a causa dell'intercessione dei cristiani che il mondo sussiste; […] è a causa di essi che si espandono gli splendori esistenti nel mondo » ( Apol. 16, 1ss ).

Lo scritto A Diogneto ( n. 6 ) sentenzierà: « In una parola, ciò che l'anima è nell'uomo, i cristiani sono nel mondo ».

Data questa solidarietà fra uomo e mondo, il peccato dell'uomo ha ingenerato una corrispondente configurazione nel mondo attuale.

E il Verbo, incarnatesi per redimere l'uomo, è impegnato nel togliere le tracce del peccato del mondo ( Gv 1,29; Rm 8,18 ).

La primitiva comunità cristiana non immagina di poter vivere al di fuori del mondo, di sacrificarsi fuggendo da esso.

Neppure la persecuzione spinge i cristiani a fuggire, isolandosi dalla vita mondana.

Gesù aveva suggerito che, in caso di persecuzione in una città, si dovesse fuggire in un'altra, non già nel deserto ( Mt 10,23 ).

Tuttavia, la comunità ecclesiale avverte che nel mondo sono dominanti norme e costumi permeati di male.

Clemente Alessandrino incita a vivere nel mondo, ma mostrandosi dominatori dello spirito mondano; invita a dimorare nel mondo, ma emancipandosi dalla sua mentalità ( Strom. VII, 3, 18, 2 ).

In concreto che cosa significava per i primi cristiani non lasciarsi assorbire dallo spirito mondano?

Significava ( ad es. ) ritenere di saper eliminare le guerre in base al principio evangelico della carità; poter svolgere le attività mondane con lo spirito di Cristo; esercitare l'autorità come ministri di Dio in servizio dei fratelli; possedere le ricchezze per dispensarle in beneficio degli altri; approfondire la scienza, rimanendo ossequienti alla fede che comunica « saggezza e intelligenza spirituale ».

« Non si è felici dominando il prossimo, o cercando di possedere più degli altri, o arricchendosi e tiranneggiando gli inferiori; tutte queste cose sono lontane dalla grandezza vera!

Ma chi prende su di sé il fardello del prossimo e cerca di servire anche gli inferiori; chi dona ai bisognosi ciò che gli fu dato […], costui è imitatore di Dio » ( A Diogneto, 10 ).

Per la comunità cristiana primitiva si tratta di essere e di vivere nel mondo, ma con spirito nuovo non-mondano: « Quelli che usano i beni di questo mondo, come se non se ne servissero.

Perché questo mondo, così com'è, non durerà più a lungo » ( 1 Cor 7,31 ).

Inseriti, incarnati, strutturati entro la realtà del mondo presente, ma per farvi apparire lo spirito evangelico caritativo; per immettervi il fermento pasquale di Cristo, che fa emergere e maturare un mondo nuovo.

IV - Fuga dal mondo

Nell'AT non esiste un'esperienza ascetica come fuga dal mondo, ma piuttosto vi si propone di ricercare un luogo che sia quello offerto da Dio e si offra qual ambiente favorevole per vivere in intimità con Dio.

L'esodo, vissuto per allacciarsi in alleanza con Dio ( Gen 12,1 ), può orientare sia verso il deserto ( Dt 8,15-16; Ger 2,2; Os 2,16 ), sia verso una terra promessa ( Dt 1,25; Dt 31,7 ).

Proponendosi di essere con Dio e abbandonato a lui solo, l'israelita cercherà di caratterizzarsi come il "povero di Jahve" ( Sof 3,12-13; Is 2,22; Is 29,19 ).

Il giudaismo, all'epoca ellenistica secondo la cultura espressa soprattutto da Filone, viene dividendosi in due correnti: l'una guarda con ottimismo il mondo, insistendo sulla dottrina che questo è creato da Dio; l'altra ( ad es. presso gli Esseni ) propone la fuga dal mondo, qual separazione di protesta verso quanti, impuri apostati, cercano d'arricchirsi nella città terrena.

Nel NT i sinottici non formulano apprezzamenti negativi sul mondo presente, ma ricordano che il valore supremo da ricercare è il mondo futuro ( Mc 8,36-37; Mt 6,24-33; Lc 12,32-34 ).

È necessaria una libertà interiore verso i beni terrestri; saperli rifiutare nella misura che inducono al male ( Mc 9,43-48; Mt 18,8-9 ).

Generalmente si ritiene che il povero sia più disponibile a seguire il Cristo ( Lc 14,33 ), tanto più se è diventato povero per amore del Signore ( Mc 10,29-30; Mt 19,28-29; Lc 18,29-30 ).

La visione evangelica sul mondo viene ripresa e approfondita da s, Giovanni e da s. Paolo.

Essi vedono un'opposizione fra spirito mondano e regno di Dio.

« Il mondo intero giace in potere del maligno » ( 1 Gv 5,19; 1 Cor 2,6; 2 Cor 4,4 ).

La vita spirituale cristiana si contrappone alla mentalità mondana.

Come liberarsi dallo spirito mondano?

Se Giovanni indica come rimedio l'estraniarsi dal mondo in maniera totale e radicale ( Gv 15,19; 1 Gv 2,15 ), Paolo invita a stare nel mondo ed apprezzarlo come buono ( Rm 14,20; 1 Tm 4,3-4; 1 Cor 7,24 ), anche se l'imminente parusia fa dovere di usarlo "come se non" lo usassimo ( 1 Cor 7,29 ).

Anche per Paolo il sacrificio della vita mondana può esprimere una disposizione più perfetta verso il regno che viene ( 1 Cor 7,1; 1 Tm 6,9-11 ).

I padri dei primi tre secoli ( dalla Didaché a Clemente Alessandrino ), richiamando la bontà del mondo quale creatura di Dio, esprimono la necessità di separarsi da esso dal lato affettivo, così da saper testimoniare una vita virtuosa orientata ai beni celesti.

Solo così si diventa amici di Dio.

L'uso dei beni si attua virtuosamente attraverso la rinuncia interiore.

Nello stesso tempo la comunità cristiana primitiva sottolinea la necessità che scompaia la figura del mondo presente, al fine che si possa instaurare il regno di Dio.

« Venga la grazia e passi questo mondo » ( Didaché, 10,6 ).

« Se noi non siamo disposti a morire, col suo aiuto [ di Cristo ], per imitare la sua passione, la sua vita non è in noi » ( Ignazio, Ad Magn. 5, 2 ).

In Oriente il presupposto spirituale per la fuga dal mondo viene chiarito da Origene.

Egli ritiene che la perfezione cristiana richiede l'abbandono anche effettivo del mondo, un vivere come nel deserto.

« Quando l'anima ha camminato attraverso tutte queste virtù e raggiunta la sommità della perfezione, essa esce da questo secolo mondano e se ne separa » ( Hom. in Numeros 27, 12 ).

Spiritualità della fuga, ispirata all'antropologia d'Origene, la quale è acculturata in senso neo-platonico.

Durante la seconda metà del III sec. nasce il movimento spirituale dell'ascetismo, sotto forma di eremitismo e, poco dopo, di cenobitismo.

Un movimento ascetico, che principia in Egitto e va diffondendosi in tutto il mondo cristiano, dall'Oriente all'Occidente, dalla Mesopotamia alla Gallia e, poi, fino all'Irlanda.

Si delinea un'ascesi di fuga dal mondo, che andrà concretizzandosi in modalità assai diverse.

Già all'inizio si affacciano due correnti monastiche assai disparate fra loro: da una parte il monachesimo egiziano, tutto raccolto sulla spiritualità biblica nel tentativo di far vivere l'eroismo dei primi secoli cristiani; dall'altra la spiritualità ascetico - mistica dei padri cappadoci, alimentata dalla dottrina d'Origene e da un umanismo colto.

Perché mai sorge tardi questa esperienza monastica cristiana?

Perché la comunità cristiana non si è ispirata fin dall'inizio all'ascesi del ( v. ) deserto, esistente presso il giudaismo esseno e praticata da s. Giovanni Battista?

E notare che la parola di Dio poteva offrire l'ispirazione per considerare l'intera esistenza come una fuga nel deserto ( Ap 12,6; 1 Cor 10,1-6 ).

Perché i pochi anacoreti cristiani dei primi secoli solamente nel IV sec. suscitano un costume generalizzato nella chiesa? Quale il motivo?

Terminata la persecuzione contro i cristiani, questi si sentono responsabilizzati e onorati nelle strutture socio-politiche.

Lentamente si ingenera una comunità ecclesiale imborghesita e sonnolenta, comunità che minaccia di confondersi con l'istituzione civica pubblica.

Di fronte alle pretese teocratiche dell'impero cristiano si affacciano i monaci, i quali intendono affermare la dimensione escatologica del regno di Dio: non vogliono che nella chiesa si rinnovi lo schema veterotestamentario di un popolo eletto immedesimato con uno Stato temporale o confuso con un'entità socio-politica.

I monaci si qualificano come il « resto del nuovo Israele », in cui si ambisce testimoniare l'autentica spiritualità cristiana.

Fuggendo nel deserto questi monaci si esponevano a un pericolo spirituale: costruire una comunità del tutto separata dall'assemblea ecclesiale; proporre una pietà individualistica in sostituzione di quella dell'assemblea cristiana; abbandonare la pratica sacramentale per acquisire la grazia pasquale mediante una dura ascesi personale.

La chiesa cercò di reagire a questi possibili abusi, impedendo che si costituissero ordini religiosi esenti dall'autorità dei vescovi ordinari.

Nonostante abbia generato il pericolo di smarrire il senso sacramentale della comunità ecclesiale, il fiorire del monachesimo nel deserto ha segnato un grande sviluppo di ascesi spirituale.

Il monaco orientale si è definito come colui che si è separato dal mondo, che ha rinunciato definitivamente a tutti i suoi agi, per seguire solo il Cristo.

Il suo cuore è con Dio, perché distaccato dagli affari terreni.

Simile separazione è stata suggerita non dal disprezzo platonico verso la materia, ma perché appariva l'unico modo di diventare imitatore di Cristo, compagno di Cristo, di essere rivestito dello Spirito di Cristo.

L'abbandono del mondo è stata una conseguenza dell'amor di Dio; è stato un dono della grazia del Signore.

La fuga dal mondo si è costituita qual atteggiamento tipicamente cristiano: mortificazione dei piaceri corporali, abbandono delle relazioni familiari, rinuncia alla propria volontà, trascuranza della scienza per essere disponibile nel meditare giorno e notte la parola di Dio.

Il cristiano, che rimane nel mondo, è giudicato un pigro, che ha scelto un compromesso di mediocrità.

In un tempo successivo Giovanni Crisostomo cercherà di precisare che anche quanti vivono nel mondo svolgono una vocazione cristiana.

Egli si chiede se un secolare virtuoso non sia preferibile a un monaco mediocre.

L'orientamento spirituale monastico successivamente si diffonde pure in Occidente.

S. Ambrogio giustifica la fuga dal mondo soprattutto perché i beni terrestri sono una continua forte tentazione al peccato ( ad es.: Expositio in ps. 118,12, 39; De foseph 4, 20 ).

La solitudine conduce a un rapporto personale con Dio ( De Officiis III, 1, 2 ).

Mentre s. Agostino presenterà il mondo come ambivalente: il vivere in esso è pure proficuo per il regno di Dio, anche se si deve ricordare come la vita secolare nasconda in se stessa sempre un pericolo.

L'Occidente, per tutto il medioevo, svilupperà quest'ambivalenza agostiniana verso il mondo.

In particolare, la fuga dal mondo verrà teologicamente studiata e concretizzata come invito evangelico ad entrare in un ordine monastico per praticarvi i consigli evangelici.

La spiritualità della fuga dal mondo diventa una teologia spirituale monastica.

[ Sul tema "mondo" presso gli orientali ( v. ) Oriente cristiano VI,1-2 ].

V - Incontrare Dio nel mondo

La spiritualità come fuga dal mondo aveva suscitato nella comunità cristiana la convinzione che il mondo fosse corrotto, che ad ogni suo angolo affiorasse la tentazione, che in esso i sentieri al bene fossero sbarrati.

In un simile mondo, posseduto da spiriti demoniaci, lo stesso sviluppo della tecnica si riduceva ad essere un potenziamento della tendenza alla catastrofe ( Gen 8,21; GS 2 ).

In contrapposto a questa concezione mondana pessimistica si è cercato di sviluppare un'ascesi di fiducia verso il mondo, considerandolo quale epifania di Dio, quale manifestazione della sua grandezza creatrice e provvidenziale ( At 17,16-30; Rm 1,18-22 ).

Questa spiritualità ha richiesto come presupposto che il cristiano approfondisse il suo senso di fede; purificasse il proprio sguardo così da saper contemplare Dio nel mondo; rendesse il proprio animo semplice e puro, cosi da poter vedere l'universo come era stato creato nella sua originale bontà.

Tutto ciò non si riduceva a puro sforzo mentale, ma richiedeva di sapersi esprimere come un amante che ricerca Dio, di saper cogliere le tracce di una sua presenza nel creato, di trovare gioia nel parlare di Dio in occasione di ogni circostanza terrena, di credere ( come si esprimeva Platone ) che Dio è inizio, centro e fine di tutto, di poter osservare con compiacenza di mistico incantato quanto esiste fuori di se stesso, di riscontrare nel creato un volto amabile ed accogliente perché riflette la bontà di Dio, di trovare le cose come personificate perché in esse alita il respiro vitale di Dio ( SC 83; AG 3 ).

Questa esperienza contemplativa nel mondo e attraverso il mondo è stata testimoniata da s. Francesco d'Assisi, il quale ha saputo aprirsi sul creato col suo profondo senso evangelico di fratellanza.

Francesco è attento alle meraviglie dell'universo; non lo vede contaminato da peccato, ma vi scorge solo orme del buon Dio; non vi nota tracce di colpa umana, ne presenza di male.

Per lui la natura è tutta impregnata di Dio, così che le stesse brutali espressioni di violenza esistenti nel creato appaiono solo manifestazioni della grandiosa potenza di Dio.

Egli contempla il creato con la stessa devozione con cui legge il vangelo; guarda ogni cosa come se fosse una parola di Dio, quale aiuto alla vita spirituale, quale occasione per effondere l'intima sua carità evangelica.

A questa esperienza mistica, capace di contemplare Dio specchiato nella realtà del mondo, giunge anche s. Giovanni della Croce, a conclusione del Cantico spirituale ( 40, 5 ).

Egli attesta come l'unità spirituale interiore del suo io è diventata possibile unicamente perché la sua persona si era ormai riconciliata con il mondo intero.

Solamente quando il contesto mondano è purificato entro lo spirito dell'uomo, questi può godere una totale pace nel suo contatto sensibile col creato.

Allorché si instaura questa visione contemplativa nel mondo, « secondo la teologia orientale, l'uomo è ritornato a realizzare la sua regalità: non è più soggetto alla legge, tutto piuttosto ritorna ad essergli soggetto.

Il miracolo diviene normale.

Nella sua santità l'uomo ritorna ad essere re, non vi sono più leggi che comandano le cose, è lui che le comanda: gli orsi vengono a mangiare il pane dalle mani di Serafino di Sarov; le vipere obbediscono al beato Charbel; s. Martino de Porres da da mangiare ai topi, ai gatti e ai cani nella medesima ciotola; s. Saba nella caverna invita la leonessa, insofferente della sua presenza, a trovarsi un'altra dimora se non vuole stare con lui ».4

Una mirabile esperienza contemplativa entro il mondo, ma che potrebbe essere trovata manchevole per un suo aspetto particolare: in quanto inclina a trascurare l'azione sociale capace di rendere più umanamente confortevole la realtà creata.

Può accadere che l'indicata esperienza mistica mondana indirettamente venga a sacralizzare una situazione pubblica negativa, poiché la fa accettare e vivere con spirito evangelico.

Il fatto che s. Francesco abbia vissuto la miseria e la soggezione proletaria del suo tempo con spirito evangelico, certamente ha aiutato a far vivere simili situazioni con caritativo eroismo cristiano, ma insieme indirettamente ha istituzionalizzato un mondo ingiusto come espressione di una provvidenzialità divina.

Per correggere il possibile influsso negativo della contemplazione caritativa sul mondo, si è cercato di realizzare un'ulteriore diversa esperienza spirituale all'interno del mondo: si è voluto testimoniare di essere immagine di Dio in quanto ci si dedica in Cristo a ricreare « terra nuova e cieli nuovi » ( Ap 21,1 ); in quanto ci si impegna ad introdurre il creato in un suo « rinnovamento per opera dello Spirito santo » ( Tt 3,5 ) e per iniziativa umana; in quanto si vuole rinnovare le cose terrene, così da poterle contemplare a viso scoperto come gloria del Signore ( 2 Cor 3,18 ).

Il credente non guarda al mondo così da saper contemplare in esso la presenza di una bontà assoluta, ma si impegna a dominarlo mediante una strumentalità tecnica al fine di farvi apparire un volto nuovo.

L'uomo scruta il mondo con assillo creativo, per potervi far emergere l'orma di Dio, per farvi apparire una più chiara espressione della sapienza creatrice.

Il mondo non è, ma deve diventare epifania di Dio in Cristo, anche per l'attività industriosa dell'uomo.

La persona umana si affatica in continua creazione per inoltrare il mondo verso mete nuove.

Soggiacente a questa prospettiva sta la preoccupazione dell'uomo a rivendicare la propria superiorità di fronte al mondo; a mostrare come sia autonomamente libero; a indicare come di fronte alla propria attività lavorativa la realtà creata si riveli non natura ma storia; a proclamare che non esiste un creato inviolabile, ma tutto è riducibile a cultura; a provare in concreto come il microcosmo non abbia le fattezze del regno, ma è solo chiamato ad acquisirle mediante il lavoro umano.

L'intromettersi operativo dell'uomo nel cosmo ha reso il mondo sotto certi aspetti più confortevolmente umanizzato; mentre sotto altri ha rivelato i limiti della capacità realizzativa umana.

Non per nulla nell'epoca nostra si è affacciato con prepotenza il problema ecologico [ v. Ecologia ].

Soprattutto l'operosità concreativa umana ha impoverito l'universo nella sua innata capacità di risvegliare la coscienza di una diffusa presenza provvidenziale di Dio.

Per ovviare allo scadimento soprattutto spirituale del mondo, è necessario che l'uomo diventi più pneumatizzato in Cristo [ v. Uomo spirituale ], si renda sempre più cristiano in senso evangelico, onde introdurre nelle sue realizzazioni terrestri l'opera redentiva dello Spirito di Cristo.

Se i mistici contemplativi del creato dovevano essere invitati a diventare anche trasformatori delle manchevoli istituzioni civiche ed ecclesiastiche, i rivoluzionari socio-politici devono essere invitati a mostrarsi anche santi contemplativi secondo lo Spirito.

Il rivoluzionario sociale deve essere il mistico capace di comunicare lo spirito caritativo evangelico al nuovo umanismo culturale.

Se nella sua opera umanizzatrice sul mondo l'uomo non vi riflette lo Spirito di Cristo, accadrà che questo mondo umanizzato apparirà sempre più manipolato, un mondo disumanizzato.

Proprio perché l'umano non appare assestato come bontà autentica, se non quando esso si integra con il creato intero entro la carità del Signore.

In conclusione, potremmo dire che la spiritualità entro il mondo richiede la compresenza sia della grazia, cristiana che della cultura umana, sia del servizio ecclesiale che dell'autonomia realizzativa socio-politica, sia del sacrificio caritativo che della vivacità operativa umana. [ v. Orizzontalismo / Verticalismo V ].

VI - Spiritualità mondana nella secolarizzazione

Al dire della secolarizzazione il sacro non si struttura autonomo in se stesso, così da porsi accanto al profano; l'attività spirituale non deve caratterizzarsi come separata da quella operativa mondana.

Il senso evangelico deve percepirsi realizzato entro il profano; l'impegno religioso deve offrirsi come costitutivo di quello proprio del mondo.

Non si tratta d'identificare vita spirituale religiosa con esistenza mondana: simile identificazione condurrebbe ad eliminare la realtà spirituale sacra come inutile ed inesistente.

E, tuttavia, l'esistenza spirituale deve fiorire e svilupparsi all'interno del contesto mondano.

Una spiritualità secolarizzata può configurarsi in un duplice modo: riconoscendo che lo sviluppo dell'umano costituisce lo scopo e il criterio primario dello spirituale; oppure, che la vita spirituale si riduce ad essere semplicemente una qualificazione singolare della stessa attività profana.

« Miei cari, non vi sto insegnando un comandamento nuovo: […] eppure, il comandamento che vi sto insegnando, è anche nuovo» ( 1 Gv 2,7-8 ), giacché introduce ad impegnarsi per il mondo e dentro la prospettiva mondana « secondo lo Spirito di Cristo ».

Al dire della secolarizzazione, la prospettiva spirituale cristiana offre la possibilità di vedere il mondo nella sua visione integrale; suggerisce l'attività mondana nella sua realtà completa; fa cogliere il progresso virtuoso come immanente alla sfera profana.

Essa ambisce affermare che la vera spiritualità si legittima esclusivamente secondo prospettive profane e non su astratte motivazioni religiose; deve essere retta sul criterio mondano e non trascendente.

Alla luce della spiritualità secolarizzata l'uomo stesso si sente strappato da uno stato di minorità:

è cosciente di essere responsabile di se stesso;

si sa sovrano dei propri atti e non sta più in ossequiente sudditanza a una gerarchia sacra;

lo abitua a vivere gli avvenimenti come momenti di una storia costruita da mani dell'uomo;

lo fa riflettere sui mali come situazioni di cui la comunità è responsabile;

l'impegna seriamente nell'assicurarsi un avvenire felice;

gli fa considerare l'apporto religioso valevole solo se reca un beneficio valido concreto nel tempo presente;

lo invita a basarsi con preferenza sulle indicazioni offerte dalle scienze psicologiche, sociologiche ed economiche.

« Essere cristiano non significa essere un uomo religioso, ma essere uomo » ( D. Bonhoeffer ).

La mentalità spirituale secolarizzata incita ognuno ad essere servizievole verso tutti gli altri e riduce l'ascesi alla capacità di promuovere la comunità sul piano umano: « il vero culto di Dio è il servizio dell'umanità ».

La mentalità spirituale secolarizzata può autenticarsi quale vera espressione evangelica?

Si ammette che tale mentalità abbia un'ispirazione cristiana, anche se appare mutilata e mortificata in talune espressioni cristianamente irrinunciabili.

La spiritualità secolarizzata ammette lo slancio verso il regno di Dio, ma lo raffrena fra le esigenze mondane presenti; è protesa ad accogliere il dono della carità, ma per esaurirlo nell'amore umanistico e sociale verso l'altro; sente il bisogno del dono dello Spirito, ma per esprimere la profezia in promozione esclusivamente terrena; richiede la necessaria partecipazione al mistero pasquale del Cristo, ma per superare l'innata tendenza egoistica e captativa; propone un ideale mistico, ma come dono di sé ai fratelli e contemplazione di Dio nel creato.

Appare una « tentazione ridurre la missione [ cristiana ] alle dimensioni di un progetto semplicemente temporale […], ad iniziative di ordine politico o sociale ».5

Una spiritualità secolarizzata, per essere autenticamente cristiana, deve riallacciarsi sempre e in tutto al Cristo, quale fonte di ogni vita.

Il Signore ha una presenza polifonica nel mondo: si presenta come animatore e promotore, non solo del divino e del sacro, ma di tutta la realtà anche profana.

In senso cristiano si deve proclamare maggiorenne il ( v. ) laico in quanto sa vivere da sé in virtù della grazia dello Spirito; il politico in quanto va a Cristo attraverso un'autonomia responsabile propria dell'attività sociale profana; lo ( v. ) scienziato, in quanto mostra di raccogliersi in una personale ricerca di promozione tecnico - scientifica per collaborare ad inaugurare il regno, che è dono di Dio in Cristo; l'ecclesiastico [ v. Credente ] in quanto si pone in ascolto responsabile della parola secondo le indicazioni del magistero.

In tal modo la laicità politica, la ricerca scientifica profana, la comunione ecclesiale sono tutti atteggiamenti voluti da Cristo e che devono essere vissuti come modi di unirsi in carità alla sua opera redentiva.

Con questo non si nega che taluni aspetti secolarizzanti possano ritenersi proficui alla stessa spiritualità cristiana.

Volendo esemplificare su qualche situazione spirituale concreta, si deve ritenere autenticamente cristiana, in un contesto secolarizzato, la direzione spirituale del prete [ v. Padre spirituale ] qualora aiuti l'anima a discernere da se stessa quali siano gli indirizzi autentici dello Spirito; la testimonianza della propria fede evangelica che si realizzi attraverso un personale impegno umano in favore degli altri; il cercare una propria emancipazione economica per vivere liberamente nel contesto politico democratico e saper realizzare un aiuto fraterno fra gli uomini [ v. Politica ]; il partecipare ad assemblee liturgiche e a forme di pietà religiosa, in cui si sappia esprimere un senso comunitario testimoniato responsabilmente [ v. Celebrazione liturgica ].

« Quello che ci dobbiamo soprattutto trasmettere l'un l'altro è il senso del servizio del prossimo, come ce lo ha indicato il Signore, tradotto e attuato nelle forme più larghe di solidarietà umana, senza menar vanto all'ispirazione profonda che ci muove, e in modo che l'eloquenza dei fatti "tradisca" la sorgente del nostro umanitarismo e della nostra socialità » ( A. De Gasperi ).

VII - Mondo spirituale

I singoli cristiani, attraverso i propri comportamenti ascetici, vengono creando un'atmosfera spirituale, un costume ecclesiale, un ambiente religioso, un clima ascetico generalizzato.

Questo contesto, in modo conscio o inconscio, viene ad interferire e ad incidere sulla personalità spirituale, che i credenti sono chiamati a realizzare.

I cristiani, io quanto viventi in un dato ambiente religioso o in una determinata epoca cristiana, rivelano una certa tendenza a sintonizzarsi su dati modi spirituali; mostrano di essere uniformati a comuni interessi culturali, a modi compartecipati di valutare esperienze interiori, ad ambizioni ascetiche assai simili, ad esperienze ecclesiali generalizzate.

Ecco perché gli spiritualisti di una medesima epoca sanno comprendersi meglio fra loro, che non con quanti vivono in un clima spirituale del tutto diverso.

Bisogna, tuttavia, ricordare che gli spiritualisti, in misura che hanno una propria personalità interiore e sono docili alla guida dello Spirito, sogliono magari anche esprimersi con autonomia di fronte alla spiritualità dominante nel proprio tempo.

Per uno spiritualista autentico il mondo spirituale dominante ha senso solo se esso diventa coscientemente interiorizzato: se può essere vissuto in maniera originale come momento di una propria singolare personalità spirituale; o se si qualifica come aspetto assunto e adattato alla propria vocazione interiore.

Quando il mondo spirituale ecclesiale viene a mutare, a far apparire non pertinenti gli impegni ascetici già comunemente inculcati, a mostrare come sorpassati gli orientamenti religiosi prima comunitariamente praticati, la singola persona credente per lo più inclina a sentirsi come privata di un sostegno che le dava sicurezza spirituale.

Ciò significa che il mondo spirituale esistente è stato parte altamente integrante di quella personalità ascetica, e magari in maniera eccessiva.

Nello stesso tempo insegna come la stessa comunità ecclesiale, nei momenti di transizione spirituale profonda e subitanea, abbia il compito di assistere ed educare i singoli fedeli ad orientarsi verso nuovi comportamenti ascetici; debba introdurli in nuove usanze e opinioni etiche; abbia il dovere di formarli pazientemente a una mentalità cristiana nuova.

Il mutamento del contesto spirituale comunitario non reca solo un possibile disorientamento della dottrina spirituale antecedentemente proposta nella comunità ecclesiale, ma può sconvolgere la sicurezza interiore in cui si erano inseriti i singoli fedeli.

Nello stesso tempo non è opportuno trattenere la comunità cristiana entro il contesto spirituale già acquisito e stabilizzato, qualora la cultura appaia profondamente modificata.

La persona, che ha coscienza di essere inserita in un nuovo mondo culturale, esige di poter vivere la propria spiritualità in armonia con la nuova atmosfera sociopolitico - culturale esistente.

La spiritualità soggiace all'esigenza fondamentale di uniformarsi alla prospettiva unitaria, in cui la persona deve vivere.

L'io è tutto unitario e vuole potersi esprimere in ogni dimensione secondo una visione fondamentalmente identica.

L'unità personale richiede di misurarsi nell'identità sociale della personalità, cioè « nella solidarietà che l'individuo avverte con gli ideali e i valori del gruppo » ( E. H. Erikson ).

Non si creda che il mutare del contesto culturale spirituale legittimi un sovvertimento dei valori perenni dell' ( v. ) ascesi e della ( v. ) mistica cristiana.

Si tratta sempre e solamente di modalità, di preferenze a certe esigenze sociali od ecclesiali, di pratiche religiose adattate ai gusti nuovi, di maniere privilegiate d'esprimersi, e simili.

Nello stesso tempo nessun spiritualista può lasciarsi semplicemente condurre dall'atmosfera culturale del suo tempo.

Lo Spirito conduce l'anima per vie proprie, a sperimentare il mistero pasquale magari anche in contrasto col mondo spirituale dominante.

Se dal lato biologico l'organismo umano va adattandosi all'ambiente, dal lato spirituale il cristiano è chiamato ad essere concreatore con lo Spirito di Cristo, cioè a realizzare un mondo spirituale sempre più conforme al vangelo.

L'uomo ha bisogno di palesarsi concreatore di un mondo spirituale, per sentirsi pienamente realizzato nella propria interiorità ascetica.

Le relazioni fra l'io e il mondo spirituale appaiono assai laboriose, se si tiene presente il divenire storico della spiritualità come contesto ecclesiale e come esperienza singolare di un'anima.

L'asceta, di fronte al mondo spirituale, procede come in modo paradossale: si propone di dominarlo, nel momento stesso che ha bisogno di lasciarsi guidare dal medesimo; di attorniarlo di riguardi, mentre cerca di contestarlo; di proteggersi dal suo influsso nell'atteggiamento stesso in cui si abbandona alla sua protezione.

Sono due espressioni ugualmente necessarie e proprie di chi spiritualmente appare riccamente debole e debolmente ricco di fronte all'ambiente spirituale circostante.

L'asceta sviluppa la sua personalità morale inserito nel mondo spirituale, mondo che non lo esaurisce, anzi lo stimola a trascenderlo; anche se ha sempre bisogno di immergersi in esso per attingere la propria vitalità ascetica.

Se si lasciasse assorbire totalmente dall'ambiente spirituale avrebbe una spiritualità sociologica: una mera espressione di rivestimento esteriore negativo di autentica vita in Cristo.

Ma se cercasse di attuarsi asceticamente senza contatto con un proprio mondo spirituale, sarebbe uno stilila mancante di una vita spirituale armoniosamente umana e stabilmente serena.

Lo spiritualista ha bisogno di essere immerso nel mondo spirituale del suo tempo, proprio mentre lo deve trascendere in virtù dello Spirito di Cristo.

VIII - Odierna prospettiva di spiritualità mondana

Nel sec. XIX si è prospettata ed esperimentata la spiritualità cristiana verso il mondo come consecratio mundi: un apostolato altamente generoso, ma che pensava di poter ricuperare la profanità del mondo entro un certo proselitismo clericale.

Successivamente si è delineata la spiritualità all'engagement: nell'intento d'attuare l'umanesimo integrale, si riteneva che l'impegno, in quanto fonte di progresso, costituisse in se stesso una vera spiritualità cristiana.

Di fronte a questi nuovi movimenti spirituali, la teologia si era divisa in due correnti: l'una asseriva che esiste continuità innovativa fra ordine storico e regno di Dio ( incarnazionista ), mentre l'altra ne sottolineava la rottura discontinua ( escatologista ).

Ebbe a prevalere la corrente incarnazionista: l'escatologia trascendente sta in necessario rapporto con la promozione umana nella storia salvifica: quella si viene realizzando già all'interno dell'edificazione nel presente tempo.

Così l'impegno temporale è proclamato dovere sociale anche a motivo della fede.

In questa corrente non è apparso operante con sufficiente chiarezza il senso rivoluzionario caritativo pasquale.

Attualmente la spiritualità cristiana ha ulteriormente approfondito il suo inserimento mondano.

Fra gli aspetti attuali propri di una spiritualità mondana si può ricordare quello ecclesiale, ritenuto comunemente come uno fra gli aspetti dominanti [ v. Chiesa II ].

È volere di Dio che l'uomo si santifichi immerso nella quotidiana realtà terrena; non all'esterno, ma all'interno degli affanni secolari.

Simile compito non si riduce allo svolgere con scrupolosità i propri doveri professionali, ne all'occupare posti preminenti nella società socio-politica e neppure all'attuare una promozione puramente umana.

Il credente non si limita a suscitare giustizia e solidarietà.

Sua precipua missione sta nel far fermentare, all'interno della realtà secolare, lo spirito sacramentale ecclesiale.

Il mondo è stato non solamente creato, ma anche redento da Cristo.

Il cristiano deve continuare sul creato l'opera sia creativa che redentiva presente sacramentalmente nella chiesa ( LG 48 ).

« Lo Spirito santo, per mezzo del quale la viva voce del vangelo risuona nella chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verità e fa risiedere in essi abbondantemente la parola di Cristo » ( DV 8 ).

La comunità cristiana introduce il fermento pasquale nel mondo in modalità molteplici, che si integrano fra loro.

Solo l'intero popolo ecclesiale di Dio sa vivere in Cristo la ricchezza di aspetti spirituali che caratterizza la chiesa come sacramento dello Spirito in rapporto al mondo.

I singoli membri della chiesa sanno interpretare e testimoniare solo aspetti parziali della vita sacramentale ecclesiale.

Se il monaco fa ricordare che, quanto interessa, è solo stare in ascolto del volere di Dio [ v. Escatologia ]; il prete è impegnato a ricordare che a Dio si accede esclusivamente attraverso il sacrificio del Signore, in partecipazione al suo mistero pasquale; [ v. Ministero pastorale ]; mentre il ( v. ) laico è chiamato a mostrare come il mondo intero, nella sua stessa realtà profana, « fino al momento presente geme e soffre i dolori del parto » ( Rm 8,22 ), per potersi esprimere come realtà del regno di Dio.

Vocazioni cristiane molteplici, le quali debbono contemporaneamente essere svolte nel mondo e sul mondo, integrandosi fra loro come vari carismi dell'unica chiesa, così da saper comunicare in modo più integrale la salvezza di Cristo al mondo.

La vocazione ecclesiale del laico nel mondo come si giustifica?

Secondo il disegno del Padre l'universo intero deve essere condotto alla sua perfezione mediante la redenzione del Cristo; e la chiesa, in quanto popolo di Dio, è il sacramento dello Spirito del Signore; essa con tutta se stessa in ogni membro è impegnata a ricapitolare ogni cosa in Cristo.

Per il battesimo il cristiano non viene segregato dal mondo, ma vi viene immesso come fermento pasquale per santificarlo in virtù dello Spirito di Cristo.

Il fedele non ha bisogno di essere delegato dalla gerarchia ecclesiastica per essere incaricato di santificare il mondo: è un dovere che ha assunto ricevendo il battesimo.

Il laico si caratterizza come membro della chiesa, non per chiudersi e segregarsi in una propria spiritualità interiore, ma sempre per donarsi nel mondo e per il mondo.

Lo Spirito gli offre carismi per il bene della chiesa, ma si intende di una chiesa che è sacramento di fede in servizio del mondo.

Essere discepolo di Cristo, nella sua chiesa, significa essere servitore del mondo.

E questo è l'unico modo per essere alla sequela di Cristo: essere corredentori nell'unico Redentore.

La missione cristiana del laico comprende anche il dovere della promozione umana nel mondo?

Il cristiano, in quanto tale, è chiamato a vivere nel mondo l'essere drammatico della chiesa.

E la chiesa non si confonde con il mondo.

Per questa sua estraneità è odiata dal mondo ( Gv 15,18s ), anche se nello stesso tempo essa deve dimorare incarnata all'interno del mondo ( Gv 17,14s ), per potervi fermentare nel suo intimo il mistero pasquale del Signore.

Similmente il cristiano, se come uomo è impegnato a promuovere l'umano nel mondo, in quanto battezzato è tutto dedito a rivoluzionare la presente umanizzazione secondo il mistero pasquale del Signore.

Teilhard de Chardin osservava: « La divinizzazione del nostro sforzo, mediante il valore dell'intenzione da noi posta, infonde un'anima preziosa a tutte le nostre azioni, ma non assicura al loro corpo la speranza di una risurrezione.

Ora, affinché la nostra letizia sia perfetta, abbiamo bisogno anche di questa speranza ».6

Il cristiano è impegnato nel far risorgere un nuovo mondo secondo lo Spirito del Cristo.

Il cristiano appartiene al mondo, non tanto per la solidarietà secondo la carne, quanto in forza della missione salvifica propria del mistero pasquale del Cristo, a cui è iniziato mediante il sacramento ecclesiale.

Il cristiano, se veramente vive nel mistero pasquale di Cristo, è un profeta che promuove il mondo, contestandone lo spirito suo mondano: vi deve testimoniare che cosa significhi essere chiesa nel mondo; deve mostrare come anche le cose debbano orientarsi verso la loro forma nuova ( GS 34; GS 42; GS 57; LG 31; Mater et Magistra 232 ).

IX - Conclusione

Il messaggio evangelico sul mondo è stato vissuto in modalità differenti entro l'esperienza della carità ecclesiale; è fiorito in modi spirituali culturali diversi.

Simili modalità spirituali rivelano la ricchezza inesauribile presente nella carità dello Spirito di Cristo; servono per capire come lungo la storia salvifica il corpo mistico di Cristo è incamminato verso un'esperienza più prossima alla realtà del regno di Dio.

Carità verso il mondo ha significato la fiducia verso la sua bontà creata; ha indicato la fuga da esso per poter testimoniare un autentico messaggio evangelico caritativo; ha mostrato l'impegno di incontrare Dio fra le realtà mondane attraverso la purificazione personale o quella delle strutture sociali; ha cercato di far evidenziare l'autonomia del secolare, in se stesso valido per il regno di Dio; ha ricordato come la stessa vita spirituale possa ridursi e costituirsi qual mondo ambientale; si è attualmente svelata come impegno dei cristiani nella chiesa per il servizio degli uomini nel mondo.

Quanto qui affermato è unicamente un'indicazione grandemente sommaria di un ricco esplicitarsi della carità nel suo attuarsi nella storia salvifica; è una carità che rimane aperta a nuove sue manifestazioni nel secolo presente e in quello futuro.

Soggiacente a questa progressiva precisazione dell'impegno spirituale dell'uomo nel mondo affiora un anelito mai adeguatamente appagato: liberare il mondo dalla schiavitù del peccato, della morte e della legge.

La spiritualità ecclesiale è tutta protesa nello sforzo di liberare il mondo, una liberazione che mai si attua in modo totale.

In questo compito i cristiani devono mostrare di essere prima essi stessi personalmente liberati: la libertà spirituale è comunicabile solo da chi la possiede nella propria esistenza ( GS 40; LG 8 ).

« Siete voi il sale del mondo […]. Siete voi la luce del mondo » ( Mt 5,13-14 ).

Il credente agisce sul mondo, poiché liberandolo facilita e, insieme, testimonia la propria liberazione nello Spirito di Cristo.

  Fuga
  Impegno
Amore del mondo Antinomie V
  Apostolato III
  Apostolato VII
  Ascesi III,2
  Chiesa II
  Modelli II,4
… e Cristo Gesù III,1
  Mass media V,3
… e chiesa Chiesa II,3b
  Laico III
  Uomo II,3
In servizio del … Ascesi III,2
  Chiesa II,3b
  Comunità IV
  Consigli I,5
  Escatologia V
  Esperienza sp. Bib. I,b
  Spiritualità III,1
Sue risorse Scienziato VI
In attesa del nuovo … Esperienza sp. Bib. I,b
  Speranza I,2
… e laico Laico I,2
… e contemplazione Contemplazione III,2
  Escatologia V
  Parola III,3
Animazione cristiana Laico III,6
  Scienziato IV
… nella missione familiare Femminismo I,1
Secondo l'ordine cristiano Oriente VI
Peccato del … Ateo III
  Patologia III
  Peccato IV
  Povero VI

S. G. B. de La Salle

Spirito del …; fuga dal …; disprezzo del …; secolo
Amiamo la vita ritirata imitando Gesù che si rifugiò e visse sconosciuto in Egitto MD 6,1-2
La regalità di Gesù Cristo MD 22,1
Meditiamo sulla fede da cui è penetrata un'anima che è risuscitata secondo la grazia MD 32,1
Le false gioie del mondo e la vera gioia di cui godono i servi di Dio MD 34,1-2
Vantaggi che procurano le sofferenze, sia interiori che esteriori MD 35,1
Siamo obbligati a pregare per gli alunni a cui dobbiamo insegnare MD 37,1
Ascensione di N. S. Gesù Cristo MD 40,1
Domenica tra l'ottava dell'Ascensione MD 41
Disposizione dell'animo per ricevere lo Spirito Santo MD 42,1
Il primo effetto che lo Spirito Santo produce in un'anima è farle vedere le cose con gli occhi della fede MD 44,3
Il secondo effetto che lo Spirito Santo produce in un'anima è farla vivere e agire mossa dalla grazia MD 45,2
Festa della SS.ma Trinità MD 46,1
I religiosi debbono essere più virtuosi dei laici MD 58,2-3
Chi si è consacrato a Dio deve amare la mortificazione e la povertà MD 59,1
La santità non consiste nel vestito ma nelle opere MD 60,1
Unione con i Confratelli MD 65,2
Chi ha rinunciato allo spirito del proprio stato, quali mezzi deve prendere per riacquistarlo? MD 68,2
I Fratelli sono obbligati a edificare il prossimo MD 69,3
Bandire il rispetto umano MD 75,1-2
In comunità ci sono diversi che hanno lasciato il mondo ma non ne hanno abbandonato lo spirito MD 76
Il peccato e la sregolatezza in una Comunità sono l'abominazione e la desolazione nel luogo santo MD 77
Sant'Andrea apostolo MF 78,1
Vigilia di Natale MF 85,1
Festa del Santo Natale MF 86,1-2
Adorazione dei Re MF 96,2
Sant'Antonio abate MF 97,1-2
San Sulpizio MF 98,1-2
Conversione di san Paolo MF 99,1
San Giovanni Crisostomo MF 100,1-2
Sant'Ignazio martire MF 102,3
Purificazione della Vergine Maria MF 104,2
San Gregorio Magno papa MF 109,1
San Benedetto MF 111,1
Sant'Anselmo MF 115,1
San Marco MF 116,3
Sant'Atanasio MF 120,2
Conversione di sant'Agostino MF 123,2
Apparizioni di san Michele MF 125,2-3
San Gregorio Nazianzeno MF 126,3
S. Pietro Celestino MF 127,2
San Bernardino MF 128,1
San Filippo Neri MF 129,1
Santa Maria Maddalena dei Pazzi MF 130,1
San Germano vescovo di Parigi MF 131,1
San Norberto MF 132,1
Sant'Antonio di Padova MF 135,1
San Basilio MF 136,1-3
Natività di S. Giovanni Battista MF 138,1-2
Sant'Alessio MF 143,1-2
Assunzione della SS.ma Vergine MF 156,1
Sant'Agostino MF 161,1
Decollazione del Battista MF 162,2
Natività della SS.ma Vergine MF 163,1
Il Santo Nome di Maria MF 164,1-2
Esaltazione della Santa Croce MF 165,1
San Matteo apostolo ed evangelista MF 167,1-2
San Remigio MF 171,1
San Francesco di Assisi MF 173,2-3
San Bruno MF 174,2
San Francesco Borgia MF 176,1
San Marcello vescovo di Parigi MF 186
San Martino di Tours MF 189,2
Presentazione della SS.ma Vergine MF 191,1-3
Santa Caterina di Alessandria MF 192,2
È Dio che, nella sua Provvidenza, ha fondato le Scuole Cristiane MR 193,1
Ecco cosa occorre fare per cooperare con Gesù a salvare le anime dei ragazzi MR 196,1-2
Chi istruisce i giovani ha l'obbligo di essere molto zelante, se vuole compiere bene la sua santa missione MR 201,3

1 Opere di s. Giovanni della Croce, Postulazione generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1955, 909-910
2 P. Teilhard de Chardin, L'ambiente divino, Mondadori, Milano 1968, 21-22
3 P. Teilhard de Chardin, Mon univers; Oeuvres, Seuil, IX, 80
4 D. Barsotti, Ascesi di comunione, Morcelliana, Brescia 1976, 146-147
5 Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 32
6 P. Teilhard de Chardin, L'ambiente divino, 36