Il Popolo Ebraico e le sue Sacre Scritture

7. La preghiera e il culto, Gerusalemme e il Tempio

a) Nell'Antico Testamento

46. Nell'Antico Testamento la preghiera e il culto occupano un posto importante perché queste attività sono i momenti privilegiati della relazione personale e collettiva degli Israeliti con Dio, che li ha scelti e li ha chiamati a vivere nella sua alleanza.

Preghiera e culto nel Pentateuco.

I racconti mostrano delle tipiche situazioni di preghiera, soprattutto in Gen 12–50.

Vi si trovano preghiere di angoscia ( Gen 32,10-13 ), di richiesta di un favore ( Gen 24,12-14 ), di azione di grazie ( Gen 24,48 ), così come voti ( Gen 28,20-22 ) e consultazioni del Signore sul futuro ( Gen 25,22-23 ).

Nell'Esodo, Mosè intercede162 e la sua intercessione salva il popolo dallo sterminio ( Es 32,10.14 ).

Il Pentateuco, principale fonte per la conoscenza delle istituzioni, raccoglie eziologie, che spiegano l'origine di luoghi, di tempi e di istituzioni sacri.

Luoghi sacri come Sichem, Betel, Mambre, Bersabea.163

Tempi sacri come il sabato, l'anno sabbatico, l'anno giubilare; vengono fissati dei giorni di festa, nonché il Giorno delle espiazioni.164

Il culto è un dono del Signore.

Molti testi dell'Antico Testamento insistono su questa prospettiva.

Pura grazia è la rivelazione del nome di Dio ( Es 3,14-15 ).

È il Signore che offre la possibilità di celebrare sacrifici, perché è lui che dona a questo scopo il sangue degli animali ( Lv 17,11 ).

Prima di essere un'offerta del popolo a Dio, le primizie e le decime sono un dono di Dio al popolo ( Dt 26,9-10 ).

È Dio che istituisce sacerdoti e leviti e disegna gli utensili sacri ( Es 25–30 ).

Le raccolte di leggi ( cf sopra II.B.6, n. 43 ) contengono una massa di disposizioni liturgiche e diverse indicazioni sulla finalità dell'ordine cultuale.

Le distinzioni fondamentali tra puro e impuro da una parte, sacro e profano dall'altra, organizzano lo spazio e il tempo e, di conseguenza, tutta la vita sociale e individuale, fin nella realtà quotidiana.

L'impuro situa al di fuori dello spazio socio-culturale le persone o le cose contaminate, mentre il puro vi viene integrato a pieno diritto.

L'attività cultuale comporta molteplici purificazioni destinate a reintegrare l'impuro nelle comunità.165

All'interno del cerchio della purità un altro confine separa il profano ( che lì è puro ) dal santo ( che, oltre a essere puro, è riservato a Dio ).

Il santo ( o il sacro ) è il campo che appartiene a Dio.

La liturgia della fonte « sacerdotale » ( P ) distinguerà inoltre il semplice « santo » e il « Santissimo ».

Lo spazio del santo è accessibile ai sacerdoti e ai leviti, non agli altri membri del popolo ( « laici » ).

Lo spazio sacro è ad ogni modo uno spazio riservato.166

Il tempo sacro è sottratto all'uso profano ( divieto di lavorare, il giorno di sabato, e di arare e raccogliere durante l'anno sabbatico ).

Esso coincide con il ritorno del mondo creato al suo stato anteriore alla consegna del mondo all'uomo.167

Lo spazio, le persone e le cose sacre devono essere santificate ( consacrate ).

La consacrazione allontana ciò che è incompatibile con Dio, l'impuro e il peccato, opposti al Signore.

Il culto comporta molteplici celebrazioni del perdono ( espiazioni ) che ripristinano la santità.168

La santità implica la vicinanza a Dio.169

Il popolo è consacrato e deve essere santo ( Lv 11,44-45 ).

Lo scopo del culto è la santità del popolo - grazie alle espiazioni, purificazioni e consacrazioni - e il servizio di Dio.

Il culto è un vasto simbolo di grazia, espressione della « condiscendenza » ( nel senso patristico di adattamento benevolo ) di Dio verso gli uomini, poiché egli l'ha stabilito per perdonare, purificare, santificare e preparare il contatto immediato con la sua presenza ( kābôd, gloria ).

47. Preghiera e culto nei profeti.

Il libro di Geremia contribuisce molto a valorizzare la preghiera.

Esso contiene delle « confessioni », dialoghi con Dio, nei quali il profeta, sia a titolo personale che come rappresentante del popolo, esprime una forte crisi interiore in rapporto all'elezione e alla realizzazione del disegno di Dio.170

Molti libri profetici integrano salmi e cantici,171 come anche frammenti di dossologie.172

D'altra parte, nei profeti preesilici un tratto saliente è la ripetuta condanna dei sacrifici del ciclo liturgico173 e perfino della preghiera.174

Il rifiuto sembra radicale, ma queste invettive non possono essere interpretate come un'abrogazione del culto, una negazione della sua origine divina.

Il loro scopo è denunciare la contraddizione tra la condotta di coloro che celebrano e la santità di Dio che pretendono di celebrare.

Preghiera e culto negli altri Scritti.

Tre libri poetici assumono un'importanza capitale in rapporto alla spiritualità della preghiera.

In primo luogo Giobbe: con pari sincerità e arte, il protagonista esprime a Dio, senza mezzi termini, tutti i suoi stati d'animo.175

Poi, le Lamentazioni, dove la preghiera si mescola al lamento.176

Ed, evidentemente, i Salmi, che costituiscono il cuore stesso dell'Antico Testamento.

Si ha infatti l'impressione che la Bibbia ebraica abbia conservato così poche indicazioni sviluppate sulla preghiera per meglio condensare tutto il suo fascio di luce su una raccolta particolare.

Il salterio è una chiave di lettura insostituibile, non solo per l'insieme della vita del popolo d'Israele, ma per tutto il corpus della Bibbia ebraica.

Altrove, negli Scritti, si trovano solo alcune vaghe affermazioni di principio177 e alcuni esempi di inni o di preghiere più o meno elaborati.178

È possibile tentare una classificazione della preghiera dei salmi intorno a quattro assi fondamentali, che conservano un valore universale al di là dei tempi e delle culture.

La maggior parte dei salmi si ricollegano all'asse della liberazione.

La sequenza drammatica appare stereotipata, sia che si radichi in una situazione personale che in una collettiva.

L'esperienza del bisogno di salvezza riflesso nella preghiera biblica abbraccia un ampio ventaglio di situazioni.

Altre preghiere si ricollegano all'asse dell'ammirazione.

Sostengono lo stupore, la contemplazione, la lode.

L'asse dell'istruzione raggruppa tre tipi di preghiere meditative:

sintesi sulla storia sacra,

indicazioni sulle scelte morali personali o collettive ( includendo talvolta parole profetiche e oracoli ),

enunciati delle condizioni richieste per accedere al culto.

Infine, alcune preghiere ruotano attorno all'asse delle feste popolari.

Si contano soprattutto quattro grandi motivi: raccolti, matrimoni, pellegrinaggi, eventi politici.

48. I luoghi

privilegiati per la preghiera sono gli spazi sacri, i santuari, in particolare quello di Gerusalemme.

Ma si ha sempre la possibilità di pregare in privato, nella propria casa.

I tempi sacri, fissati dal calendario, segnano la preghiera, anche individuale, così come le ore rituali delle offerte, soprattutto al mattino e alla sera.

Negli oranti si osservano varie posizioni: in piedi, con le mani alzate, in ginocchio, completamente prostrati, seduti o coricati.

Se si sa distinguere tra gli elementi stabili e gli elementi più caduchi del pensiero e della lingua, il tesoro delle preghiere d'Israele può servire a esprimere con molta profondità la preghiera degli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Questo indica il valore permanente di questi testi.

Alcuni salmi, tuttavia, esprimono uno stadio di preghiera che sarà progressivamente superato, lo stadio, in particolare, delle maledizioni e delle imprecazioni lanciate contro i nemici.

Il popolo cristiano, pur prendendo tali e quali le preghiere dell'Antico Testamento, le rilegge alla luce del mistero pasquale, conferendo loro, per ciò stesso, un supplemento di significato.

Il Tempio di Gerusalemme.

Costruito da Salomone ( verso il 950 a.C. ), la costruzione di pietra che dominava la collina di Sion ha giocato un ruolo centrale nella religione israelitica.

Col favore della riforma religiosa di Giosia ( 640-609 ),179 la legge deuteronomica esige per tutto il popolo un santuario unico nel paese ( Dt 12,2-7 ).

Quello di Gerusalemme viene designato come « il luogo scelto dal Signore Dio per farvi abitare il suo nome » ( Dt 12,11.21; ecc. ).

Molti racconti eziologici spiegano questa scelta.180

Da parte sua, la teologia sacerdotale ( P ) designa questa presenza con la parola « gloria » ( kābôd ), evocando la manifestazione di Dio, al tempo stesso affascinante e temibile, in particolare nel Santo dei Santi, sopra l'arca della testimonianza coperta dal propiziatorio:181 il contatto più immediato con Dio si basa sul perdono e la grazia.

È per questo che la distruzione del Tempio ( 587 ) equivale alla desolazione estrema182 e assume l'ampiezza di una catastrofe nazionale.

La premura per ricostruirlo al termine dell'esilio ( Ag 1–2 ) e celebrarvi un culto degno ( Ml 1–3 ) diventa il criterio del timore di Dio.

Dal Tempio si irradiano le benedizioni fino alle estremità della terra ( Sal 65 ).

Da qui l'importanza dei pellegrinaggi, come segno di unità ( Sal 122 ).

Nell'opera del Cronista il tempio è chiaramente il centro di tutta la vita religiosa e nazionale.

Il tempio è al tempo stesso uno spazio funzionale e simbolico.

Serve da luogo di culto, soprattutto sacrificale, di preghiera, di insegnamento, di guarigione, di intronizzazione regale.

Ma, come in tutte le religioni, l'edificio materiale, in basso, evoca il mistero dell'habitat divino, in cielo, in alto ( 1 Re 8,30 ).

Per la presenza tutta speciale del Dio di vita il santuario diventa luogo di origine per eccellenza della vita ( nascita collettiva, rinascita dopo il peccato ) e della conoscenza (parola di Dio, rivelazione, sapienza). Gioca il ruolo di asse e centro del mondo. Si osserva, tuttavia, una relativizzazione critica del simbolismo del luogo santo. Mai questo arriverà a garantire e a « contenere » la presenza divina.183

Parallelamente alla critica del culto ipocrita e formalistico, i profeti smascherano la vanità della fiducia incondizionata posta nel luogo santo ( Ger 7,1-15 ).

Una visione simbolica presenta « la gloria del Signore » che abbandona lo spazio sacro in modo solenne.184

Ma questa gloria ritornerà nel Tempio ( Ez 43,1-9 ), un Tempio restaurato, ideale ( Ez 40–42 ), fonte di fecondità, di guarigione, di salvezza ( Ez 47,1-12 ).

Prima di questo ritorno, Dio promette agli esiliati di essere egli stesso per loro « un santuario » ( Ez 11,16 ).

Gerusalemme.

In una prospettiva teologica, la storia della città inizia con una scelta divina ( 1 Re 8,16 ).

Davide conquista Gerusalemme, antica città cananea ( 2 Sam 5,6-12 ) e vi trasporta l'arca dell'alleanza ( 2 Sam 6–7 ); Salomone vi costruisce il santuario ( 1 Re 6 ).

La città viene così integrata tra i luoghi santi più antichi di Giuda e d'Israele dove si viene in pellegrinaggio.

Nella guerra di Sennacherib contro Ezechia nel 701 ( 2 Re 18,13 ), Gerusalemme viene risparmiata, quasi unica tra le città di Giuda, mentre il regno d'Israele era stato definitivamente conquistato nel 722 dagli Assiri.

La liberazione di Gerusalemme era stata annunciata profeticamente come grazia divina ( 2 Re 19,20-34 ).

Ci si abitua a designare Gerusalemme come « la città scelta » dal Signore,185 « fondata » da lui ( Is 14,32 ), « città di Dio » ( Sal 87,3 ), « città santa » ( Is 48,2 ), perché il Signore è « in mezzo ad essa » ( Sof 3,17 ).

È destinata a un avvenire glorioso: presenza divina assicurata « per sempre » e « di generazione in generazione » ( Gl 4,16-21 ), protezione garantita ( Is 31,4-5 ), e quindi felicità e prosperità.

Alcuni testi idealizzano perfino la città delle città.

Al di là della realtà geografica, essa diventa polo di attrazione e asse del mondo.186

Ma la grandezza di Gerusalemme non fermerà la sciagura che sta per abbattersi sulla città.

Molti oracoli ( 2 Re 23,27 ), azioni simboliche ( Ez 4–5 ) e visioni ( Ez 8–11 ) annunciano il rifiuto e la distruzione della città scelta da Dio.

Più tardi, Gerusalemme restaurata diventa uno dei grandi simboli della salvezza escatologica: città illuminata dal Signore,187 dotata di un « nome nuovo » e diventata nuovamente « Sposa » di Dio,188 paradiso ritrovato, col favore dell'avvento di « cieli nuovi » e di « una terra nuova »,189 diventa uno spazio essenzialmente cultuale ( Ez 40–48 ), il centro di un mondo ricreato ( Zc 14,16-17 ).

« Tutte le nazioni » verranno a cercarvi il giudizio del Signore e l'insegnamento divino che metterà fine alle guerre.190

b) Nel Nuovo Testamento, preghiera e culto, il Tempio e Gerusalemme

49. Preghiera e culto.

A differenza dell'Antico Testamento, il Nuovo non contiene una legislazione dettagliata che stabilisca delle istituzioni cultuali e rituali - prescrive brevemente solo di battezzare e di celebrare l'eucaristia191 - ma insiste fortemente sulla preghiera.

I vangeli mostrano spesso Gesù in preghiera.

Il suo amore filiale per Dio, suo Padre, lo spingeva a dedicare molto tempo a questa attività.

Per pregare si alzava molto presto, anche dopo una notte iniziata molto tardi a causa dell'afflusso di persone con i loro malati ( Mc 1,32.35 ).

Passava talvolta tutta la notte in preghiera ( Lc 6,12 ).

Per pregare meglio, si ritirava « in luoghi deserti » ( Lc 5,16 ) o saliva « sulla montagna » ( Mt 14,23 ).

In Luca i momenti più decisivi del ministero di Gesù sono preparati o accompagnati da una preghiera più intensa: il suo battesimo ( Lc 3,21 ), la scelta dei Dodici ( Lc 6,12 ), la domanda posta ai Dodici sulla sua identità ( Lc 9,18 ), la trasfigurazione ( Lc 9,28 ), la passione ( Lc 22,41-45 ).

Solo raramente i vangeli riferiscono il contenuto della preghiera di Gesù.

Quel poco che dicono dimostra che la sua preghiera esprimeva la sua intimità con il Padre, al quale diceva « Abba » ( Mc 14,36 ), nome familiare che nel giudaismo contemporaneo non si trova usato per invocare Dio.

La preghiera di Gesù era spesso di ringraziamento, secondo la forma ebraica della ber~k~h.192

Al momento dell'ultima cena, canta molto naturalmente i salmi prescritti dal rituale della grande festa.193

Secondo i quattro vangeli, egli cita undici salmi distinti.

Il Figlio riconosceva con gratitudine che tutto gli veniva dall'amore del Padre ( Gv 3,35 ).

Alla fine del discorso dopo la Cena, Giovanni mette sulle labbra di Gesù una lunga preghiera di domanda, per se stesso e per i suoi discepoli, presenti e futuri, che rivela il significato che egli dava alla sua passione ( Gv 17 ).

Quanto ai sinottici, ci riferiscono la preghiera supplice di Gesù quando è colto dalla tristezza mortale al Getsemani ( Mt 26,36-44 e par. ), preghiera accompagnata da un'adesione molto generosa alla volontà del Padre ( Mt 26,39.42 ).

Sulla croce Gesù fa proprio il grido di angoscia di Sal 22,2,194 o, secondo Luca, la preghiera di abbandono di Sal 31,6 ( Lc 23,46 ).

Accanto alla preghiera di Gesù, i vangeli riportano molte domande e suppliche fatte a Gesù, alle quali egli rispondeva intervenendo generosamente e sottolineando l'efficacia della fede.195

Gesù dava istruzioni sulla preghiera196 e incoraggiava, con parabole, a perseverare nella preghiera.197

Insisteva sulla necessità della preghiera, nei momenti di prova, « per non entrare in tentazione » ( Mt 26,41 e par.).

L'esempio di Gesù suscitava nei discepoli il desiderio di imitarlo: « Signore, insegnaci a pregare » ( Lc 11,1 ).

A questo desiderio egli risponde insegnando il Padre nostro.

Le formule del Padre nostro198 sono affini a quelle della preghiera ebraica ( Diciotto benedizioni ), ma con una sobrietà senza paralleli.

In poche parole, infatti, il Padre nostro presenta un programma completo di preghiera filiale:

adorazione ( 1a domanda ),

desiderio della salvezza escatologica ( 2a domanda ),

adesione alla volontà di Dio ( 3a domanda ),

supplica per i bisogni esistenziali nell'abbandono fiducioso, giorno dopo giorno, alla provvidenza di Dio ( 4a domanda ),

domanda di perdono, condizionata dalla generosità a perdonare ( 5a domanda ),

preghiera di essere liberati dalle tentazioni e dall'influenza del Maligno ( 6a, 7a domande ).

Paolo, da parte sua, dà l'esempio della preghiera di ringraziamento, esprimendola regolarmente, in una forma o nell'altra, all'inizio delle sue lettere.

Invita i cristiani a « rendere grazie in ogni circostanza » e a « pregare incessantemente » ( 1 Ts 5,17 ).

50. Gli Atti mostrano spesso i cristiani in preghiera, sia individualmente ( At 9,40; At 10,9; ecc. ) che in comunità ( At 4,24-30; At 12,12; ecc. ), al Tempio ( At 2,46; At 3,1 ), o nelle case ( At 2,46 ) o perfino in prigione ( At 16,25 ).

Talvolta la preghiera si accompagna al digiuno ( At 13,3; At 14,23 ).

Nel Nuovo Testamento le formule di preghiera sono soprattutto inniche:

il Magnificat ( Lc 1,46-55 ),

il Benedictus ( Lc 1,68-79 ),

il Nunc dimittis ( Lc 2,29-32 )

e numerosi passi dell'Apocalisse.

Esse sono plasmate di linguaggio biblico.

Nel corpus paolino gli inni diventano cristologici,199 riflettendo la liturgia delle chiese.

Come la preghiera di Gesù, la preghiera cristiana utilizza la forma ebraica della ber~k~h ( « Benedetto sia Dio … » ).200

In ambiente greco, essa è fortemente carismatica ( 1 Cor 14,2.16-18 ).

La preghiera è opera dello Spirito di Dio.201

Alcune realizzazioni sono possibili solo grazie alla preghiera ( Mc 9,29 ).

Il Nuovo Testamento rivela alcuni tratti della preghiera liturgica della Chiesa primitiva.

La « cena del Signore » ( 1 Cor 11,20 ) occupa nelle tradizioni un posto eminente.202

La sua forma è segnata dalla liturgia del pasto festivo ebraico: ber~k~h sul pane all'inizio, sul vino alla fine.

Fin dalla tradizione soggiacente a 1 Cor 11,23-25 e ai racconti dei sinottici, le due benedizioni furono accostate, così che il pasto è collocato non tra di esse, ma prima o dopo.

Questo rito è il memoriale della passione di Cristo ( 1 Cor 11,24-25 ); crea comunione ( koinonia: 1 Cor 10,16 ) tra il Signore risorto e i suoi discepoli.

Il battesimo, confessione di fede,203 dà il perdono dei peccati, unisce al mistero pasquale di Cristo ( Rm 6,3-5 ) e fa entrare nella comunità dei credenti ( 1 Cor 12,13 ).

Il calendario liturgico rimase quello ebraico ( eccetto per le comunità paoline di cristiani provenienti dal paganesimo: Gal 4,10; Col 2,16 ), ma il sabato cominciò a essere sostituito dal primo giorno della settimana ( At 20,7; 1 Cor 16,2 ) chiamato « giorno del signore » o « domenicale » ( Ap 1,10 ), cioè giorno del Signore risorto.

I cristiani continuarono, all'inizio, a frequentare l'ufficio del Tempio ( At 3,1 ), che servì da punto di partenza della liturgia cristiana delle ore.

Al culto sacrificale antico, la lettera agli Ebrei riconosce una certa validità rituale ( Eb 9,13 ) e un valore di prefigurazione dell'offerta di Cristo ( Eb 9,18-23 ), ma, facendo propria la critica espressa dai profeti e dai salmi,204 essa nega alle immolazioni di animali qualsiasi efficacia per la purificazione delle coscienze e per il ristabilimento di una profonda relazione con Dio.205

Il solo sacrificio pienamente efficace è l'offerta personale ed esistenziale di Cristo, che ha fatto di lui il perfetto sommo sacerdote, « mediatore di una nuova alleanza ».206

Grazie a questa offerta, i cristiani possono avvicinarsi a Dio ( Eb 10,19-22 ) nell'azione di grazie e conducendo una vita generosa ( Eb 13,15-16 ).

L'apostolo Paolo si esprimeva già in questo senso ( Rm 12,1-2 ).

51. Il Tempio di Gerusalemme.

Durante la vita di Gesù e di Paolo il Tempio esisteva nella sua realtà materiale e liturgica.

Come ogni ebreo, Gesù vi si reca in pellegrinaggio; vi insegna.207

In esso compie l'azione profetica dell'espulsione dei venditori ( Mt 21,12-13 e par. ).

L'edificio conserva il suo status simbolico di dimora divina, privilegiata, che rappresenta sulla terra la dimora di Dio nel cielo.

In Mt 21,13 Gesù cita un oracolo in cui Dio stesso lo chiama « mia casa » ( Is 56,7 ); in Gv 2,16 Gesù lo chiama « la casa del Padre mio ».

Ma più di un testo relativizza questo simbolismo e apre la strada a un superamento.208

Come aveva fatto Geremia, Gesù predice la rovina del Tempio ( Mt 24,2 e par. ) e annuncia, d'altra parte, la sua sostituzione con un nuovo santuario, costruito in tre giorni.209

Dopo la sua risurrezione, i suoi discepoli compresero che il nuovo Tempio era il suo corpo risuscitato ( Gv 2,22 ).

Paolo dichiara ai credenti che essi sono membra di questo corpo ( 1 Cor 12,27 ) e « santuario di Dio » ( 1 Cor 3,16-17 ) o « dello Spirito » ( 1 Cor 6,19 ).

La prima lettera di Pietro dice loro che, uniti a Cristo, « pietra viva », essi formano tutti insieme un « edificio spirituale » ( 1 Pt 2,4-5 ).

L'Apocalisse parla costantemente di santuario.210

Fatta eccezione di Ap 11,1-2, per il resto si tratta sempre del « santuario celeste di Dio » ( Ap 11,19 ), da dove partono gli interventi di Dio sulla terra.

Ma nella visione finale, si dice della « città santa, della Gerusalemme che scende dal cielo » ( Ap 21,10 ), che non si vede in essa un santuario, « perché il suo santuario è il Signore, il Dio onnipotente, e l'Agnello » ( Ap 21,22 ).

Questo è il compimento ultimo del tema del Tempio.

Gerusalemme.

Il Nuovo Testamento riconosce pienamente l'importanza di Gerusalemme nel disegno di Dio.

Gesù vieta di giurare per Gerusalemme, « perché è la città del Grande Re » ( Mt 5,35 ).

Si dirige risolutamente verso di essa: è lì che deve portare a compimento la sua missione.211

Ma constata che la città « non ha riconosciuto il momento della sua visita » e prevede in lacrime che questo accecamento porterà alla sua rovina,212 com'era già avvenuto al tempo di Geremia.

Nel frattempo, Gerusalemme continua a giocare un ruolo importante.

Nella teologia di Luca essa è al centro della storia della salvezza; lì è morto e risorto Cristo.

Tutto converge verso questo centro: lì inizia il vangelo ( Lc 1,5-25 ) e lì termina ( Lc 24,52-53 ).

Tutto poi emana da essa: è da lì che, dopo la venuta dello Spirito Santo, la Buona Novella della salvezza si diffonde ai quattro angoli dell'universo abitato ( At 8–28 ).

Quanto a Paolo, sebbene il suo apostolato non sia partito da Gerusalemme ( Gal 1,17 ), egli ritiene indispensabile la comunione con la Chiesa di Gerusalemme ( Gal 2,1-2 ).

D'altro canto dichiara che la madre dei cristiani è la « Gerusalemme di lassù » ( Gal 4,26 ).

La città diventa il simbolo del compimento escatologico, sia nella sua dimensione futura ( Ap 21,2-3.9-11 ) che in quella presente ( Eb 12,22 ).

Così, col favore di un approfondimento simbolico già iniziato nell'Antico Testamento, la Chiesa riconoscerà sempre i legami che la uniscono molto intimamente alla storia di Gerusalemme e del suo Tempio, così come alla preghiera e al culto del popolo ebraico.

Indice

162 Es 32,11-13.30-32; ecc
163 Sichem: Gen 12,6-7; Betel: Gen 12,8; Mambre: Gen 18,1-15; Bersabea: Gen 26,23-25
164 Il sabato: Gen 2,1-3; Es 20,8-11;
l'anno sabbatico: Lv 25,27.20-22;
l'anno giubilare: Lv 25,8-19;
le feste: Es 23,14-17; Lv 23; Dt 16,1-17;
il Giorno delle espiazioni: Lv 16; Lv 23,27-32
165 Da notare che l'Antico Testamento non conosce tempi impuri
166 Gen 28,16-18; Es 3,5; Gs 5,15
167 Es 23,11-12; Lv 25,6-7
168 Lv 4-5; Lv 16; Lv 17,10-12; Is 6,5-7; ecc
169 Es 25,8-9; Dt 4,7.32-34
170 Ger 11,19-20; Ger 12,1-4; Ger 15,15-18; ecc
Più tardi, 2 Mac 15,14 presenterà Geremia nell'aldilà come « l'amico dei suoi fratelli, che prega molto per il popolo »
171 Is 12,1-6; Is 25,1-5; Is 26,7-19; Is 37,16-20; Is 38,9-20; Is 42,10-12; Is 63,7–64,11; Gn 2,3-10; Na 1,2-8; Ab 3,1-19
172 Am 4,13; Am 5,8-9; Am 9,5-6
173 Is 1,10-17; Os 6,6; Am 5,21-25; Ger 7,21-22
174 Is 1,15; Is 59,3
175 Gb 7,1-21; Gb 9,25-31; Gb 10,1-22; Gb 13,20-14,22; ecc
176 Lm 1,9-11.20-22; Lm 2,20; Lm 3,41-45.55-66; Lm 5,19-22
177 Pr 15,8.29; Pr 28,9
178 Pr 30,7-9: Dn 2,20-23; Dn 4,31-32.34; Dn 9,4-19 ( cf Dn 9,20.23 ).
E più di frequente negli scritti deuterocanonici
179 2 Re 22–23
180 Gen 14,18-20; 2 Sam 7; 2 Sam 24; Sal 132
181 Es 25,10-22; Lv 16,12-15. ( e Rm 3,25; Eb 9,5 )
182 Mi 3,12; Ger 26,18; ecc
183 1 Re 8,27; cf Is 66,1
184 Ez 10,3-22; Ez 11,22-24
185 1 Re 8,44.48; Zc 1,17
186 Sal 48; Sal 87; Sal 122
187 Is 60,19-20
188 Is 54,1-8; Is 62,2-5
189 Is 65,17-25; Is 66,20-23
190 Is 2,2-4; Mi 4,1-4
191 Mt 28,19; Mc 16,16; Lc 22,19; Gv 6,53-56; 1 Cor 11,24-25
192 Mt 11,25; Lc 10,21; Mt 14,19 e par; Mt 15,36 e par; Gv 11,41; Mt 26,26-27 e par
193 Mt 26,30; Mc 14,26
194 Mt 27,46; Mc 15,34
195 Cf Mt 9,22 e par; Mt 9,29; Mt 15,28; Mc 10,52; Lc 18,42
196 Mt 6,5-15; Lc 18,9-14
197 Lc 11,5-8; Lc 18,1-8
198 Mt 6,9-13; Lc 11,2-4
199 Fil 2,6-11; 1 Tm 3,16
L'inno di Ef 1,3-14 glorifica il Padre per l'opera compiuta « in Cristo »
200 2 Cor 1,3-4; Ef 1,3
201 Gv 4,23; Rm 8,15.26
202 Mt 26,26-28 e par; Gv 6,51-58; 1 Cor 10,16-17; 1 Cor 11,17-34
203 Mc 16,16; Mt 28,19-20
204 Cf sopra, nota 169 e Sal 40,7-9 citato e commentato in Eb 10,5-10; Sal 50,13-14; Sal 51,18-19
205 Eb 9,8-10; Eb 10,1.11
206 Eb 5,7-10; Eb 9,11-15; Eb 10,10.14
207 Gv 7,14.28; Mc 12,35; Lc 19,47; Lc 20,1; Lc 21,37; Mt 26,55 e par
208 Gv 4,20-24; At 7,48-49 ( a proposito del tempio di Salomone, citando Is 66,1-2 );
At 17,24 ( a proposito dei templi pagani )
209 Gv 2,19; cf Mt 26,61 e par
210 Ap 3,12; Ap 7,15; Ap 11,12.19; Ap 14,15.17; Ap 15,5.8; Ap 16,1.17; Ap 21,22
211 Mt 20,17-19 e par; Mt 21,1-10 e par; Lc 9,31.51; Lc 13,33
212 Lc 19,41-44; Cf Mt 23,37-39; Lc 13,34-35; Lc 21,20-24